Catalogna, da 9 a 13 anni ai leader indipendentisti

In Catalogna si riaccendono le proteste per le condanne a 12 leader indipendentisti. A Barcellona, la polizia riesce a fatica a contenere la folla inferocita. La Corte suprema spagnola ha emesso condanne comprese tra i 9 ai 13 anni di carcere, fra cui l’ex vicepremier Oriol Junqueras.

Sono stati riconosciuti colpevoli di sedizione e appropriazione indebita, ma non è stato provato il reato più grave di ribellione, per il quale l’accusa aveva chiesto 25 anni. Un altro giudice iberico ha emesso un nuovo mandato d’arresto internazionale per l’ex presidente catalano Carles Puigdemont, fuggito in Belgio, con l’accusa di ‘sedizione’ e ‘appropriazione indebita’ per la fallita secessione catalana dell’ottobre 2017.

Il carcere è stato comminato a nove dei 12 imputati, già in detenzione preventiva: oltre a Junqueras, la ex speaker del Parlamento catalano Carmen Forcadell, i leader indipendentisti Jordi Sànchez e Jordi Cuixart, e gli ex ministri catalani Dolors Bassa, Joaquim Forn, Raul Romeva, Jordi Turull e Josep Rull. Gli altri tre imputati, a piede libero, Carles Mundó, Meritxell Borràs, Santi Vila, sono stati condannati a delle ‘ammende’. La sentenza mette fine a due anni di processo, iniziato esattamente due anni fa e durato quattro mesi, con 52 udienze trasmesse in diretta streaming online.

Puigdemont ha tenuto una diretta Facebook da Waterloo, in Belgio. “Non ci fermeranno – ha detto – fino a quando non raggiungeremo finché non annulleremo tutti gli effetti della repressione e respireremo la libertà”. L’ex presidente della Generalitat ha inviato i catalani ad una nuova mobilitazione anche in vista delle elezioni del 10 novembre. “Non c’è altra via – ha detto – che un nuovo referendum nel quale possiamo dire ciò che vogliamo e come lo vogliamo. Devono sapere che non accettiamo una soluzione basata su repressione e condanne”.

“Ad essere condannati dovrebbero essere chi quel giorno ha ordinato l’aggressione indiscriminata contro cittadini pacifici che non hanno commesso alcun crimine ma hanno solo votato”. Lo scrive in due lettere spedite al premier spagnolo Pedro Sanchez e al re Felipe VI il presidente della Generalitat, Quim Torra, definendo le sentenze contro i leader catalani “ingiuste”. Nelle missive il president ricorda che i condannati hanno trascorso due anni in “una detenzione preventiva vergognosa e crudele, per aver difeso il voto e il diritto di decidere il futuro di un intero popolo”. “Con loro, oggi sono stati condannati il popolo della Catalogna e il suo diritto all’autodeterminazione – scrive ancora –. Con la decisione della Corte Suprema la democrazia spagnola ha perso credibilità”.

Intanto, il Barcellona scende in campo contro le condanne decise dalla Corte suprema spagnola a 12 leader indipendentisti catalani. “La pena preventiva – scrive la società blaugrana, schierata con la causa indipendentista – non ha aiutato a risolvere il conflitto, non lo farà la pena detentiva inflitta ora, perché la prigione non è la soluzione. La risoluzione del conflitto in Catalogna deve provenire esclusivamente dal dialogo politico. Il club chiede ai leader politici di condurre un processo di negoziazione che dovrebbe consentire la liberazione di leader civili e politici condannati”.

Il premier spagnolo Pedro Sanchez, in un intervento tivù dopo la condanna degli indipendentisti catalani, ha detto che “adesso abbiamo bisogno di aprire un nuovo capitolo basato sulla coesistenza pacifica in Catalogna attraverso il dialogo nei limiti della legge e della Costituzione spagnola”. Secondo Sanchez, “nessuno è al di sopra della legge. In Spagna non ci sono prigionieri politici ma piuttosto alcuni politici in prigione per aver violato leggi democratiche”.

Il premier spagnolo ha annunciato che “il governo continuerà a lavorare per risanare le fratture creata dal movimento separatista in una società sfaccettata”. Nei prossimi giorni, ha sottolineato Sanchez, “lavoreremo per garantire l’ordine pubblico e proteggere le nostre leggi democratiche. Risponderemo in maniera adeguata a qualsiasi violazione e ci impegneremo a ricostruire l’unità di tutti i partiti politici impegnati a difendere la Costituzione”.

La portavoce Mina Andreeva ha detto che la “Commissione europea non commenta le sentenze dei tribunali nazionali. Su questo tema la nostra posizione è nota e rimane la stessa, non è cambiata. Il tema per noi resta una questione interna alla Spagna che deve essere trattata in funzione del suo ordine costituzionale. La Commissione rispetta l’ordine costituzionale spagnolo inclusa la decisione dei tribunali spagnoli”. Andreeva ha poi ricordato che “il diritto a manifestare pacificamente è garantito in tutta Europa”.

Aggiornato il 14 ottobre 2019 alle ore 18:23