Giustizia, messaggio per il Quirinale

Un presidente della repubblica che non supera il 12 per cento di share in prima serata (quando un’intervista con un qualsiasi cantante fa anche di più) nel programma di massimo ascolto in Rai la domenica sera ha un significato preciso: stavolta sono stati gli italiani a mandare un messaggio a Giorgio Napolitano. Ed è un messaggio di piena sfiducia che suona più o meno così: “Tu non puoi andare in tv a presentare il tuo libro uscito un anno primo e a fare il padre nobile di tutti gli italiani quando la politica neanche ti sta più a sentire”. E purtroppo, soprattutto in materia di giustizia e di carceri, hanno anche ragione: da giorni è iniziato il conto alla rovescia, ad esempio, per la sentenza esemplare con cui la Cedu, alias corte europea dei diritti dell’uomo, sanzionerà l’Italia, facendoci pagare risarcimenti milionari a tutti i detenuti che ne faranno richiesta, e assimilando le patrie galere a luoghi dove si pratica la torrura.

Che ha fatto Napolitano, a livello di risultati concreti, per evitare questa vergogna che in Italia viene denunziata quotidianamente, quasi sempre con azioni non violente come gli scioperi della fame e della sete, solo dai radicali come Marco Pannella o Rita Bernardini? Poco o nulla. A parte un messaggio alle camere che risale allo scorso 7 ottobre e che pigramente la Camera, e solo la Camera, ha discusso quattro mesi dopo (per bocciarlo in toto) davanti a una aula semivuota, una cinquantina di persone durante tutto il dibattito. Prima del messaggio si registrava solo, da parte di Napolitano, qualche altro appello in tv alla politica sul problema giustizia.

Alla fine dei conti tutto questo “ipo attivismo”, che stride con il presenzialismo presidenzialista che ha mostrato in molte altre occasioni, comprese le nomine dei nuovi ad e presidenti delle società pubbliche, sta disamorando i cittadini oltre che la politica. E la reazione è questa: “va Napolitano da Fazio? Che palle, cambiamo canale”. Ormai viene considerato organico all’odiata “casta”.

Naturalmente il Presidente potrà sempre difendersi dicendo che non è colpa sua se il Parlamento che è sovrano di provvedimenti di clemenza, ancorchè previsti dalla “Costituzione più bella del mondo”, non vuole sentirne parlare. E fra l’altro, ormai, a un mese e mezzo scarso da quel 28 maggio che segnerà per noi italiani la data della vergogna, quella della quasi certa condanna Cedu, persino amnistia e indulto non potranno fare miracoli.

Infatti andrebbe risolto una volta per tutte il problema del carcere preventivo segnalato tra gli altri anche dal sito errorigiudiziari.com che ha raccolto un ampio campionario di orrori, oltre che di errori giudiziari, meticolosamente registrati dai giornalisti Benedetto Lattanzi e Valentino Maimone. D’altronde un recente rapporto internazionale sulle carceri nel mondo dice che l’Italia, preceduta solo da Cipro e dalla Serbia, è il terz’ultimo paese in Europa per numero di carcerati preventivi. Ma, la probabile verità è che Napolitano non se la senta di andare “più di tanto” contro la pancia giustizialista della politica che specie sotto elezioni utilizza cinicamente l’ordine pubblico come argomento. Così facendo però la sua credibilità ogni giorno di più che ci si avvicina alla sentenza Cedu che il 28 maggio ci condannerà rischia di venire meno. E alla fine, dopo che il patatrac del 28 maggio sarà avvenuto, per coerenza lo stesso Napolitano un pensiero serio alle dimissioni dovrebbe farlo.

Tratto da notapolitica.it

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:06