La “nascita” e la “morte“ di al-Baghdādī by Usa

La notizia che il califfo Abū Bakr al-Baghdādī, alias Dottor Ibrāhīm o Abū Duʿā, era morto grazie alle “pressioni” dalle milizie Usa, ha fatto “gridare” vittoria al presidente Donald Trump. Che il “dichiarato” suicidio causato delle “forze speciali” Usa, dell’ex pseudo Califfo dell’Isis e ex arbitro di calcio dilettanti, possa essere una buona notizia, nessuno può negarlo, ma forse non si potrà negare che politicamente al-Baghdādī era già morto. Tuttavia Mosca ha dichiarato dubbiosa tale affermazione “trumpiana”; la Russia rimane molto scettica, ha dichiarato domenica 27 ottobre il portavoce Igor Konashenkov in un comunicato e che non ha “informazioni affidabili” sull'ennesima morte del capo di Stato islamico Abu Bakr Al-Baghdadi, menzionando “dubbi sulla realtà e sul successo dell'operazione americana”; aggiungendo che “il ministero della Difesa russo non dispone di informazioni affidabili sulle azioni dei militari statunitensi nella zona di intervento di Idleb”. Inoltre, Konashenkov, ha assicurato che “negli ultimi giorni non sono stati effettuati attacchi aerei nell'area di “interesse” di Idleb da aerei americani o dalla cosiddetta “coalizione internazionale”, riportando anche “dettagli completamente contraddittori espressi dai “partecipanti diretti e dai paesi che avrebbero aderito a questa “operazione”.

Non credo che tali “dubbi russi” possano essere dettati a “invidia”, ne tantomeno che Putin possa sentirsi geopoliticamente indebolito da un successo Usa, vista anche l’enorme influenza russa sul Vicino oriente (vedi la recente “questione ”curda causata da Trump e risolta da Putin). Va ricordato che la morte di al-Baghdadi è stata annunciata diverse volte; l'ultima apparizione di Al-Baghdadi, in ordine di tempo, risale al noto video di propaganda del 29 aprile e va ricordato che quella fu la prima prova che il califfo non fosse morto dopo cinque anni di “misteriosa” assenza. Dopo la proclamazione, nel 2014, dalla moschea di Mosul, della nascita del califfato dell’Isis e della auto proclamazione di Califfo (ben guidato?), il suo leader è stato annunciato diverse volte morto, sempre a seguito di attentati o azioni militari.

Come viene dichiarato dall’ufficio stampa di Donald Trump, il test del Dna ha provato “al 100 per cento” l'identità dell’ex capo del gruppo jihadista salafita; ma si tiene a chiarire che Abū Bakr al-Baghdādī non è stato ucciso dalle forze speciali statunitensi, ma “preso vigliaccamente dal terrore” si sarebbe fatto esplodere innescando gli esplosivi della sua “cintura” intanto che si stava nascondendo in un tunnel, provocando, oltre che la frammentazione del suo corpo e sembra quella dei suoi tre figli, anche il crollo del tunnel medesimo. Da quanto riportato possiamo immaginare la difficoltà nel determinare l’identità dei “residui umani” delle vittime presenti tra le macerie del tunnel crollato, ipotizzando, come sostengono fonti russe, che sarebbe bastato un frammento di un consanguineo per mettere in dubbio la certezza del risultato del Dna. Durante la sua trionfale allocuzione, Donald Trump ha ringraziato Russia, Siria, Iraq, Turchia e curdi per il loro aiuto, affermando, che nessuno era a conoscenza del raid e che questi Paesi hanno avuto essenzialmente un ruolo di “assistenza di intelligence”. Riferendosi al ruolo dei curdi ha dichiarato, che le forze curde in Siria hanno condotto “lavori di intelligence congiunti” con Washington, determinanti per una capillare conoscenza del “sistema” jihadista residuo, così come il ruolo della Turchia che ha lavorato “in coordinamento” con gli Stati Uniti. Dopo i recenti drammatici fatti che hanno visto la Turchia invadere l’area nord siriana e irachena controllata dai peshemerga, causando morti fra i combattenti curdi, sia nel confine siriano che a Diyala in Iraq e che grazie alla Russia non si sono verificati effetti devastanti maggiori, sembra, il riconoscimento di collaborazione  con i curdi, un “contentino” diplomatico per l’affronto subito con l’abbandono Usa della aree sotto il controllo curdo.

Va tuttavia ricordato che lo Stato islamico ha subito la sconfitta definitiva da parte dell'esercito governativo siriano con il sostegno delle forze aeree russe, all'inizio del 2018, in quel caso A Abū Bakr al-Baghdādī fu ucciso politicamente e militarmente; ad oggi la dichiarazione che il “Califfo” è morto non ha alcun significato operativo ne strategico per la situazione in Siria o per le azioni dei restanti terroristi a Idleb e dintorni. L’operazione militare del 2 maggio 2011, quando fu annichilito un altro leader jihadista  Osama bin Laden, leader di al-Qaeda ucciso dalle forze speciali statunitensi in Pakistan, dimostra, che anche in quel caso, la morte del leader non ebbe effetti nell’annichilimento del suo gruppo jihadista di riferimento, ma fu tuttavia una importante “pubblicità politica” per il Presidente Obama, come ritengo potrebbe essere un utile “pubblicità politica” quella dell’ipotetica ”uccisione” di al-Baghdadi per la “traballante e ondivaga” figura di Donald Trump, specialmente dopo la discutibile “operazione curda”.

Aggiornato il 28 ottobre 2019 alle ore 16:15