Italia in prima linea nella nuova corsa verso la Luna

L’Italia ha senza dubbio avuto un ruolo di primo piano nella stesura degli Accordi Artemis che gettano le basi per una nuova fase dell’esplorazione spaziale, decisa a riportare l’uomo sulla Luna entro il 2024. Un successo che non si può sbandierare più di tanto, perchè in parte è dovuto agli ottimi rapporti intercorsi con gli Stati Uniti negli ultimi anni. Sì, perché la ricerca spaziale è stata un’altra fissazione del presidente uscente degli Stati Uniti, Donald Trump, che ha indirizzato tutte le risorse risparmiate dalle spese per gli armamenti tradizionali alla creazione della “Space force”, un’ulteriore forza armata dedicata alle attività extra-atmosferiche. Di pari passo a quello militare, Trump ha voluto che anche la Nasa – l’Agenzia governativa civile responsabile del programma spaziale degli Stati Uniti – uscisse dall’inerzia degli anni passati e diventasse di nuovo l’ente trainante per nuovi progetti. Tagli di bilancio e gravi incidenti avevano, infatti, indotto l’Agenzia ad abbandonare progetti per nuove esplorazioni lunari con equipaggi umani, così dal lontano 1972 con l’allunaggio di Apollo 17 l’uomo non aveva più messo piede sulla Luna. Intense negoziazioni a guida Nasa hanno portato, pochi giorni prima delle elezioni presidenziali, alla firma di un accordo internazionale finalizzato a pianificare il prossimo sbarco sulla Luna e non solo, in quanto per la prima volta nel testo viene menzionata anche la possibilità di raggiungere Marte. In conformità al Trattato sullo Spazio del 1967 (Outer space treaty) il nuovo accordo, primo della serie denominata Artemis, oltre a riaffermare l’uso pacifico dello spazio e la condivisione delle scoperte scientifiche disegna la cornice per le prossime attività in programma. A firmare otto Stati da considerare membri fondatori: Australia, Canada, Italia, Giappone, Ucraina, Emirati Arabi Uniti, Regno Unito e Stati Uniti.

In questo modo, i responsabili governativi dei Paesi che hanno aderito al programma hanno assicurato ai propri Stati un posto in prima linea per la realizzazione del Lunar gateway (la stazione spaziale) e del Moon village (base stabile da installare sulla Luna) mentre l’ingente ritorno scientifico ed economico che deriverà da Artemis sarà patrimonio di tutti. Lo spazio, al pari del mare internazionale, non prevede una sovranità, è di tutti. La proposta degli Artemis Accords partita dalla Nasa conferma l’impegno da parte degli Stati Uniti a ritenere lo spazio, la Luna e i pianeti un bene universale, un patrimonio comune dell’umanità e smentisce la vulgata inerente ad una presunta visione americana di un diritto dello spazio applicato alla Luna per il suo sfruttamento e per lo sviluppo della Space economy da parte dei privati. Non è questa la sede per analizzare l’impatto che questi accordi avranno sul quadro giuridico internazionale che, in particolare, dovrà contemplare la costruzione di insediamenti permanenti nello spazio. È noto, infatti, che nei piani della Nasa il programma Artemis costituirà il punto di partenza per la realizzazione del primo insediamento umano sulla superficie del nostro satellite e ciò che fino a poco tempo fa era poco più che fantascienza sta prendendo forma.

L’Italia, unico Paese dotato di tecnologia spaziale dell’Unione europea facente parte dell’accordo, avrà quindi un ruolo da protagonista. Il tanto criticato rapporto tra il nostro Governo e quello statunitense farà parlare italiano due dei moduli principali della futura stazione spaziale. A realizzarli sarà Leonardo con Thales Alenia Space e i moduli sono l’International habitat, che ospiterà gli astronauti, e l’Esprit, per le comunicazioni e i rifornimenti. prima con la stazione spaziale Gateway e poi con la costruzione di basi sul suolo lunare che potranno diventare un trampolino per le missioni dirette a Marte.

La partecipazione dell’Italia all’ambizioso programma Artemis non solo è strategica per lo sviluppo dell’industria nazionale, cui viene riconosciuto a livello mondiale di avere una leadership nel settore, ma dimostra che ha funzionato bene tutto il cosiddetto sistema Paese, dall’Agenzia spaziale italiana (Asi) ai singoli ministeri coordinati dall’efficiente struttura ideata dalla presidenza del Consiglio. Molte altre eccellenze italiane potranno ancora contribuire ad implementare il rinnovato impulso dato alla ricerca spaziale, per raggiungere frontiere finora inesplorate. Da domani, con il nuovo corso della politica americana, probabilmente con alleanze allargate!

Aggiornato il 20 gennaio 2021 alle ore 09:50