La Tunisia di Saïed ed il “conservatorismo laico”

Domenica 13 ottobre oltre sette milioni di elettori tunisini sono stati chiamati alle urne per votare per il nuovo Presidente, scegliendo tra i due contendenti usciti dal ballottaggio della prima tornata elettorale, Kaïs Saïed e Nabil Karoui. Dopo il primo turno, del 15 settembre e le elezioni legislative del 6 ottobre, sono state le terze elezioni in un mese. Un programma denso, obbligato dalla morte improvvisa del Presidente in carica, Béji Caïd Essebsi.

La “sentinella d’Europa” ha scelto il costituzionalista Kaïs Saïed ampiamente preferito al magnate dei media Nabil Karoui, la proclamazione ufficiale dei risultati, pubblicati dell’Autorità Superiore Indipendente per le Elezioni (Isie), vede una netta sconfitta di Karoui, amaramente in silenzio di fronte a un gap intorno ai 50 punti. Intanto l’Isie ha resi noti i dati sulla partecipazione, che è stata del 58,5%, in leggero calo rispetto alle elezioni presidenziali del 2014 (64%), ma molto più alta nel ballottaggio che nel primo turno.

La campagna elettorale è stata vissuta dal popolo tunisino in un clima confuso e molto condizionato dalle vicissitudini giudiziarie di Nabil Karoui; l’aspetto politico della “sfida”, basato su programmi ed obiettivi, è stato spesso preso di sopravvento da quello giuridico, a causa della detenzione di Karoui accusato di riciclaggio di denaro e di evasione fiscale, arrestato ed imprigionato il 23 agosto e rilasciato mercoledì 9 ottobre, che tuttavia non gli ha impedito di qualificarsi per il secondo turno. Karoui è un uomo televisivo influente nel mondo della comunicazione, è supportato in particolare dall’ex partito presidenziale Nidaa Tounes, la sua non elezione a presidente influirà sulla concezione modernista del Paese, anche se la statura politica e culturale di Saïed verosimilmente incarna quello che il popolo maggiormente desidera, cioè la lotta alla corruzione.

Il sessantunenne Saïed ha una formazione giuridica di altissimo livello: studi avanzati in Diritto pubblico internazionale presso la Facoltà di giurisprudenza di Tunisi, diplomato all’Accademia internazionale di diritto costituzionale e presso l’Istituto internazionale dei diritti umani di Sanremo in Italia. Professore alla Facoltà di Giurisprudenza di Sousse nel 1986, poi alla Facoltà di Scienze giuridiche di Tunisi nel 1999. Ha fatto parte dello staff del Segretario generale della Lega araba ed esperto presso l’Istituto arabo per i diritti umani. Ha ricoperto la carica di Segretario generale e vicepresidente dell’Associazione tunisina di diritto costituzionale; inoltre è membro del Consiglio scientifico e del Consiglio di amministrazione dell’Accademia Internazionale di Diritto costituzionale e presidente del Centro di Diritto costituzionale di Tunisi per la democrazia; dati che denotano un profilo laico che vede nel Diritto (piuttosto che nella sharia), la “norma” di organizzazione di uno Stato.

Come si è visto dai canali televisivi e dai sistemi di informazione della Tunisia, dopo i primi sondaggi pubblicati dai due massimi istituti di statistica tunisini, Emrhod e Sigma, Avenue Bourguiba si è “riempita” della gioia dei sostenitori di Kaïs Saïed che contestualmente ha ringraziato e tracciato il percorso del suo mandato: per primo ha esaltato il concetto di libertà, dichiarando che: “Il nostro progetto si basa sulla libertà”, indugiando soprattutto sulla libertà di scelta del candidato, fattore non scontato nell’ambito delle “democrazie condizionate”; ringraziando i cittadini “che hanno appena aperto una nuova pagina di storia... Il popolo tunisino ha dato una lezione al mondo, offrendo una nuova lettura della rivoluzione”, aggiungendo che:
“Oggi la volontà dei tunisini si è avverata. Siamo consapevoli di ciò che promettiamo e conosciamo le nostre responsabilità... Dobbiamo costruire relazioni basate sulla fiducia, lavoreremo nel quadro della Costituzione e sosterremo le cause giuste tra cui quella della Palestina... Dobbiamo lavorare per stabilire nuove relazioni con nazioni e popoli, questa rivoluzione porta con sé una dimensione umana e una serie di principi su cui siamo tutti d’accordo”.

 Quello che emerge, dal punto di vista “ideologico e politico”, è la ventata di populismo che ha espresso il popolo tunisino; la replica sismica della famosa “Primavera araba tunisina” del 2011, che purtroppo si è dimostrata essere un “inverno arabo”. Saïed è giudicato un uomo anti-sistema (come anche Karoui), nell’attuazione del suo programma annuncia maglie più larghe per l’applicazione della pena di morte; una capillare diffusione in tutto il Paese dei servizi idrici e della corrente elettrica; maggiore possibilità di rapporti tra cittadini nell’ambito dei Paesi arabi; una riforma della Costituzione basata sul rovesciamento della piramide di poteri a favore di “Consigli locali” e a spese del “livello centrale”. Un motivo di perplessità riguarda il suo preteso conservatorismo morale e religioso, che non nasconde la sua ostilità alla depenalizzazione dell’omosessualità e all’uguaglianza tra uomo e donna avuti in eredità. Inoltre il sovranismo di Saïed, che attinge alle fonti del nazionalismo arabo, potrebbe dare sostegno alla già menzionata “causa palestinese”, che aprirebbe comunità di intenti con Nazioni e “gruppi” politici che della “causa” fanno la loro “ragione di vita” e allontanando (in teoria) gli Stati che la “causa palestinese” non “sponsorizzano”.

La presenza in Tunisia del “gruppo politico” di Anṣār al-Sharīa,ʿespressione del salafismo jihadista, l’influenza dei Fratelli Musulmani in molte comunità marginali del Paese e ricordando il turista francese ucciso ieri al grido di Allahu Akbar, fa prevedere che la strada di Saïed potrebbe essere “cosparsa” di compromessi. La rivoluzione di “Robocop” fa riferimento ad un “conservatorismo laico” che per approvare le riforme dovrà governare con l’appoggio di un partito islamo-conservatore, “connubio” ben distante dal quel “socialismo arabo” filo baathista (Partito Baʿth, Partito del Risorgimento Arabo Socialista) e da quella lontana ideologia socialista che vedeva nella “craxizzazione” del Nord Africa le uniche modalità politiche utili ad un riconosciuto e “relativistico” equilibrio sociale.

Detto questo, l’Europa dovrà confrontarsi con questa “nuova” Tunisia, forse non “immaginata attraverso il prisma del suo paradigma liberale”; Saïed non sarà quel Presidente della “Sentinella d’Europa” sperato, ma rappresenta inconfutabilmente il desiderio della maggioranza del popolo tunisino.

Aggiornato il 15 ottobre 2019 alle ore 11:51