Le sempre più complesse dinamiche belliche che stanno impegnando lo Zar Vladimir Putin, si mescolano con una politica estera geostrategicamente banale – vedi i rapporti con il presidente nordcoreano Kim Jong-un – e una politica interna che mira a un controllo della società sempre più integrale e asfissiante. Ventiquattro anni di dominio del Cremlino intervallati da una presidenza funzionale, quella di Dmitrij Medvedev, dal 2008 al 2012, hanno delineato la figura di quello che fino al 2000 veniva considerato un “mediocre agente del Kgb”, ma che da oltre due anni rappresenta un fattore geopoliticamente destabilizzante, con un orizzonte difficile da definire. Dopo il 24 febbraio del 2022 Putin ha strutturato un sistema alternativo della gestione geostrategica dei rapporti internazionali; un sistema alternativo che, in realtà, si allinea con la maggioranza dei sistemi statali, organizzati o meno, del Pianeta. Questa modalità si scontra con l’approccio socio-politico di quella nicchia sociologica chiamata “occidentale”, una peculiarità circoscritta, ma con una auto-considerazione decisamente egocentrica e che oggi lentamente sta riparametrandosi sul reale peso internazionale.
Così, negli ultimi mesi, Putin oltre a legarsi a contesti nazionali geopoliticamente emarginati, ma sempre nel quadro del robusto sistema Brics+, ha ritenuto necessario aumentare la pressione sui giornalisti e sui media, sia indipendenti che esteri, che operano in Russia. In questo contesto di repressione della informazione, sicuramente non un sintomo di sicurezza, a fine marzo è stata arrestata con l’accusa di estremismo, anche la fotoreporter Antonina Kravtsova, che lavorava sotto il nome di Antonina Favorskaïa, perché considerata particolarmente attenta a rendere notizia sui processi che hanno interessato Aleksei Navalny, ucciso a febbraio con modalità oscure in una colonia penale russa. A fine aprile, anche il giornalista russo Sergei Mingazov, che scrive per l’edizione russa della rivista Forbes, è stato arrestato con l’accusa di aver diffuso false informazioni circa le atrocità commesse dall’esercito russo in Ucraina. Altri operatori dell’informazione sono detenuti in Russia, tra cui lo scrittore e giornalista statunitense Evan Gershkovich, accusato di spionaggio, il cui processo inizierà il 26 giugno. La giornalista russo-statunitense Alsu Kurmasheva, è detenuta dall’ottobre 2023 perché non si era registrata come “agente straniero”. Ricordo che, in applicazione di una legge della Duma del 2019 sugli operatori dell’informazione, le autorità russe possono “marchiare” giornalisti e blogger con l’ambigua e screditante etichetta di “agente straniero”, ciò condiziona ogni tipo di operatività sul territorio russo. La Kurmasheva operava per Radio Free Europe/Radio Liberty.
Quindi, in Russia, la quasi totalità dell’informazione è quotidianamente sotto monitoraggio. Così, anche il sito di notizie faticosamente indipendente e considerato non allineato al regime, SotaVision, ha subito la mutilazione della sua operatività, in quanto un suo giornalista, Artem Kriger, dal maggio 2020 nell’organico del quotidiano, la settimana scorsa è stato arrestato. Già nel settembre del 2022 era stato fermato e condannato a otto giorni di carcere per avere partecipato a una protesta contro la mobilitazione dell’esercito per l’attacco all’Ucraina. Oggi la motivazione del fermo è giustificata dall’accusa di estremismo dovuto ai suoi passati rapporti con l’organizzazione di Aleksei Navalny. Il giornalista Kriger è nipote di Mikhail Kriger, che ha subito una condanna a sette anni di reclusione nel 2023 per “pubblica incitazione all’estremismo” e “apologia del terrorismo”, a seguito delle sue critiche verso la politica del Cremlino espresse tramite web. Mikhail Kriger è un coraggioso critico di Putin e convinto oppositore della guerra in Ucraina. Ciò ha maggiormente identificato la “pericolosità sociale” dello stretto parente di Artem, che secondo quanto comunicato dal quotidiano SotaVision, è in attesa che il tribunale di Mosca si pronunci sul proseguimento della sua detenzione.
Dopo l’arresto di Artem Kriger, SotaVision, che non ha interrotto la diffusione di notizie non filogovernative, ha pubblicato un video, considerato attendibile, dove si vede il giornalista a casa sua, in mutande, trattato brutalmente, gettato a terra e arrestato da una guardia incappucciata. Senza dubbio, il video dell’arresto è una forma di propaganda intimidatoria, dove si evidenzia, per l’ennesima volta, il trattamento riservato agli oppositori del regime. Artem Kriger, come la giornalista-fotografa Antonina Favorskaïa e gli altri arrestati, rischiano pesanti pene detentive, ma, soprattutto, trattamenti individuali che vengono esibiti dagli aguzzini della polizia russa, anche esercitando violenze sessuali. Inoltre, le autorità moscovite stanno rendendo la pressione sui media indipendenti e stranieri ancora più coercitiva, usando repressioni su ogni voce dissonante con la propaganda governativa, come la guerra in Ucraina, o le critiche verso le “eccentriche” relazioni internazionali.
SotaVision ormai è rimasto uno dei rarissimi media russi che ancora cercano di documentare le sempre più pressanti repressioni politiche in Russia. I servizi di controllo mediatico russi hanno classificato la SotaVision come “agente straniero” e a maggio 2024 le autorità competenti hanno dichiarato “indesiderato” il quotidiano d’informazione. Inoltre, hanno bloccato l’autorizzazione alla “messa in onda” a un altro canale di informazione con un nome simile, Sota, frutto di una scissione interna a SotaVision. Anche il sito bloccato si sarebbe dovuto occupare di repressione politica. È in atto un rastrellamento sia dei giornalisti che dei media, che contribuisce a delineare un sistema socio-politico basato su una crescente ossessione del “controllo”. Modalità che rappresenta una sfaccettatura del confronto tra due “tradizioni”, quella zarista e quella sovietica, ambedue “fari ideologici” di Putin.
(*) Nelle foto sono ritratti i giornalisti Antonina Favorskaïa e Artem Kriger
Aggiornato il 25 giugno 2024 alle ore 10:21