Coronavirus: il disfacimento dell’Ue

lunedì 30 marzo 2020


Mentre la pandemia da coronavirus infuria in Europa – dove più di 250mila persone sono state colpite dal Covid-19 e 15mila sono morte – i pilastri fondamentali dell’Unione europea si stanno sgretolando uno dopo l’altro.

Di fronte a una minaccia esistenziale, gli Stati membri dell’Unione europea, lungi dall’essere uniti per affrontare la pandemia come blocco unificato, stanno istintivamente tornando a perseguire gli interessi nazionali. Dopo anni di critiche al presidente americano Donald Trump per aver portato avanti una politica nazionalista all’insegna dello slogan “America First”, i leader europei stanno tornando a quello stesso nazionalismo che hanno pubblicamente affermato di disprezzare.

Da quando è diventata più chiara la minaccia rappresentata dal coronavirus, gli europei hanno mostrato ben poco quella preziosa solidarietà multilaterale che per decadi hanno venduto al resto del mondo come fondamento dell’unità europea. Il soft power dell’Ue, che si dice sia un modello per un ordine mondiale post-nazionale, ha dimostrato di essere una vuota finzione.

Nelle ultime settimane, gli Stati membri dell’Unione europea hanno chiuso le loro frontiere, hanno vietato le esportazioni di forniture essenziali e hanno trattenuto gli aiuti umanitari. La Banca centrale europea (Bce), garante della moneta unica europea, ha trattato con disprezzo senza precedenti l’Italia, la terza maggior economia dell’eurozona, nel suo eccezionale momento di bisogno. Gli Stati membri più colpiti dalla pandemia – Italia e Spagna – sono stati abbandonati a loro stessi dagli altri Paesi membri.

I semi dell’Unione europea furono piantati nelle ceneri della Seconda guerra mondiale. Nel maggio del 1949, Robert Schuman, uno dei padri fondatori dell’Ue, annunciò con coraggio la creazione del nuovo sistema mondiale: “Stiamo conducendo un grande esperimento, la realizzazione dello stesso sogno ricorrente che per dieci secoli si è riproposto ai popoli d’Europa: creare tra loro un’organizzazione per porre fine alla guerra e garantire una pace perenne”.

L’Unione europea, in divenire da sette decenni, si sta ora disfacendo in tempo reale, tra settimane. Dopo che le acque della pandemia da coronavirus si saranno calmate, le istituzioni dell’Ue continueranno quasi certamente a operare come prima. Troppo capitale politico ed economico è stato investito nel progetto europeo perché le élite possano fare diversamente. Ma per i cittadini europei, e molto meno per il resto del mondo, l’attrazione dell’Unione europea, come modello di identità europea di tipo post-nazionale, si esaurirà.

Esempi recenti del perseguimento unilaterale dell’interesse nazionale da parte dei leader europei, molti dei quali abbracciano il globalismo, ma nei momenti di disperazione abbracciano il nazionalismo, includono:

Nel frattempo, in Italia, un sondaggio nazionale pubblicato il 18 marzo ha rilevato che l’88 per cento degli italiani ritiene che l’Ue non stia aiutando il loro Paese. Solo il 4 per cento pensa il contrario, mentre l’8 per cento non ha espresso un’opinione. Più di due terzi degli italiani (67 per cento) ha dichiarato che far parte dell’Unione europea è uno svantaggio per il loro Paese.

In un articolo titolato “Il Coronavirus minaccia l’unità europea”. Bill Wirtz, un commentatore politico che vive in Lussemburgo ha osservato: Man mano che il coronavirus si diffonde, i Paesi dell’Area Schengen stanno chiudendo le loro frontiere. Poco importa che questi Paesi credano che una risposta europea coordinata sarebbe inefficiente o che pensino che i loro elettori non lo capirebbero. Il semplice fatto che le frontiere siano riemerse in Europa è un fallimento dell’integrità dell’accordo di Schengen che ha abolito i controlli alle frontiere interne... Non esiste una risposta coordinata dell’Ue, e man mano che le raccomandazioni cadono nel vuoto, Bruxelles sta affrontando una crisi di fiducia. Non esiste una risposta alla crisi da parte dell’Unione europea, una sperimentazione o una ricerca coordinata. Peggio ancora, le istituzioni dell’Ue sono testimoni di una guerra tra Paesi, che stanno cercando di limitare le esportazioni di attrezzature mediche per tenerle per sé. In tempi di crisi, sono emerse la vera influenza e la reale capacità dell’Ue, ed entrambe sono molto ridotte. Allo stato attuale, i Paesi stanno affrontando una crisi di letti ospedalieri, di attrezzature mediche e di tutte le risorse. Se il virus perde forza e si giunge alla conclusione che l’Ue è stata uno spettatore impotente nell’occhio del ciclone (ed è già così), allora l’accordo di Schengen e le frontiere aperte potrebbero far fronte a una difficile ripresa”.

Darren McCaffrey, editorialista politico di Euronews, ha scritto: “Nelle ultime due settimane, la solidarietà è crollata in seno al blocco. I Paesi hanno iniziato a imporre controlli alle frontiere ai vicini Paesi dell’Ue e perfino la Germania ha preso provvedimenti per gestire il flusso di persone che entrano ed escono dal suo territorio. Martedì, si è formata una coda lunga 35 km alla frontiera tra Polonia e Germania, dove centinaia di europei – lettoni, estoni e lituani – erano bloccati a bordo di camion, auto e bus. Poiché l’Ue deve adottare misure per prevenire la diffusione della malattia, molti si preoccupano dell’essenza dell’Unione europea e delle sue quattro libertà [la libera circolazione dei cittadini, dei beni, dei servizi e dei capitali]. Cos’è l’Ue, se i suoi cittadini non possono muoversi liberamente? Cos’è il mercato unico se i beni non possono attraversare le frontiere dell’Europa senza ostacoli?”.

In un articolo titolato “Prima le nazioni: L’Ue tenta di darsi un ruolo nella lotta contro il coronavirus”, il quotidiano tedesco Der Spiegel osserva: “Man mano che la pandemia prende piede in Europa la decennale unione sta mostrando i suoi punti deboli. Mentre l’Ue è riuscita a sopravvivere al Brexit e alla crisi dell’euro, la crisi generata dal coronavirus potrebbe tuttavia rivelarsi una sfida insormontabile. Invece di cercare soluzioni congiunte, il Continente si balcanizza e torna alle soluzioni nazionali. Anziché aiutarsi a vicenda, i Paesi dell’Ue stanno facendo incetta di mascherine come gli europei in preda al panico stanno ammassando carta igienica. Le prime decisioni prese da alcuni Stati membri dell’Ue di evitare di esportare attrezzature mediche in Italia – il Paese dell’Ue che è stato colpito più duramente dalla pandemia – ha perfino messo in ombra la mancanza di solidarietà europea mostrata dal primo ministro ungherese Viktor Orbán nella crisi dei rifugiati. Gli europei sono perfino divisi sulla questione di come combattere il virus. Mentre la Germania lavora per impedire a quante più persone possibili di contrarre il virus e infettarsi, i Paesi Bassi puntano sull’immunità di gregge per combattere il Covid-19. Il segnale è chiaro: quando le cose diventano serie, ogni Stato membro si prende cura di se stesso per primo – anche 60 anni dopo la creazione della comunità”.

(*) Gatestone Institute

Traduzione a cura di Angelita La Spada


di Soeren Kern (*)