Yasmine Dahmani, la donna simbolo della “rivoluzione algerina”

Dal 17 settembre la studentessa algerina ventiduenne di giurisprudenza Nour-al-Houda Yasmine Dahmani è detenuta nelle carceri patrie con l’accusa di reato di “coscienza” (opinione).

Da quando ad aprile al presidente Bouteflika è stato “consigliato” di dimettersi dalla carica, l’Algeria sta attraversando un periodo di proteste, caratterizzate prevalentemente dalla “compagine” studentesca, pacificamente agguerrita e convinta che solo una energica presa di posizione possa evitare un susseguirsi di “poteri” autorganizzati. Il capo di Stato Maggiore algerino, il generale Ahmed Gaïd Salah, uomo di importante cultura militare, forgiata nell’Accademia sovietica, utilizzando un “percorso” extracostituzionale (la terza via), ha deciso di imporre lo svolgimento delle elezioni presidenziali il 12 dicembre. Tale decisione è finalizzata al tentativo di interrompere la protesta popolare, che ha assunto il nome di Hirak e che da febbraio ogni venerdì (anche il martedì) riempie le più importanti piazze algerine.

Ricordo che il movimento Hirak, con consapevoli connotati pacifici, ha contribuito alle dimissioni di Bouteflika, nel mese di aprile, ha poi lottato per l’annullamento delle programmate elezioni di luglio (novanta giorni dalle dimissioni), ponendosi come prossimo ambizioso obiettivo quello di ostacolare le trame politiche di quella che definiscono la “banda”, (in arabo Issaba), che ha, a loro dire, l’obiettivo di mantenere, sotto altra forma, il potere della “Issaba”.

In un “atteggiamento” politico del Governo in carica, che esterna sempre di più il “profilo” restrittivo, soprattutto sulla libertà di espressione, incarcerando negli ultimi mesi più di cento contestatori, la studentessa Yasmine Dahmani, attiva manifestante nelle sfilate studentesche di questi ultimi otto mesi, viene accusata di avere commesso un grave “crimine” per avere mostrato un cartello che denunciava la “corruzione” della “banda/issaba” al potere. Dal momento dell’arresto è detenuta nella carcere di El-Harrach, nei banlieue di Algeri, in compagnia delle personalità maggiormente di spicco della protesta, una sorta di prigione di “purgati e purgandi”, destinata a tutti coloro che Salah ritiene “ideologicamente” pericolosi, come i due ex primi ministri Abdelmalek Sellal e Ahmed Ouyahia. Nella dinamica politica algerina si contrappongono, con effetti incrociati, due correnti antagoniste: quella degli studenti che mira alla demolizione della “Issaba”, cioè di tutta la “cricca” da Bouteflika a Salah, affetta da “corruzione endemica” e quella del potere attuale, Salah, che colpisce, sia la corrente dei manifestanti, che parte della vecchia “banda”, quei personaggi legati al potere dell’ex presidente Bouteflika. Il timore dei dimostranti è che il pseudo “processo di cambiamento”, possa portare solamente ad un’”alternanza dei clan”, ad una sovrapposizione di poteri, con il medesimo comune denominatore: mantenere il governo di una nazione nel quale il “sistema” corruttivo determina il modus operandi metodico, unitamente ad atteggiamenti repressivi della libertà e ad autoritarismi.

Yasmine Dahmani è diventata l’emblema della lotta per la giustizia; il suo arresto ha creato il “simbolo” dei giovani algerini che appare nelle manifestazioni dove campeggiano cartelli solidali con scritto “Je suis Nour al-Houda Dahmani”, tale “definizione di sostegno” è diffusa in lingua araba sui più importanti social network e la sua immagine è presente in tutte le piazze di protesta. Il Comitato nazionale per il rilascio dei detenuti (Cnld), ha istituito un elenco delle vittime della repressione, aggiornato regolarmente; Lakhdar Bouregaa, un veterano della guerra di liberazione, incarcerato a giugno per “aver denigrato la morale dell’esercito”, ha già reso noto che accetterà di essere scarcerato solo contemporaneamente agli altri manifestanti detenuti.

Le manifestazioni che hanno come obiettivo i principi universali come la libertà, l’uguaglianza, assumono tratti distintivi spesso romantici, anche nella drammaticità degli eventi; i “fatti algerini” non si astengono da questa regola, lo dimostra la struggente lettera scritta e pubblicata su tutti i media dall’avvocato di Yasmine che riporto: “Il corpo gracile, l’umore scuro, i gesti pesanti, gli occhi tristi, lo spirito distratto. Quasi non solleva il viso dal pavimento e non risponde che con un sì o un no. Non sei un criminale, sorella mia. Abbassare la testa non è adatto a te. Non sei un criminale, sorella mia. E tutta questa tristezza non è adatta a te. Non sei un criminale, sorella mia, ciò non ti appartiene, perché sei nel pieno della vita. Non sei un criminale, sorella mia. Non devi vergognarti, sei per noi il vero senso dell’onore. Sei la dignità e la patria.

Se non fosse scritta dal suo avvocato potrei scambiarla per una poesia di Jacques Prévert tanto è romantica e pacifista, ma si sa le rivoluzioni nascono romantiche e pacifiste, ma poi purtroppo cambiano fisionomia.

Aggiornato il 30 ottobre 2019 alle ore 12:26