L’attualità alimentare del continente africano e il pericolo coronavirus

Per molto tempo si è parlato del problema del coronavirus nel continente africano ma fin ad oggi pochi provvedimenti seri sono stati intrapresi dalla comunità internazionale. Mentre la pandemia di Covid-19 prende piede in Africa, molti governi hanno iniziato a chiudere i confini, a limitare gli assembramenti e a chiudere le scuole. Attualmente, la crisi ha già cambiato la vita delle persone non solo per quanto riguarda la salute pubblica, ma anche in termini politici, economici e dei servizi pubblici. La vera emergenza in Africa è quella legata all’accesso al cibo e all’alimentazione. Molti Paesi africani sono importatori netti di cibo. Nel 2017 il continente ha speso circa 65 miliardi di dollari in importazioni alimentari. Inoltre, a differenza del 2007-2008, al momento i costi energetici elevati non stanno facendo salire i prezzi dei prodotti alimentari. L’Africa coltiva gran parte delle proprie scorte alimentari.

Circa il 60 per cento della popolazione continentale è impegnata nell’agricoltura, compresi molti piccoli agricoltori. Gli agricoltori che vivono soltanto attraverso la propria sussistenza, ad oggi relativamente pochi, dovrebbero essere protetti dal fatto che coltivano la maggior parte del proprio cibo. Gli agricoltori che producono per la vendita sui mercati, oltre che per il proprio consumo, potrebbero essere in una buona posizione per superare la crisi, sia in termini di alimentazione quotidiana che di guadagno, considerato che le altre forme occupazionali sono a rischio. L’agricoltura urbana rimane una fonte vitale di cibo, diversità dietetica e reddito. Durante la crisi, le coltivazioni su piccola scala nelle città potrebbero essere un’importante fonte di cibo, soprattutto se i redditi diminuiscono a causa del calo occupazionale.

In alcune zone rurali, la raccolta di foraggi e alimenti selvatici è un’importante fonte di diversità dietetica. Una situazione che pone al centro dell’attenzione internazionale anche il ruolo delle donne. In diversi Paesi dell’Africa meridionale, le donne sono le principali produttrici di colture alimentari, mentre gli uomini sono più coinvolti nella zootecnia e nei lavori paralleli. Le donne sono spesso responsabili anche della cura dei bambini, dei malati e degli anziani. Tale situazione mette in evidenza che le donne sono maggiormente esposte all’emergenza sanitaria e ciò potrebbe generare forti ricadute in termini di produzione e mantenimento del ciclo alimentare della famiglia. Inoltre, gli agricoltori tendono ad essere tra le fasce più anziane della popolazione media.

L’Africa ha una popolazione con molti giovani ma che tendono ad essere meno interessati alle attività legate all’agricoltura e cercano le proprie prospettive in altri settori occupazionali. Attualmente, 43 Paesi africani su 54 risultano colpiti dalla pandemia.

L’Algeria ha sospeso tutti i collegamenti con i Paesi europei e diverse capitali nel Medio Oriente. Il bilancio, registrato al 26 marzo, è di 21 morti. Secondo il Ministero della Salute, l’Algeria ha registrato i suoi primi quattro decessi il 15 marzo, mentre al 26 marzo sono stati confermati 302 casi di Covid-19 e 65 pazienti risultano guariti. In Guinea, da venerdì 13 marzo, le autorità hanno vietato gli assembramenti pubblici con oltre 100 persone. Al 26 marzo, le autorità sanitarie del Paese hanno registrato sette casi. “Ho appreso stamattina che c’è un caso confermato di coronavirus attualmente ricoverato al centro per il trattamento delle malattie infettive di Nongo”, nella periferia di Conakry, ha affermato il Ministro e medico Remy Lamah. “Si tratta di una cittadina belga che è arrivata a Conakry e la quale ha sviluppato sintomi ed è stata portata al centro di Nongo”, ha spiegato Lamah. In Costa d’Avorio sono ottanta i casi di Covid-19 registrati al 26 marzo. Il governo sta rafforzando le misure di protezione e ha limitato l’accesso al territorio: chiunque arrivi in Costa d’Avorio trascorrerà 14 giorni in quarantena e il Paese ha chiuso i suoi confini a tutti viaggiatori non ivoriani provenienti da Paesi in cui sono stati rilevati più di 100 casi di coronavirus, mentre è stata decisa la chiusura di tutte le moschee del Paese per 15 giorni. Il primo caso è stato rilevato il 10 marzo, un uomo di 45 anni tornato dall’Italia.

In Senegal, l’associazione degli Imam e Ulema ha lanciato un invito a fermare le preghiere nelle moschee per arginare la diffusione del coronavirus. Al 26 marzo, nel Paese sono stati registrati 105 casi, il primo caso confermato il 2 marzo, come ha annunciato il medico Alyose Waly Diouf, portavoce del Ministero della Salute. Per l’Europa e i Paesi del nord del mondo sono aspetti sociali da non sottovalutare. Molti governi africani dovranno continuare ad affrontare le sfide in corso come l’infestazione di locuste in Africa orientale e tale problematica continua a danneggiare l’economia alimentare del continente. L’emergere del coronavirus, accompagnata dalle altre crisi in corso, meritano la dovuta attenzione da parte della comunità internazionale se si vuole evitare l’emergere e lo scoppio di un problema enorme legato all’alimentazione nel gigantesco continente africano.

Aggiornato il 31 marzo 2020 alle ore 12:43