“Coronavirus”: scenario catastrofico se si contaminasse l’Africa

I media mondiali danno molto risalto alle reazioni che gli Stati manifestano in merito al contagio da coronavirus; i più consci Paesi del Pianeta reagiscono a tale calamità vietando voli provenienti dalla Cina ed adottando “misure complementari”. Sempre con maggiore accortezza Stati, città, aeroporti e porti utilizzano sistemi di sicurezza sanitaria controllando e bloccando i propri “spazi”. Così, Australia, Nuova Zelanda, Europa, Russia, Stati Uniti, sud America, Giappone, Corea nord e Sud, solo per citarne alcuni, chiudono ogni tipo di “pertugio” alla Cina. Tuttavia ad oggi non risulta ben chiaro, da nessun canale d’informazione africano o extra, se i Governi africani (sahariani e sub sahariani) stiano adottato iniziative di screening sanitario mirate ed omogenee al resto del mondo. Alcuni Stati tra cui Botswana, Etiopia, Nigeria, Liberia, Capo Verde, Mozambico, Congo che soffre di continue epidemie di ebola, non vietano voli in arrivo dalla Cina, ma adottano misure solo a livello misurazione termica dei passeggeri.

Ricordo che le relazioni tra Cina e continente africano vanno lette nel contesto di un “processo di sintesi storica”, che ha favorito gli aspetti economici ed in particolare commerciali. I rapporti storici della Cina con l’Africa hanno portato ad una “rivoluzione geografica” che ha condotto gli attori economici ed i capitali cinesi a superare le motivazioni legate all’affinità ideologica e politica, dirigendosi verso un comune “pragmatismo economico”.

Da decenni la Cina e l’Africa hanno suggellato la loro unione; il crescente aumento delle esigenze “levantine” in termini di energia e materie prime, unite alla “compulsione” irrefrenabile di affermarsi come “potenza” sulla scena mondiale, sono diventate la forza motrice essenziale della politica cinese nei confronti dell’Africa. La Cina percepisce il continente africano come un serbatoio di “energia e di materie prime”. Il rapporto che molti Stati africani hanno con Pechino assume sempre più una fisionomia di “dipendenza”; la Cina è un partner commerciale ideale che, nonostante il potere economico, non impone condizionamenti ne politici ne di “fede” ai suoi interlocutori africani ed in molti casi mette a loro disposizione persino un sostegno diplomatico.

Inoltre le intense relazioni economiche cino-africane devono essere inserite anche nel contesto più generale delle dinamiche commerciali sud-sud, infatti nel corso dell’ultimo ventennio, che ha visto contrarre il commercio mondiale, questo legame ha permesso di fronteggiare questa crisi economica sostenendo, con detto “mercato”, una ripresa globale. Questo vincolo economico-commerciale ha dimostrato, oltre la forte resistenza economica del “Sud”, coadiuvato dal ruolo strategico dell’African Development Bank Group (Afdb), anche il rafforzamento della Cina che è assurta a seconda potenza economica mondiale.

Le imprese cinesi hanno quindi un ruolo di incommensurabile rilevanza nell’economia africana; molte aree geografiche soprattutto nel centro–nord-oriente africano e nell’area sub-sahariana sono state acquistate da aziende cinesi, che hanno creato delle enormi enclave dove operano con metodologie proprie e producono ogni tipo di bene e servizi, facendo fronte ad esigenze nazionali. Tutto ciò ha creato aree geografiche cinesi in Africa, dove si parla solo cinese e si vive “alla cinese” e dove lavorano in parallelo con la Madre Patria.

Tracciato, brevemente, il quadro dei rapporti tra Cina e Africa, ci viene detto che il Virus cinese identificato come coronavirus, ha una notevole virulenza manifestata non tanto dal numero dei decessi e dei contaminati comunicati ufficialmente dal governo cinese, ma suscettibili di forti dubbi, ma per l’enorme mobilitazione e reazione che sta avendo l’organizzazione sanitaria cinese con la costruzione, in tempi impensabili, di strutture ospedaliere (lazzaretti) isolate e notevolmente capienti.

Al momento la diffusione del coronavirus nei Paesi in grado di affrontare un’emergenza sanitaria così complessa, non crea un particolare allarme sociale a causa di una certa garanzia di “controllo, reazione e contenimento”, che detti Stati possono offrire, ma nell’ipotesi di contaminazione in Africa che cosa potrebbe accadere? Secondo il Center for Strategic International Studies (Csis) di Washington, se si verificasse il contagio, visti i flussi incontrollati in Africa della popolazione cinese, uno scenario del genere sarebbe “il preludio a una pandemia”.

Per il momento l’idea che il coronavirus possa “sbarcare” in Africa è un’ipotesi, ma è molto temuta, anche ai massimi livelli dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). Non risultano, ad oggi, casi di coronavirus registrati in Africa (ma chi può dirlo visto il caos della situazione socio-sanitaria), ma la preoccupazione è forte, perché se si verificassero casi in alcuni paesi africani in cui i mezzi di sicurezza sanitaria sono limitati o assenti, grandi focolai epidemici potrebbero esplodere e potrebbero essere esportati in Europa anche tramite la migrazione incontrollata clandestina e non. J. Stephen Morrison, vicepresidente e direttore del Global Health Policy Center, ha affermato che: “un’espansione in Africa dell’epidemia darebbe una scala di rischio completamente nuova al fenomeno epidemico”.

Aggiornato il 04 febbraio 2020 alle ore 11:43