Qua e là in tivù, tra Grasso e La7

Siamo peggio dei rabdomanti, peggiori di Diogene con la lanterna alla ricerca di chissà che. Siamo impiccioni, curiosoni, mosche tse tse, per dire. Il mestiere di scrivere comporta un certo guardonismo. Che è puoi lo scorrere davanti a noi di carta scritta e parole on-line. Stimolatori dell’innato cattivo genio della pigrizia.

Per esempio, occuparsi di tivù e politica significa, spesso, imbattersi nelle riflessioni del riconosciuto - certamente da chi lo segue da quando era giovane eppur autorevole cinefilo - maestro del settore come Aldo Grasso. Il quale ha preso in esame la metamorfosi dell’ultima La7, la rete di Urbano Cairo ormai marchiata indelebilmente dalla linea generale imposta da Enrico Mentana, ovverosia le news. È vero: là le notizie prevalgono, tanto da far parlare di un network all-news, tendenza peraltro contaminante altre televisioni. Pensiamo a RaiNews24, che grazie alla “direttora” Monica Maggioni si sta confermando come un must informativo di ottima fattura. E TGcom24 di quella Mediaset che, al netto del solito tran tran generalista degno dell’“uffa, che barba, che noia!” della mitica Sandra Mondaini, sa imporsi quotidianamente con news segnate dal talento del loro inventore: Mario Giordano e seguenti.

Un’aggiunta, si parva licet, alla riflessione di Grasso che pure mette in fila i talk-show della ditta Cairo & Mentana che delle news rappresentano di sovente un pretesto per fare politica (la loro politica, off course). E già avremmo da dire la nostra, posto che da mane a sera, saltando Omnibus che è il più equilibrato, passando per Coffee Break e poi l’Aria che tira giù giù fino alla sera col Chicco triumphans, la pimpantissima Lilli, il Formigli iteramente apocalittico, il Santoro ex Cathedra Cassationis con Travaglio giudice a latere, e dulcis in fundo (si fa per dire) con quel Paragone sempre no-Euro a testa bassa, ecco, è tutto un inzuppamento di biscotto nel politichese di terzo tipo-di terza via-da offrire avvelenato, per cui si consiglia l’antidoto.

La riflessione va però completata, giacché nel pur inesausto e battagliero (in che direzione, pro e soprattutto contro, ditelo voi) flusso del network, non stenta e rivelarsi un limite su cui scivola troppa tivù italiana: il provincialismo, il cattivo vezzo di chiudersi nel cortile di casa, di alzare steccati su ciò che sta fuori, di chiudere l’orizzonte sulle vicende degli altri Paesi. Insomma, siamo sempre dalle parti della mitica Mabilia e dei Legnanesi travestiti da donna nel loro condominio dialettale e parrocchiale. Diciamocelo: dopo una giornata di quel flusso elettronico, è come se ci mancasse l’aria.

Poi però avviene esattamente l’opposto. Un po’ come in un mondo alla rovescia, succede una sorta di miracolo col passaggio dal piccolo al grande, da un inciso a un riempitivo, da un “Bordin Line” al grande ragionamento, fino all’orizzonte aperto. E respiriamo, ah come respiriamo! Ci capita spesso sul “Foglio” di soffermarci su rubriche e rubrichette, sui famosi dettagli in cui il diavolo, o Dio, si rivela. Nell’ultima “Bordin Line”, un raffinato e puntuale Massimo Bordin ci conduce per mano (perfino noi che con distrazione seguiamo la telenovela della trattativa Stato-mafia) nei meandri di quel singolarissimo processo. Non tanto o soltanto per il fatto in sé, ovvero il suo mutamento radicale in fieri rispetto alla vulgata, ma per il sopravvenuto ricordo, doloroso e prepotente, di Rostagno, di Chicca Roveri.

E, infine, dell’indimenticabile Francesco Cardella, amico loro e nostro. Ne scriveremo più a lungo, più in là. Per ora vorremmo riascoltarne la sua ultima implorazione, poco prima di morire d’infarto lontano dal suo Paese: “Chi mi ripagherà, chi mi risarcirà, almeno moralmente, dell’ingiustizia, delle infamie rovesciatemi addosso, delle torbide accuse di cui sono stato così a lungo e così ingiustamente gratificato?”. Già, chi gli restituirà una degna memoria? A proposito di memoria e dei suoi vuoti, è ancora un “piccolo” ma di prima grandezza Pietrangelo Buttafuoco che ripaga della giusta moneta una delle tante “porcate” di Beppe Grillo: “Non deve finire come nel ‘45, piazza pulita senza sconti”. Risponde il nostro: “Forse che nel triangolo della morte i partigiani fra il ‘43 e il ‘49 dovevano proseguire il lavoro di massacro senza che nessuno - la pietas e i carabinieri – li fermasse? Forse che un colpo alla nuca, alla velocità di tre minuti tre, come nei processi della Gpu si estendesse a mezza Italia, quella sconfitta, senza che la guerra civile potesse trovare domani (ancora oggi non s’è trovata) riconciliazione?”. Appunto, la riconciliazione. Un orizzonte perduto.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:16