I passi falsi dei servizi di sicurezza di Putin

lunedì 8 aprile 2024


Allarmi sull’incombente minaccia dell’Isis minimizzati dai servizi di sicurezza diffidenti nei confronti dell’Occidente, ma non è la prima volta. Durante la precedente amministrazione statunitense, la Cia aveva inviato a Mosca una squadra di analisti con informazioni attendibili sulla minaccia islamica contro la Russia da parte di cittadini degli Stati dell’Asia centrale che si erano uniti all’Isis in Iraq e Siria. Invece di dare ascolto ai loro Warning, la parte russa accusò gli Stati Uniti di sostenere l’Isis ed offrì alla Cia un elenco di nomi di quelli che considerava sospetti terroristi, ma che in effetti erano esclusivamente dissidenti politici russi che vivevano in esilio in Europa. Douglas London, un passato di 34 anni al servizio della Cia, era colui il quale inviò quella squadra a Mosca e ritiene che gli eventi che hanno portato all’attacco di quest’anno alla sala concerti Crocus City Hall di Mosca presentino grandi analogie con quel precedente.

I servizi di sicurezza russi hanno rifiutato ancora una volta di accettare le offerte di cooperazione antiterrorismo occidentale, adducendo come motivazione che questo avrebbe distolto la loro attenzione da quelle che evidentemente reputavano le “minacce reali”, ossia l’Ucraina e l’opposizione interna. Due settimane prima dell’attacco dell’Isis, l’ambasciata americana nella capitale russa aveva avvertito che gli estremisti avevano “piani imminenti per prendere di mira grandi raduni a Mosca, compresi concerti”, esortando tutti gli americani a stare lontani dai grandi raduni per le successive 48 ore. Quell’annuncio pubblico faceva seguito ad un avvertimento confidenziale rivolto da Washington e da altre capitali occidentali a Mosca. Secondo il Washington Post, l’avvertimento degli Stati Uniti citava addirittura l’obiettivo preciso dell’attacco, il Crocus City Hall.

Ma per il presidente Vladimir Putin e i suoi più alti funzionari della sicurezza, questi avvertimenti erano solo un depistaggio. Mentre l’Isis-Khorasan, un gruppo islamico con radici afghane, ha immediatamente rivendicato la responsabilità, le autorità russe hanno presto catturato e torturato visibilmente quattro sospetti Isis-K. Mosca, tuttavia, ha incolpato l’Ucraina e la sua leadership per l’attacco. Tale accusa è stata categoricamente respinta da Kyiv e dalle capitali occidentali. Alcuni spettatori del concerto a Mosca quella notte hanno affermato di non aver notato alcun aumento della sicurezza sul posto, nonostante lo spettacolo fosse andato tutto esaurito e l’avvertimento degli Stati Uniti. Da allora le autorità russe hanno affermato di aver sventato un altro attacco alla sinagoga di Mosca e di aver ucciso due kazaki a Kaluga, nella Russia occidentale, che erano presumibilmente membri della cellula che ha attaccato il locale musicale di Mosca.

Allo stesso tempo, la Russia ha criticato duramente gli Stati Uniti. Putin ha affermato che l’avvertimento di un potenziale attacco aveva “l’intenzione di intimidire e destabilizzare la nostra società”. Alexander Bortnikov, capo del Servizio federale per la sicurezza della Federazione Russa (Fsb), ha dichiarato che l’avvertimento di Washington di un potenziale attacco era stato “di carattere generale” e ha affermato che, a suo avviso, le agenzie di intelligence occidentali erano state in qualche modo complici dell’attacco. Dmitry Peskov, addetto stampa di Putin, è stato più sottile nel criticare l’Occidente: “La lotta contro il terrorismo richiede la cooperazione internazionale, ma a causa del confronto con l’Occidente non viene portata avanti”, ha detto. Andrei Soldatov, giornalista esperto dei servizi di sicurezza russi, ha affermato che la cooperazione con gli Stati Uniti è stata difficile, perché in passato si sono verificati diversi casi di alto profilo in cui funzionari russi incaricati di mantenere i collegamenti con gli americani sono stati successivamente accusati di tradimento da Mosca o divennero obiettivo di reclutamento da parte dell’intelligence statunitense.

“Pensa a un ufficiale – ha detto Soldatov – che ha bisogno di ricevere il suo messaggio dagli americani e ha bisogno di dimostrare ai suoi superiori che devono effettivamente fidarsi delle informazioni fornite dall’Occidente. Ovviamente deve pensare alla propria carriera e alla propria posizione all’interno dell’agenzia, perché non vuole essere visto come qualcuno che difende le ragioni degli americani”. Al di là della questione della condivisione dell’intelligence, l’attacco ha sollevato questioni più ampie sui passi falsi dei servizi di sicurezza ben finanziati di Putin, in particolare nel contesto della guerra in Ucraina e della repressione interna nei confronti degli oppositori del regime. Douglas London ha affermato che l’attacco al locale della musica ha anche sottolineato alcune debolezze operative di lunga data dell’Fsb. “L’Fsb ha molte capacità tecniche.

Il Paese è predisposto per l’ascolto e l’osservazione. Ci sono videocamere ovunque... Controllano Internet... Ma hanno un approccio da terra bruciata per affrontare i loro problemi”, ha detto London. Aggiungendo: “Lo puoi vedere sul campo di battaglia, ma lo si deduce anche dal modo in cui raccolgono informazioni. Quando individuano le fonti, di solito utilizzano la coercizione, ricattano le persone che hanno arrestato o le cui famiglie possono minacciare, anche causando danni fisici. Non sono bravi a trovare e coltivare con pazienza gli addetti ai lavori, a sviluppare relazioni e a garantire penetrazioni affidabili”. “I servizi speciali russi hanno una lunga storia nell’applicazione di questi metodi ... (ma) questo non ti porta ad affrontare davvero il problema centrale di sgominare queste reti e prevenire il prossimo attacco”, ha spiegato Pavel Baev, professore di ricerca presso il Peace Research Institute di Oslo.

(*) Docente universitario di Diritto internazionale e normative sulla sicurezza


di Renato Caputo (*)