Covid-19 in India tra contraddizioni e paradossi

In questi giorni l’India è al centro delle attenzioni dei media mondiali, o quasi, a causa del “numero” dei decessi e degli infettati da Covid-19 registrati nel Paese. Tali dati vengono comunicati e pubblicati, con modalità martellante, ipotizzando uno scenario catastrofico.

Le informazioni danno oltre tremila decessi al giorno a causa del Covid e 20 milioni di casi di contagiati. In questo Paese prevalentemente indù, i ciclopici forni crematori non hanno mai risposto completamente alle esigenze, così molti media narrano che a causa dei riti funebri, scaturiti dall’intasamento dei crematori, “è terminata la legna per le pire”, come si vede nelle immagini che riprendono i bassifondi di Nuova Delhi. Tuttavia, va detto che anche ante Covid spesso si procedeva alla cremazione “libera”, utilizzando giardini, aree libere, strade e parchi pubblici. Inoltre, una divulgazione che ha poco rispetto dell’umano senso critico, si cimenta nel diffondere dati dettagliatissimi, come 3645 decessi in un giorno.

Ora, ammettendo – ma con enormi dubbi – che in un giorno qualsiasi possano essere contati circa 3600 decessi, con dettagli all’unità, ricordo che la popolazione indiana fa del censimento un fattore poco significante dei suoi dati demografici. Circa il 75 per cento della popolazione indiana vive fuori dai centri urbani, e solo nelle grandi città ci sono parziali registrazioni dei decessi, dei quali gli addetti ai lavori, non hanno interesse o motivo, generalmente, di stabilirne la causa. La popolazione dell’India risulta comunque di oltre un miliardo e trecentosessantamila individui, altri dati stimano oltre un miliardo e quattrocentomila, che tramite un conteggio semplice, se i dati sono quelli comunicati, da lo 0,0002 per cento di decessi al giorno per Covid. Ricordo che le cause di morte in India rispecchiano generalmente le percentuali del resto del Pianeta, con un andamento direttamente proporzionale all’aumento degli abitanti. Oggi l’India è al secondo posto come numero di abitanti, dopo la Cina, con il 18 per cento della popolazione mondiale, ma per il 2030 è previsto che salga al primo posto.

In un contesto sociale complesso, dove le caste, anche se abolite costituzionalmente dal 1950, regolano il timone della nazione e dove la popolazione è difficilmente censibile, spesso perché introvabile, la sopravvivenza è sovente una scommessa, anche se la mortalità infantile è in fase di diminuzione. Le malattie cardiache occupano i tre/quarti dei decessi, seguiti dalle malattie oncologiche, da incidenti e poi dai suicidi, soprattutto femminili. Milioni di indiani bevono l’acqua del Gange, o acqua non potabile, così le malattie gastrointestinali e la dissenteria, sono la causa di morte per migliaia di persone ogni giorno. Inoltre, i registri delle cause di morte archiviano soltanto una parte dei decessi, cioè quelli che si verificano in centri urbani, che sono circa un quarto del totale delle morti.

Detto questo, l’India è il primo fornitore del programma internazionale Covax che prevede un equo accesso dei vaccini ai Paesi poveri. Da diverse settimane il Paese blocca l’esportazione di dosi all’estero, decisione che sta creando gravi conseguenze al programma di vaccinazione, meno gravi alle popolazioni in attesa di siero. L’Oms, Organizzazione mondiale della sanità, in partenariato con il Gavi, Alleanza globale per i vaccini e l’immunizzazione, ha istituito il sistema Covax creato per facilitare l’accesso ai vaccini in 200 Paesi in tutto il mondo, inclusi 92 Stati a reddito medio e basso, ai quali si garantiscono gratuitamente le dosi.

Il programma Covax ha fatto molto affidamento sul vaccino Astrazeneca, più economico di Pfizer/Biontech o Moderna, e che ha il vantaggio di poter essere conservato in frigoriferi semplici e non a basse temperature. Inoltre, i dati confermano una discreta efficienza (63,09 per cento) ed è giudicato, per la sua facilità di stoccaggio, adatto ai paesi a basso e medio reddito! La maggior parte di questi vaccini è prodotta dal Serum Institute of India, uno dei maggiori produttori di vaccini al mondo, che si è impegnato a fornire un miliardo di dosi a Covax. Tuttavia, da fine marzo il governo indiano ha annunciato la sospensione delle esportazioni di Astrazeneca. A fine aprile un rapporto dell’Oms ha rivelato che le consegne di 90 milioni di dosi di vaccini Astrazeneca, prodotti dall’India, non avverranno.

Intanto, in India, nonostante l’allarme planetario, si è votato (cosa che non accade in Italia), per le elezioni regionali, mobilitando verso le urne 175 milioni di persone tra il Bengala occidentale, Assam, Tamil Nadu, Kerala e la regione di Pondicherry. Così il partito nazionalista indù del primo ministro indiano Narendra Modi, il Bjp, Bharatiya janata party, ha subito, domenica 2 maggio nel Bengala occidentale, una sconfitta elettorale in uno Stato chiave di 90 milioni di abitanti. Le votazioni sono state caratterizzate da intensi tumulti.

Il mainstream, prendendo ad esempio mondiale l’India, tra dati a dir poco discutibili e scenari apocalittici, mette in scena uno schiaffo ai residui dell’intelligenza umana, sminuendo la credibilità di una già traballante realtà psico-pandemica che si sostiene sul dogmatismo più sfrenato e che vede un disastro umanitario in uno 0,0002 per cento di decessi a causa del Covid. Non valutando che in India, il sistematico tasso suicidario, in crescita, si attesta sullo 0,010 per cento, 50 volte più alto dei dati del Covid-19. I dati dell’Oms rivelano che sulla Terra di ogni tre persone che si suicidano, ciò avviene ogni 40 secondi, una è indiana. Ma la “variante indiana del Covid-19”, con la sua insignificante percentuale, gode di maggiore pubblicità.

Aggiornato il 06 maggio 2021 alle ore 09:30