O la riconta di Trump o lo scisma cattolico

Xi JinpingVladimir Putin si sono complimentati con Joe Biden. Il presidente cinese e il russo non si fidano dell’autoproclamazione, aspettano la conclusione dell’iter americano e la sconfitta ufficiale di Donald Trump. Steve Pieczenik, una sorta di insider dell’intelligence americana già attivo sul caso Aldo Moro, è colui che ha parlato della “filigrana” nascosta nelle schede ufficiali, che consentirebbe una riconta legale e il “grande Sting”, se la denuncia della colossale frode dovesse arrivare alla Corte Suprema. Secondo questa fronda, dietro cui ci sarebbe l’organizzazione digitale QAnon contro il Deep State, lo “stato profondo” del complotto contro Trump, già da giugno erano filtrate segnalazioni su milioni di voti per corrispondenza stampati in Paesi esteri. E il candidato alla Casa Bianca si era fatto scappare una gaffe scambiata per lapsus, in cui aveva esaltato che il Deep State aveva messo in piedi “la più grande organizzazione di frode mai vista nella storia americana”.

Certo è che chi ha seguito lo spoglio notturno, tra il 3 e il 4 novembre, ha potuto constatare che il vantaggio del presidente in carica si è arrestato nel momento in cui sono iniziati ad arrivare a pioggia i voti “per posta”. “Perché i democratici sono stati esortati a non uscire di casa per il Covid”, ha replicato il fronte avversario. Ma alcuni osservatori hanno svelato che a urne chiuse in Winsconsin sarebbero arrivati 169mila voti postali tutti per Biden e lo stesso sarebbe accaduto a notte fonda in Michigan con 200mila voti tutti in blocco. Poi schede attribuite a deceduti, insomma il super imbroglio appare molto più di un sospetto. Alle contestazioni i democratici erano preparati, al punto che la presidente della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti, Nancy Pelosi, nota per il tentativo illegale di impeachment contro Trump, in campagna elettorale aveva profetizzato che “comunque il 20 gennaio Biden avrebbe giurato”, facendo trapelare che la “Transition integrity project”, di cui fa parte da John Podesta già consigliere di Hillary Clinton, sarebbe stata pronta a muovere le forze armate qualora Trump si fosse rifiutato di lasciare la Casa Bianca. A questo punto è scattata una manovra a tenaglia: i media all’unisono hanno iniziato a censurare e insultare pesantemente Trump furibondo. Non solo il suo staff, gran parte della famiglia, perfino Melania dicono sarebbe pronta al divorzio. Una dissacrazione globale.

In Italia il mainstream ha raggiunto vette di “ipocrisia planetaria”, ha scritto su L’Opinione Alfredo Mosca. “Cose turche”, le ha definite Vittorio Feltri ironizzando su dichiarazioni come “una vittoria che illumina l’oscuritàil 25 aprile del mondo” fino al mi abbraccio da solo” dell’europeo ex premier Paolo Gentiloni. Perché si grida al “crucifige” per ricorsi che furono regolarmente svolti quando fu il democratico Al Gore contro George Walker Bush a richiederli, si interroga il nostro Mosca? E “che senso ha il livore dei pennaioli”, incalza Feltri contro la sinistra italiana definita “una consorteria di malviventi autorizzati a infangare chiunque non la pensi come loro”.

Nel 1944 Manly Palmer Hall, uno dei massoni più influenti, nel libro “Il destino segreto dell’America” spiegò che le intenzioni delle élites erano quelle di organizzare una “cabala occulta” per incrociare potere bancario, industriale e militare, voluta dalle famiglie Rothschild e Rockeffeller, attraverso gruppi di pressione come il Bilderberg, per imporre un’ideologia anticristiana, fondata su un esoterismo satanico, che sdoganasse omosessualità e pedofilia e realizzasse il “grande Reset”, cioè una umanità senza beni e verso la fine della proprietà privata, di cui il Covid 19 sarebbe l’evento catalizzatore come l’11 settembre delle torri, obbligandoci a mettere la casacca rossa, arancione e gialla, imponendo lockdown per schiacciare dissenso e libero arbitrio. A capo di tutto il dragone cinese, la Cina, con cui i potenti della terra fanno affari a iosa.

Questo complottismo da “nuovo ordine” sarebbe informazione spazzatura se Monsignor Carlo Maria Viganò, fatto arcivescovo da Giovanni Paolo II e già nunzio apostolico negli Stati Uniti, nel 2011 iniziatore dello scandalo Vatileaks, non avesse indirizzato alla vigilia del voto Usa una “lettera aperta a Trump”, in cui pregava per la sua rielezione prefigurando scenari anticristiani da apocalisse e descrivendo apertamente “il grande Reset”. E Viganò è tornato in questi giorni alla carica con un documento esplosivo sul “cerchio magico” che stringerebbe d’assedio papa Bergoglio. Certo stupisce che il quasi presidente Biden alla prima uscita si sia definito un cattolico fervente favorevole ad aborto, omosessualità e transessualità, citando l’episodio in cui da bambino aveva visto due uomini baciarsi e oggi da presidente chiede “perché a 8 anni non si può scegliere il sesso percepito?”. Insomma, chi ha ragione: Papa Bergoglio o Monsignor Viganò?

Aggiornato il 10 novembre 2020 alle ore 15:36