Inferno a Lesbo: brucia il campo migranti di Moria

Il panico che si diffonde veloce come le fiamme, bambini in lacrime, genitori spaventati, un fuggi fuggi generale. Così il campo di Moria, conosciuto dai locali come “la giungla” per le impossibili condizioni di vita dei profughi e le violenze continue che avvenivano al suo interno, è scomparso durante la notte, divorato da un incendio. A provocarlo, secondo il governo greco, sono stati alcuni richiedenti asilo in rivolta per le misure di isolamento imposte dopo i primi casi di coronavirus. Miracolosamente, non si registra nessuna vittima, ma molti, tra i quali probabilmente diversi positivi al Covid-19, si sono sparsi per l’isola di Lesbo.

Oltre 3.000 tende, gli uffici amministrativi e una clinica sono stati bruciati. Praticamente è andato distrutta l’intera struttura che ospitava quasi 13.000 persone, cioè quattro volte più di quelle per le quali era stata allestita nel 2013 e dove i migranti sopravvivevano alle cattive condizioni igieniche in uno stato di violenza endemica. Da gennaio ad agosto di quest’anno cinque persone erano state accoltellate durante risse, mentre abusi sessuali, traffico di droga e prostituzione erano diffusi. L’esasperazione degli ospiti del campo è arrivata a livelli di guardia nelle ultime settimane, dopo la scoperta dei primi 35 casi di Covid-1. “Molti incendi - ha detto il ministro per i migranti greco Notis Mitarachi - sono scoppiati nel campo nella notte tra martedì e mercoledì. Gli incidenti a Moria sono cominciati con i richiedenti asilo a causa della quarantena imposta”.

Il rappresentante del governo non si è spinto fino a parlare di incendio doloso, ma i vigili del fuoco hanno detto di avere “incontrato resistenza” da parte di alcuni migranti quando sono intervenuti. Il governo greco, riunito d’urgenza dal premier Kyriakos  Mitotakis, ha dichiarato lo stato d’emergenza a Lesbo, decidendo l’invio anche di rinforzi di polizia antisommossa. Sono forti infatti i timori di violenze tra i migranti in fuga e gli abitanti, dopo scontri avvenuti nel febbraio scorso tra agenti e gruppi di residenti che protestavano contro il progetto di costruire nuovi hotspot sull’isola. In quell’occasione Filippo Grandi, Alto commissario dell’Onu per i rifugiati, aveva sollecitato “un più forte supporto europeo”. Da allora le cose non sono molto cambiate, ma di fronte ai drammatici sviluppi tutte le alte cariche della Ue promettono ora che gli aiuti arriveranno. “Ho chiesto al vicepresidente premier Kyriakos  Mitotakis di andare in Grecia al più presto, siamo pronti a dare sostegno, con gli Stati membri”, ha assicurato la presidente della Commissione Ursula von der Leyen. Sul ricollocamento dei migranti da Lesbo, tuttavia, ancora non sono state annunciate decisioni comunitarie.

Aggiornato il 11 settembre 2020 alle ore 09:33