Coronavirus: La morte del dottor Li Wenliang scuote la Cina

Il 7 febbraio, gli abitanti di Wuhan, nella Cina centrale, sottoposti a una rigida quarantena, nel sentire la notizia della morte del dottor Li Wenliang per il contagio da coronavirus, hanno aperto le finestre e hanno pianto. Altri sono scesi in strada per rendere sonoramente omaggio al medico “whistleblower”. Il dolore e la rabbia, espressi negli ultimi giorni nelle strade, dai balconi e sui social media, hanno raggiunto livelli senza precedenti.

Li era uno degli otto medici che a dicembre avevano messo in guardia dal pericolo della diffusione dell’epidemia e per questo erano stati redarguiti dal governo cinese. Le autorità cinesi lo avevano accusato di aver “diffuso notizie false e turbato l’ordine sociale” e a causa dei suoi coraggiosi sforzi era stato fermato, interrogato e costretto a firmare una dichiarazione di “autocritica” in cui ammetteva di aver affermato il falso. Di certo, ha contratto il virus nel tentativo di salvare i pazienti dell’ospedale centrale di Wuhan.

Il primo annuncio ufficiale della sua morte, giovedì sera, ha suscitato forte indignazione sui social media e nel tentativo di ammorbidire l’opinione pubblica, i media di Stato hanno poi detto che era vivo, ma gravemente malato. Il secondo annuncio ufficiale del suo decesso è rimbalzato con incandescente clamore. La censura cinese ha cancellato milioni di post sui social media a sostegno del giovane medico. Li aveva 34 anni.

Alcuni affermano che il sistema politico cinese sarà in grado di resistere, visto che l’epidemia si esaurirà nel caldo della prossima estate. Ma la malattia che sta flagellando il Paese potrebbe anche essere la Chernobyl” della Cina , l’occultamento di un disastro che finirà per portare al crollo del regime.

L’ex premier australiano Kevin Rudd che caldeggia la tesi anti Chernobyl, in un articolo pubblicato l’8 febbraio scorso, ha scritto: “Xi esercita un potere politico pressoché assoluto sullo Stato marxista-leninista cinese”. È “certo”, ci assicura Rudd, “che una volta risolta la crisi, non cambierà il modo in cui la Cina sarà governata in futuro”.

Secondo Rudd, le priorità di Xi, da lui definite “l’insieme di dieci cerchi concentrici provenienti dal centro del partito”, rimarranno le stesse. La prima di tali priorità è quella di mantenere la stabilità del sistema politico. Come osserva Rudd, ora presidente dell’Asia Society Policy Institute, “da quando Xi è entrato in carica nel 2012, ha rafforzato la presa del Partito comunista sul potere e ha messo a punto un dettagliato programma nazionale che pianifica ogni cosa – compresa la gestione dei problemi interni”.

Xi è così forte? Ha sfidato le aspettative e accumulato un potere senza precedenti dai tempi di Deng Xiaoping, astuto successore di Mao. Alcuni analisti paragonano la sua posizione a quella dello stesso Mao. Politicamente, Xi sembra avere “nove vite”.

Quasi certamente, prepara il terreno per far sì che il suo avversario, il premier Li Keqiang, si assuma la colpa se le cose vanno male. Li è stato incaricato di coordinare la risposta di Pechino all’epidemia da coronavirus.

Il 26 gennaio, il Partito comunista ha annunciato che Li avrebbe guidato la task force cinese, il gruppo istituito in seno al Comitato centrale del Partito comunista per sovrintendere gli interventi contro l’epidemia di polmonite virale causata da un nuovo ceppo di coronavirus. Xi ha inoltre preso in prestito la tattica di Mao e nell’ultima settimana di gennaio si è ampiamente defilato dai riflettori mediatici.

Ma per quanto abile sia Xi, non può sfuggire alle sue responsabilità. Innanzitutto perché il grande potere che esercita gli conferisce una parte di responsabilità e sembra rendersi conto che ci sono delle occasioni in cui deve farlo, come ad esempio, quando il 28 gennaio durante un vertice a Pechino con il direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, Xi ha dichiarato: “Ho personalmente diretto e organizzato il lavoro”.

In secondo luogo, l’economia cinese, a causa dell’epidemia e di altri motivi, sembra contrarsi di trimestre in trimestre, ma anche da un anno all’altro. La domanda di petrolio della Cina è ora diminuita del 20 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Numerose fabbriche e attività commerciali non riapriranno dopo la fine delle festività del Capodanno lunare. La sessione primaverile della Fiera internazionale di Canton, prevista per aprile, è stata annullata. Le compagnie aeree hanno cancellato i voli da e verso la Cina e molte rotte sono state sospese a tempo indeterminato.

Questa emergenza è avvenuta quando l’economia stava già rallentando – di fatto prima dell’epidemia la crescita si assestava intorno al 2 per cento – e si registravano livelli di insolvenza.

Molti analisti si aspettano che Pechino rilanci l’economia, ma questo è possibile solo se c’è un’attività economica Con gran parte dell’economia ferma, non c’è molto da stimolare. Un’economia morta è una crisi esistenziale per un regime la cui base primaria di legittimazione è la promessa di garantire prosperità al popolo cinese.

In terzo luogo, il popolo cinese, come risulta evidente dalla reazione alla morte di Li Wenliang, non sarà influenzato dalle manovre interne del Partito comunista di Xi. Intanto, le autorità locali hanno contribuito a smascherare Pechino. Il 27 gennaio, Zhou Xianwang, sindaco di Wuhanha dichiarato pubblicamente di non aver potuto informare l’opinione pubblica della diffusione dell’epidemia perché era in attesa di autorizzazione da parte di Pechino. E questa accusa non fa bene all’immagine del potere centrale.

Di conseguenza, il popolo cinese ora è furioso, e contrariamente ai precedenti episodi di negligenza da parte di Pechino, questa volta si evocano questioni di fondo e si rivendicano i diritti fondamentali. Il ritornello che echeggia in tutta la Cina è: “Vogliamo la libertà di parola!” I cittadini di questa società in crisi, come i cittadini che anelano la libertà a Hong Kong, hanno adottato come loro inno la canzone politicamente d’impatto del musical Les Misérables ”Senti il popolo cantare?”

La settimana scorsa, dopo la morte del dottor Li, un professore di diritto dell’Università di Tsinghua, Xu Zhangrun, ha dichiarato pubblicamente che Xi Jinping ”non è molto intelligente” e lo ha invitato a dimettersi. Xu e altre otto persone hanno firmato una lettera aperta indirizzata al Congresso nazionale del popolo cinese, intitolata “Il diritto alla libertà di parola comincia oggi”.

L’audacia delle recenti richieste mostra che, a causa dell’epidemia, il popolo cinese sta iniziando a perdere la paura di Xi e del Partito comunista. [L’ex premier australiano] Rudd e i propagandisti cinesi affermano che il partito supererà questa crisi, ma quando la gente non ha più paura, può accadere di tutto.

Quando la gente non ha più paura pensa di poter fare qualsiasi cosa o semplicemente non si preoccupa delle conseguenze. Questo è spesso il momento in cui i sistemi politici, all’apparenza potenti, si sgretolano.

Xi deve prepararsi ad affrontare una crisi che avrà luogo all’inizio dell’estate, dopo che l’epidemia avrà raggiunto il picco tra aprile e maggio nei principali centri urbani fuori dalla provincia di Hubei. Sarà allora che il popolo cinese chiederà le teste dei responsabili.

In questo momento, l’interesse di Xi è più incentrato sul controllo della narrazione nazionale che sull’obiettivo di debellare il virus. La composizione della task force di nove membri sopramenzionata è particolarmente inquietante: nel gruppo è presente un solo responsabile della sanità pubblica, gli altri sono membri del partito e funzionari della propaganda. Lo zar della propaganda del partito, Wang Huning, ne è il vicepresidente. “Mantenere l’integrità del potere dittatoriale di Xi Jinping è evidentemente l’obiettivo principale del gruppo”, ha dichiarato al Gatestone Charles Burton, esperto del Macdonald-Laurier Institute, di Ottawa.

Tuttavia, Xi Jinping ha già perso la battaglia sulla narrazione. La propaganda ha interferito con la sua capacità di debellare il virus. La riservatezza e l’occultamento delle informazioni compromettano la capacità di combattere efficacemente la malattia.

In ogni caso, una donna non consentirà alle autorità di censurare a lungo le informazioni. “Se non ci danno una spiegazione, noi non ci arrenderemo”, ha detto Lu Shuyun, la madre del dottor Li Wenliang, chiedendo di sapere perché la polizia ha vessato suo figlio mentre cercava di salvare i pazienti.

Può una donna opporsi al potente Xi Jinping? In questa sfida, scommettere sulla madre non è poi così insensato come potrebbe sembrare. Dopotutto, lei ha dalla sua parte circa 1,4 miliardi di persone arrabbiate.

(*) Gatestone Institute

Traduzione a cura di Angelita La Spada

Aggiornato il 18 febbraio 2020 alle ore 13:11