Libia: il mercato di blindati, mercenari ed armi raddoppiato dopo la Conferenza di Berlino

Durante un pattugliamento navale in “mare libico”, mercoledì, la portaerei francese Charles de Gaulle ha intercettato, “visivamente”, di fronte alle coste libiche, una fregata turca che scortava un mercantile diretto al porto di Tripoli con a bordo un carico di mezzi blindati destinati alle milizie mercenarie filo-jihadiste siriane ed alle Forze Militari dell’esercito tripolino (Gna). Questo atto ha nuovamente rimarcato due fattori fondamentali per la comprensione della “questione” libica: il primo è che l’embargo sancito dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite con la nota risoluzione 1970 del 2011, non ha avuto nessun effetto se non quello essere continuamente infranto e contestualmente  incrementare il traffico di armi di contrabbando a livello planetario; il secondo è che come più volte scritto, la “singolare” Conferenza di Berlino 2020, non ha riunito intorno al “tavolo dei negoziatori” gli idonei attori utili alla risoluzione della “questione libica”, ma favorito lo spirito neo imperialista turco e definito l’area di influenza economico-strategica di Russia e Turchia nel Mediterraneo orientale e nell’Africa centro-nord-orientale.   

Nella fattispecie da fonti francesi e secondo il sito Web Marine Traffic, il mercantile battente bandiera libanese chiamato Bana, dopo avere navigato a largo della Sicilia è approdato al porto di Tripoli.

Tali fatti hanno spinto il presidente francese Emmanuel Macron a formalizzare esplicitamente il suo rammarico rivolgendosi direttamente al presidente turco Erdogan, lamentandosi della consegna di “blindati”a Sarraj, dichiarando che: "Nei giorni scorsi abbiamo visto le navi turche accompagnare i mercenari siriani sul suolo libico … in esplicita violazione di ciò che il presidente Erdogan aveva promesso di fare alla conferenza di Berlino".

Tuttavia nell’attenta lettura dei vari comunicati dove trapelano i contatti tra le Nazioni coinvolte inserite nel “Girone infernale libico”, si nota anche che il presidente francese non ha dato la stessa “attenzione” all’interferenza degli Emirati Arabi e dell'Egitto, i quali violano sistematicamente l'embargo sulle armi a beneficio del “feldmaresciallo” cirenaico Khalifa Haftar, come accusa esplicitamente l'Onu.  

Nell’ambito dello scambio di accuse, il Ministero degli Esteri della Repubblica di Turchia Mevlüt Çavuşoğlu ha esplicitamente dichiarato che: “E’ noto che la Francia sostiene incondizionatamente Haftar in cambio di un diritto di controllo sulle risorse naturali della Libia". Tale affermazione, che fa da contrappeso a quella di Macron, ha sollecitato l’intervento dell’'inviato delle Nazioni Unite per la Libia Ghassan Salamé, il quale giovedì ha denunciato al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, le continue violazioni degli impegni assunti a Berlino dalla Comunità Internazionale. L’inosservanza dell’embargo delle armi e le continue interferenze “diplomatico-politiche” delle “parti” contendenti, ha dichiarato l’emissario Salamé, violano lo spirito del “protocollo” della Conferenza di Berlino minacciando di scatenare una nuova e più pericolosa conflagrazione. Secondo Ghassan Salamé e Antonio Guterres Segretario Generale delle Nazioni Unite, l'invio di armi e di combattenti stranieri in Libia sono raddoppiati attraverso "attori senza scrupoli", dopo il vertice internazionale del 19 gennaio a Berlino. Salamè ha inoltre aggiunto che avere riunito in Germania il Segretario di Stato russo, turco, francese, tedesco, britannico e l’americano Mike Pompeo non ha dato i risultati sperati.

Ha dichiarato ancora Salamé che c’è spregiudicatezza dentro e fuori la Libia; aggiungendo che i “protagonisti” della “questione libica” sono scettici sull’efficacia degli sforzi per la pace e che affermano piamente il loro sostegno all'Onu, ma allo stesso tempo, continuano ad alimentare ambiguamente una soluzione militare, accentuando lo spaventoso spettro di un conflitto su vasta scala e una nuova miseria per il popolo libico.

La criticità non è solo lo “spettro” della guerra ma anche la paura di un “vuoto di sicurezza” che si ripercuote sulle problematiche legate ai profughi autoctoni, alla migrazione centro nord africana e alle “dinamiche” dell'approvvigionamento energetico globale

Intanto anche i leader africani hanno aperto negoziati per favorire una soluzione del conflitto in Libia; si sono riuniti giovedì scorso a Brazzaville dove l'Algeria si è offerta di ospitare un "forum di riconciliazione nazionale" dei “partiti libici” identificati a Berlino. L'Africa ha spesso lamentato, negli ultimi mesi, di non essere stata coinvolta nella “questione”, denunciando che una problematica africana non può essere gestita esclusivamente dall’Occidente, dalla Russia e dalla Turchia.
La complessità libica è “attenuata” dall’unica certezza che è la consapevolezza di sapere chi sono i contendenti sia interni che esterni e se le navi cargo con blindati ed altro sbarcano a Tripoli con navi battenti bandiera libanese scortati da fregate turche, nell’aeroporto di Benina e nella base aerea di Al-Khadim nella Libia orientale, si vede "un notevole aumento dei voli cargo, diversi al giorno, che forniscono equipaggiamento militare".

La soluzione pacifica è lunga da raggiungere anche perché nessuno sembra seriamente volerla; intanto la Conferenza di Berlino del 19 gennaio assume sempre meglio quella fisionomia teatrale di “giuoco delle parti”. Resta da concretizzare la creazione di una Commissione militare congiunta, composta da cinque membri in rappresentanza del generale Haftar e cinque membri in rappresentanza dell’esercito di Tripoli (Gna), che dovrebbe definire le condizioni per un cessate il fuoco duraturo. Il fallimento della prima riunione programmata a Ginevra, originariamente prevista per martedì, è saltata a causa dei rappresentanti del Maresciallo, ha riferito Salamé, aggiungendo che a breve andrà a Rajma, vicino a Bengasi, dove si trova il quartier generale di Haftar, nel tentativo di risolvere la situazione.

Aggiornato il 03 febbraio 2020 alle ore 13:23