“Sleepy” Joe, l’America senza Trump

sabato 21 novembre 2020


I Democrat d’America? Disuniti, esattamente come qui da noi. Ricordate i fratelli-coltelli ulivisti del Partito Democratico della Sinistra? Trascorsi appena pochi anni, si sono scissi come un atomo di idrogeno in una reazione nucleare. Questi conglomerati politici eterogenei (e, di fatto, incompatibili) “anti” qualcosa, stanno assieme finché esiste tra di loro una forza intensa di legame, tipo l’anti-trumpismo in Usa e l’anti-berlusconismo in Italia. Solo che nel primo caso saranno sufficienti appena quattro anni per vedere la scomposizione della litigiosa galassia politically correct della sinistra americana, con Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez esponenti di punta dell’ala più radicale, destinata a dare parecchio filo da torcere a Joe Biden, con le sue richieste assillanti di smantellare in toto e rapidamente l’eredità trumpiana. Nel secondo invece, per quanto riguarda l’anti-berlusconismo viscerale e di maniera, i suoi oppositori hanno vissuto molto più a lungo di rendita, utilizzando il leader di Forza Italia come paravento ideologico per nascondere il nulla della proposta e dell’attuale offerta politica della sinistra italiana. Ci sarà da divertirsi (per modo di dire) osservando come quest’anima radicale dei democrat si rapporterà in politica estera con i…compagni del Venezuela e, soprattutto, con il regime integralista dei mullah iraniani. Domanda: le truppe americane che stanno per essere ritirate su ordine di Donald Trump dagli scenari mediorientale e afgano, con Biden saranno di nuovo rimandate da dove sono venute?

The Donald non ha mai dichiarato guerra a nessuno (trovandosi a gestire eredità di altri), ben al contrario di quanto avvenne con la gestione di Barack Obama. Biden come affronterà i democrat pacifisti, se si dovesse tornare a sparare per difendere il mondo libero dagli assalti delle milizie fondamentaliste? Il seguente elenco rapido delle sfide che attendono il neopresidente può essere utile per capire come cambierà il mondo. Dovrà essere, in primis, ricostruito il Dipartimento di Stato che Trump ha volutamente depotenziato, lasciando vacanti per tutto il suo mandato presidenziale importanti posti chiave nell’amministrazione degli Esteri. L’Europa, però, non deve farsi eccessive illusioni: anche Biden insisterà con i nostri governi per l’aumento degli stanziamenti a favore della Nato, mentre sul clima potrebbe al contrario assecondare le Cancellerie europee, ripristinando gli accordi di Parigi e dando così soddisfazione all’ala sinistra di Sanders ed Elizabeth Warren. Con ogni probabilità, l’America non invertirà la tendenza al ripiegamento su se stessa perché, come diceva Obama, il Nation-building occorre farlo innanzitutto a casa propria, nel senso che la costruzione della nazione inizia sul suolo americano! Gli Usa accentueranno il disimpegno dalle aree di crisi (Medio Oriente e Afganistan) perché, come sostiene Biden, “bisogna smetterla con le guerre che non finiscono mai!”, dando assoluta priorità alla soluzione delle questioni interne. Di sicuro, invece, ci sarà un riavvicinamento alla Germania della cancelliera Angela Merkel, con la probabile rimozione dei dazi sull’importazione di auto tedesche.

Sul fronte del decoupling Usa-Cina, Biden chiederà all’Europa una rinnovata cooperazione e un fronte comune per contenere Pechino, sia dal punto di vista degli accordi sulle infrastrutture strategiche della via della Seta e del 5G, sia sulla fornitura dei semiconduttori europei alla Cina. Da questo punto di vista, lìAmministrazione Biden è destinata a focalizzarsi molto più sullìAsia e sul Pacifico che sull’Europa, potenziando la sua flotta nel Mar della Cina al fine di arginare le mire annessionistiche di Pechino e di rassicurare Giappone, Taiwan e Singapore sul contenzioso per le isole dell’arcipelago e sul controllo delle acque territoriali. Tokyo e Seul, in particolare, si aspettano un’America più conciliante per quanto riguarda sia il rispetto degli accordi militari sottoscritti, sia l’esigenza delle tigri asiatiche di mantenere buoni rapporti politico-economici nei confronti della Cina (vero motore di sviluppo per la futura ripresa economica dell’area), verso la quale i due Paesi intendono evitare una contrapposizione frontale. Posizione condivisa dall’Indonesia che, di recente, ha rifiutato il sorvolo aereo agli arei-spia americani. Più in generale, sarà arduo ripristinare il capitale morale che l’America aveva conquistato dopo il 1991, in un mondo in cui aumenta la contestazione verso il suo modello di sviluppo. Da parte sua, tuttavia, l’Europa si aspetta un netto cambio di direzione, per quanto riguarda il contenimento della politica espansionista della Turchia e un maggiore impegno militare Usa in Libia e Libano.

Sebbene la maggior parte degli americani ritenga che la questione climatica debba occupare un posto di primo piano nell’agenda politica della nuova Amministrazione, al momento dei sacrifici tuttavia gli stessi cittadini potrebbero non accettare l’onere di sobbarcarsi costi aggiuntivi per i consumi energetici. Di sicuro, uno dei primi atti della presidenza Biden sarà cancellare con un ordine esecutivo la decisione di Trump sull’abbandono americano dell’Oms, che si sarebbe dovuta perfezionare entro il 2021, e di riaffermare l’impegno del suo Paese nella cooperazione internazionale per lo sviluppo e la distribuzione dei vaccini anti-Covid alle popolazioni meno abbienti. Altro argomento strategico: il rilancio del Wto (World trade organization) con il pieno ripristino dei poteri di controllo dell’Organizzazione mondiale sul commercio. Con Biden, anche lo storico gemellaggio con l’Inghilterra è a rischio: il futuro presidente, di origini irlandesi, ha fatto capire che non ci sarà alcun accordo commerciale tra Londra e Washington qualora a causa della Brexit si separino fisicamente di nuovo le due Irlande. Anche il ritorno ai negoziati sull’Iran non è una mossa scontata, perché un conto è alleggerire le sanzioni, un altro è il ritorno al Trattato del 2015, ritenuto del tutto insufficiente dagli alleati Usa nel Golfo Persico, che spingono per un deciso disgelo nei confronti di Israele, in perfetta continuità con la politica mediorientale di Trump. In tal senso, con ogni probabilità, Biden manterrà l’ambasciata Usa a Gerusalemme, senza riportarla a Tel Aviv, come richiesto dai palestinesi.

Gli ultimi due punti che vale la pena citare sono l’immigrazione, da un lato, che costituirà molto probabilmente un punto di forte di rottura con l’Amministrazione uscente, e dovrà essere corredata da una sanatoria per immigrati irregolari che vivono e sono nati in America. L’altro, è l’atteggiamento verso la Russia, dove non si registrerà uno scostamento sostanziale dalla precedente politica estera Usa, ma semmai un serio tentativo di rinnovo di quel che resta degli accordi per la limitazione degli armamenti nucleari (New Start). Sleepy Joe potrebbe rivelarsi, pertanto, ben più sveglio di quanto la battuta di Trump lasciasse immaginare.


di Maurizio Guaitoli