La lotta alla mutilazione genitale femminile tra magia, tabu, tradizioni e religione

Gli studi geopolitici nell’ambito afro-arabo, conducono necessariamente ad “incontrare” gli aspetti più “intimi” delle società analizzate, legati a tradizioni, a magie, a consuetudini,  a modalità comportamentali annodate anche a credo religiosi. Nella traccia di questi studi (come per gli studi inerenti il “Corps Eexpéditionnaire Français en Italie, CEF – goumier, “marocchinate”) ho sempre avuto “frizioni interiori” a palesare quanto gli studi e la ricerca svelavano, ma per “dovere di conoscenza”, per una visione più ampia e visto che degli sviluppi postivi sembra stiano maturando, farò alcune riflessioni sull’aberrante “usanza” delle mutilazioni genitali femminili (FGM) in queste aree. Va detto che tale pratica mutilatoria ha radici difficilmente definibili, potremmo “generalizzarla” come un rituale di “iniziazione su basi consuetudinarie e sociologiche confuse” che determinano un “controllo sulla donna” da parte della famiglia, poi del futuro marito; controllo ovviamente della vita sessuale, della fedeltà e del corpo, ma anche l’accesso al “riconoscimento sociale”. Tale pratica, con le sue quattro modalità di “esecuzione”, ha oggi una diffusione nell’ambito dell’Africa, dei paesi del Vicino Oriente e parte asiatici (Indonesia e Malesia), particolarmente presente nei paesi di Religione islamica, ma anche tra le popolazioni africane legate a profonde percezioni della superstizione e della magia. Storicamente le FGM erano presenti anche in occidente, ma nel XIX secolo, dopo essere state “mascherate” da terapia medica, sono ufficialmente scomparse.      

L’Agenzia per lo Sviluppo dell'Unione Africana, rappresentata e per voce dall’attivissima Fati N'Zi Hassane, rivela che per lo sradicamento di questa “consuetudine” si necessita un coinvolgimento educativo della società civile, aggiunto ad una pregnante volontà politica. In generale, in Africa, le mutilazioni genitali femminile su bambine in età compresa da pochi mesi a quindici anni, sono in netta diminuzione, anche se il continente ha una demarcazione netta tra la sua parte occidentale ed orientale: secondo l’Unicef  l’area orientale che comprende il Corno d’Africa, Somalia e Mauritania e la fascia del Sahel, non ha recepito un calo considerevole di tale “usanza”, mentre la parte dell’Africa occidentale, dal 1995 al 2017 ha avuto un calo di queste mutilazioni dal 71% al 8%.      
Tuttavia, le statistiche dell'Ufficio Regionale del Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (UNFPA), rendono noto che il cambiamento è visibile se si analizzano le generazioni: in Burkina Faso (50% musulmani, il restante diviso tra cristiani 32% e animisti), il tasso è sceso dall'87,4% tra le donne tra i 45-49 anni al 42,4% tra le 15-19 anni; anche in Nigeria (divisa circa a metà tra cristiani e musulmani), il tasso è passato dal 35,8% nelle donne con età tra 45 e 49 anni, al 15,3% tra le donne di età compresa tra 15 e 19 anni.

Che la politica abbia un ruolo fondamentale nel contrasto alle ”mutilazioni” lo si nota dalle iniziative giuridiche che il Burkina Faso ha adottato attuando metodi di controllo efficacie, sia sulla la prevenzione, che sulla repressione. Infatti sono state  create delle “pattuglie comunitarie", composte da vigili, che hanno la “missione” di contattare le comunità e le famiglie, dove notoriamente si osserva la pratica mutilatoria, ed operare in modo da dissuadere ed educare, anche palesando le drammatiche conseguenze sia fisiche che psichiche che le bambine subiscono, mettendo a conoscenza che le normative di legge prevedono tra sei mesi e tre anni di reclusione e multe fino a oltre 1.000 dollari per “massacratrici e massacratori chirurghi” ed i loro complici (familiari e amici di famiglia). E’stata istituita anche una linea telefonica, denominata SOS Excision, che permette, in anonimato, di allertare le autorità competenti; è questa modalità che ha consentito di denunciare molti colpevoli di tali reati e condannare il 75% dei casi scoperti tramite la linea “SOS”. Risulta che tra il 2010 ed il 2017, secondo i dati del Ministero della Giustizia del Burkina Faso, quasi quattrocento persone, tra cui una quarantina di “mutilatori”, sono stati condannati per questo reato.

Le leggi contro le mutilazioni genitali, se escludiamo Mali e Sierra Leone (che influenzano Liberia e Guinea), vigono in tutta l’Africa, le ambiguità, come accennato, riguardano l’interpretazione; in Egitto, vietata dal 2008, (negli anni novanta a seguito di una fatwa, decreto religioso, emanata dal vertice della moschea di Al-Azhar, un'istituzione dell'Islam sunnita, gli imam avevano l’obbligo di denunciare chi non praticava le escissioni) dove i tassi di mutilazioni sono intorno al 95%, la decisione può essere presa dal medico, ufficialmente “per motivi legati alla salute”, ma ufficiosamente “indotta” dai familiari.

Comunque lo sforzo rimane insufficiente, gli effetti delle FGM sulle bambine/donne sono notoriamente drammatici: morte, infezioni, dolore, emorragia, sofferenza  durante i rapporti sessuali e complicazioni durante il parto; ma anche le gravissime e difficilmente studiabili, ripercussioni sulla psiche: stress post-traumatico, scomparsa quasi irreversibile del sorriso, incubi, malattie psicosomatiche, depressione, suicidio.  Tuttavia molte adolescenti, plagiate e sopraffate dalla tradizione accettano e spesso auspicano la loro “tahruha”, purificazione.  

La complessità della società interessata vede anche le FGM (ma anche altre mutilazioni maschili anche non genitali), legati a riti di iniziazione che danno l’accesso all’età adulta ed a un pieno riconoscimento nella collettività, come in Sierra Leone, dove le società segrete come "Bondo" (dedite a riti di iniziazione su bambine), hanno un ruolo di primo piano nella vita sociale, religiosa e politica di ogni comunità considerando che, come afferma il professor Joe Alie del Dipartimento di Studi Africani dell'Università della Sierra Leone, oltre il 90% della popolazione è interessata da questi riti ancestrali e segreti.

In molti paesi di Religione islamica, si applica la mutilazione genitale, essa viene richiamata come usanza religiosa, da alcuni ulema (dottori della legge) giudicata congruente alla fede, per altri contrastante con i dettami dell’islam; ha affermato Abdou Aziz Kane, membro dell'Associazione Nazionale degli Imam e degli ulema del Senegal, nell’ambito di una recente conferenza che ha visto riunite più di 500 membri di ONG, associazioni delle vittime dell’FGM, funzionari governativi di molti  Paesi afro-arabi, istituzioni sopranazionali, come la Banca Mondiale, Amnesty International, che le mutilazioni genitali, generalmente eseguite prima dei 7 anni, "costituiscono un pericolo e una violazione dell'integrità fisica delle donne" (Agence France Press- AFP-): "I predicatori devono alzare la voce per sensibilizzare su questi problemi". Recentemente il “vicario” della Moschea Al-Azhar, al Cairo, ha emesso un fatwa che vieta i matrimoni anticipati, affermando che "l'età minima della maturità" per le ragazze deve essere di 18 anni, inoltre condanna le usanze mutilatorie (in contrasto con i pronunciamenti dei Fratelli Musulmani). La coordinatrice di Safe Cam Girls in Gambia, Lisa Camara ha affermato che: "Le credenze sono ancora un grosso problema sul campo perché la gente pensa che queste pratiche siano obblighi religiosi".

Nell’articolata “sabbiosa miscellanea sociologica” che vede tradizioni, religione, consuetudini, credenze, sadismo e magia, avviluppate intorno alla sorte di una bambina/donna, l’unica ricetta che possa frenare le FGM è un cambiamento che deve provenire dalla società civile, “politica, cultura e religione”, ricordando quanto scritto da Nawal El Saadawi, attivissima sostenitrice dell’abolizione delle mutilazioni genitali: “L’infibulazione non trova fondamento in nessuna religione, …. ma nessuna sfuggiva a questo destino, né la bambina che credeva in Gesù, né quella che credeva in Allah”.

Oggi nel mondo, considerando l’enorme difficoltà ad avere dati certi, si contano circa centotrentacinque milioni di donne “mutilate dei genitali”, ma nel “buio” delle superstizioni e nella parzialità dei monitoraggi (UNICEF, UNFPA, A.I.) si stimano anche duecento milioni.

Aggiornato il 19 agosto 2019 alle ore 14:08