Congresso di Berlino 2020, un fronte fragile

Il 3 marzo del 1878 fu “concordata” la pace di Santo Stefano tra la Russia Imperiale e l’Impero ottomano dopo la guerra russo-turca del 1877-1878, che determinò lo “sgombero” dell’Impero ottomano dall’area danubiano-balcanica. Senza indugiare sui termini del discusso Trattato di pace e su gli eventi, l’Impero Russo, artefice dell’annichilimento della Porta, realizzò quella che venne definita la “crociata russa” per liberare l’area danubiano-balcanica dall’oppressione islamica e riorganizzare la “regione” in una visione “panslavista”.  

L’esercito Russo fu fermato senza azioni militari, ma nemmeno diplomaticamente, dal Regno Unito e da pressioni internazionali, sotto i bastioni di Costantinopoli, dove poteva realizzarsi il “progetto Greco”, ideato da Caterina II (1762-1796) che prevedeva il ritorno di Costantinopoli alla Cristianità. Il troppo vantaggioso per la Russia, trattato di Pace fu “rinegoziato” al luglio nel più noto Congresso di Berlino voluto ed organizzato dal “cancelliere tedesco” Bismarck  e dove si trovarono al tavolo delle trattative oltre la Germania, l’Impero Russo, la Francia, il Regno Unito, l’Austria-Ungheria, l’Italia e l’Impero Ottomano ormai ridotto geograficamente alle dimensioni dell’attuale Turchia. Il tema, oltre quello di “regolare” i legittimi interessi russi in funzione di quelli internazionali, era quello di organizzare le aree delle future spoglie dell’Impero ottomano e non ultimo uno “slancio” verso i territori africani.

142 anni dopo a Berlino, domenica 19, si è riunito il “congresso di Berlino 2020”, per discutere e concordare la strategia per la pacificazione della Libia. In pratica si è assistito ad una rappresentazione di nobili obiettivi con cui le conferenze internazionali sulla Libia e su altre aree di crisi, hanno familiarità. Al vertice di Berlino erano presenti le delegazioni di undici Stati e quattro organizzazioni internazionali: l’Unione Africana (Ua), le Nazioni Unite (Onu), l’Unione europea (Ue), la Lega Araba e si è conclusa con l’adozione di una dichiarazione comune che apre una leggera speranza di pacificazione. Il “patto” siglato chiede un “cessate il fuoco permanente” in Libia e “l’astensione da qualsiasi interferenza internazionale nel conflitto armato”, al fine di rilanciare il “processo politico” frantumato dall’attacco del maresciallo Khalifa Haftar a Tripoli nell’aprile 2019.

Angela Merkel, come Bismarck, è stata padrona della cerimonia insieme ad Antonio Guterres, Segretario Generale delle Nazioni Unite; è stato evidente, durante l’ultima conferenza stampa tenutasi nell’aula della Cancelleria, che “un piccolo passo avanti” è stato fatto, ma per garantire un rispetto efficace e duraturo della fine delle ostilità, dovranno essere organizzati incontri inter-libici tra i rappresentanti militari cirenaici (Fezzan) e tripolini. Antonio Guterres ha dichiarato che un’invito con tale scopo verrà inoltrato “nei prossimi giorni”; i “termini” di un accordo di cessate il fuoco prevedono che i due campi rivali dovranno formare una “commissione militare” composta da dieci ufficiali, cinque per parte. Questa commissione sarà responsabile e dovrà regolare sul “campo” i meccanismi di attuazione del cessate il fuoco.


L’altro punto strategico e sensibile del conflitto è quello relativo alle ingerenze più o meno dirette di paesi stranieri all’interno della “questione” libica. Infatti ha affermato Guterres che il documento di Berlino prevede anche che tutti i partecipanti si impegnino a rinunciare alle interferenze nel conflitto armato o negli affari interni della Libia”. La Turchia sostiene militarmente il governo di Fayez al-Sarraj a Tripoli e la Russia, nonostante le sue smentite, è sospettata di sostenere l’uomo forte della Libia orientale, il maresciallo Khalifa Haftar. La grande preoccupazione per la presenza dei combattenti siriani e stranieri nella città di Tripoli”, a supporto del governo locale sostenuto dall’Onu. ha spinto il presidente francese Emmanuel Macron a chiedere, prima del termine del “Congresso”, che “cessasse” l’invio a Tripoli di tali milizie.

Tuttavia nel velato scetticismo generale dove Sergej Viktorovič Lavrov, Ministro degli Affari Esteri della Russia, dichiara strategicamente “insignificante il summit” di Berlino e le affermazioni del Ministro degli Affari Esteri del Congo-Brazzaville, Jean-Claude Gakosso, presente a Berlino, che chiede una “soluzione africana al conflitto”, mi viene a mente la “composizione” del Congresso di Berlino del 1878: Otto Von Bismarck, Benjamin Disraeli, Gyula Andrássy, il greco Alexander Karatheodori Pasha per l’Impero ottomano, William Waddington, Luigi Corti e Aleksandr Michajlovič Gorčakov, personaggi di enorme “spessore” anche personale oltre che diplomatico e strategico, senza dubbio adeguati alla loro funzione.

Aggiornato il 20 gennaio 2020 alle ore 12:19