L’abbraccio Cina-Africa oltre il Covid

mercoledì 13 gennaio 2021


Il potere economico cinese in Africa è da oltre due decenni ben noto e consolidato; il soft power è penetrato nei gangli vitali africani determinando un rapporto socio-economico ormai strutturante e imprescindibile per le economie degli Stati africani. Così il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, sabato 9 gennaio, ha dichiarato che: “La Cina si impegna a fornire forniture antiepidemiche, inviare squadre mediche nei Paesi bisognosi, stabilire meccanismi di cooperazione con gli ospedali locali, incoraggiando la condivisione di esperienze contro il virus, accelerare la costruzione della sede del Centro africano per il controllo e la prevenzione delle malattie (Africa Cdc) e lavorare con i membri del G20 sulla sospensione del debito africano”. L’affermazione del ministro Wang Yi è stata deflagrante in più ambiti, sia africani che soprattutto europei e statunitensi, in quanto ha scavalcato ogni “fossato negoziale” imponendo quasi unilateralmente i suoi progetti. Infatti, la Cina ha già avviato lo studio sui programmi per la costruzione della sede dell’African center for disease control and prevention (Africa Cdc) ad Addis Abeba, in Etiopia, contro il parere degli Stati Uniti; mentre i paesi dell’Unione africana (Ua) discutono sulla locazione non trovando un accordo sulla città che dovrà ospitare una istituzione così importante per la strategia sanitaria africana, che ricordo, vede il Covid-19 come l’ultimo dei suoi problemi riguardo alla salute.

Così la Cina con una supremazia conclamata nella corsa alla produzione e alla vendita dei vaccini in Africa, e dove già da marzo 2020 è impegnata nella fornitura di ogni tipo di assistenza sanitaria, il 14 dicembre, con una modesta cerimonia celebrata  in una non fastosa aula alla periferia meridionale di Addis Abeba, dove ha sede l’organizzazione panafricana Ua, ha presentato il programma che prevede entro venticinque mesi l’inizio della costruzione di un moderno edificio di 40mila metri quadrati totalmente finanziato dalla Cina, con un importo stimato in 80 milioni di dollari. Il nuovo Centro africano per il controllo e la prevenzione delle malattie sarà la sede dei cinque centri regionali dell’Africa centrale – Egitto, Gabon, Kenya, Nigeria e Zambia – che coprono rispettivamente le varie aree geografiche del Continente. La presentazione del programma di costruzione della futura sede dell’Africa Cdc è presentata da Pechino come la nuova immagine di una comunità, quella sino-africana, ancora più legata e più forte; senza dubbio l’ennesimo successo per la diplomazia sanitaria di Pechino. Tuttavia, secondo le normative e gli statuti dell’Unione africana, la definizione e la successiva approvazione del progetto cinese non potrà essere data prima di febbraio, quando i capi di Stato e di governo africani, che finora non sono riusciti a concordare una capitale ospitante l’Africa Cdc, si riuniranno al vertice dell’Ua. Sarà in questo summit che, in teoria, si potrà decidere quale sarà il Paese ospitante l’ambita sede, la cui segreteria venne temporaneamente ubicata ad Addis Abeba sin dalla sua nascita nel gennaio 2017.

Una particolare attenzione la diplomazia cinese la dedica ad uno degli Stati africani più influenti del continente, la Repubblica democratica del Congo, che rappresenta anche uno dei maggiori scenari di competizioni politiche ed economiche tra Pechino e Washington; inoltre, nonostante il governo congolese stia affrontando pesanti tensioni politiche interne, il Capo di Stato, Félix Tshisekedi, si prepara a prendere la presidenza di turno dell’Unione africana a febbraio, fattore di importanza notevole che non sfugge alle strategie della Cina. Intanto l’Africa cerca sostegno per affrontare gli impatti economici delle crescenti tensioni geopolitiche legate al Covid-19, non come epidemia, tra gli Stati Uniti e la Cina, con l’Europa in stallo tra queste due potenze, e la Russia che procede imperterrita nei propri programmi. Considerato che generalmente i grandi eventi accelerano le tendenze che esistevano prima, e che in linea di massima non ne invertono la direzione, possiamo ipotizzare che i ruoli della Cina, degli Stati Uniti, dell’Europa ricordando sempre la Russia, andranno a confermarsi, con grande soddisfazione soprattutto per Pechino.


di Fabio Marco Fabbri