Brexit, Johnson sfida il Parlamento senza maggioranza

martedì 3 settembre 2019


Boris Johnson non ha più la maggioranza alla Camera dei Comuni. L’ex sottosegretario Philip Lee, un oppositore della Brexit, è passato al gruppo di opposizione dei Liberaldemocratici. È quanto ha annunciato la leader LibDem, Jo Swinson. Questo importante elemento non implica la caduta automatica del governo, che può avvenire solo con un voto di sfiducia dell’aula. Eppure, Boris Johnson non pare accusare il colpo e ribadisce di volere “attuare la Brexit il 31 ottobre”. Di più. Contesta apertamente la legge anti-no deal che gli oppositori intendono presentare oggi come un simbolo “della resa di Jeremy Corbyn” di fronte a Bruxelles e avverte che non l’accetterà “mai”.

Oggi è iniziata l’ennesima resa dei conti sulla Brexit. È stato riaperto il Parlamento britannico, dopo la pausa estiva e prima della sospensione delle prossime settimane. Il premier britannico affronta i suoi contestatori interni al Partito conservatore.

È prevista una prima sfida sulla mozione che mira a sottrarre il controllo del calendario al governo. L’intenzione è di mettere ai voti domani la legge anti-no deal promossa dai partiti di opposizione e da un gruppo di ribelli Tory moderati. L’obiettivo è cercare di obbligare l’esecutivo a chiedere a Bruxelles un nuovo rinvio di tre mesi dell’uscita dall’Ue alla scadenza del 31 ottobre, in mancanza di un accordo di divorzio.

Johnson ha detto ieri di non essere disposto a negoziare alcuna ulteriore proroga, ma gli oppositori sembrano poter avere i numeri per far passare la legge. Scenario dinanzi al quale il premier ha avvertito d’esser pronto a presentare una mozione di scioglimento della Camera dei Comuni per indire elezioni anticipate a metà ottobre: mozione che andrebbe peraltro sostenuta da due terzi dell’aula.

La minaccia di espulsione dal partito non intimidisce almeno una parte dei deputati Tory ribelli, decisi a unirsi al Labour e alle altre forze di opposizione contro la linea del premier. In prima fila, fra i contestatori, resta Philip Hammond, ex cancelliere dello Scacchiere di Theresa May, che ha sfidato Johnson a dimostrare i progressi negoziali con l’Ue, alla ricerca d’un nuovo accordo di divorzio.

Hammond si è detto fiducioso che la legge possa essere approvata e ha inoltre avvertito d’essere pronto a dare battaglia contro la sua possibile non ricandidatura elettorale, aggiungendo in ogni caso di voler privilegiare “l’interesse nazionale alla carriera”. Un’altra Tory dissidente, l’ex ministra Justine Greening, ha pure confermato il proprio dissenso da Johnson, rinunciando da parte sua spontaneamente a ricandidarsi in caso di elezioni.

I laburisti britannici attaccano frontalmente il premier. “Il Labour – ha detto Jeremy Corbyn – vuole le elezioni come tutti gli altri partiti di opposizione. Ma la priorità ora è fermare un’uscita senz’accordo dall’Ue al 31 ottobre e di contrastare la linea sulla Brexit di Boris Johnson”.

La linea dei laburisti è stata espressa dall’anziano leader nel corso di una riunione con i capi dell’intero fronte delle formazioni parlamentari d’opposizione. Durante il vertice le varie forze (laburisti, liberaldemocratici, indipendentisti scozzesi e gallesi, verdi e centristi) si sono coordinate per garantire il sostegno alla legge anti-no deal che gli oppositori di Johnson si propongono di mettere in agenda oggi.


di Ugo Elfer