La Turchia minaccia di riaccendere la crisi migratoria europea

venerdì 9 agosto 2019


La Turchia ha minacciato di riaprire le porte dell’immigrazione di massa in Europa, a meno che ai cittadini turchi non venga concessa la possibilità di recarsi nei paesi dell’Unione europea senza dover richiedere il visto. L’Ue si è detta favorevole alla liberalizzazione dei visti in un accordo sui migranti Ue-Turchia del marzo 2016, in cui Ankara si impegnava ad arginare i flussi migratori verso l’Europa.

I funzionari europei insistono sul fatto che se la Turchia ha ridotto il flusso di migranti non ha ancora soddisfatto tutti i requisiti per la liberalizzazione dei visti. Inoltre, il 15 luglio, i ministri degli Esteri dell’Unione europea hanno deciso di sospendere i colloqui ad alto livello con Ankara, come parte delle sanzioni contro le attività di trivellazione di gas e petrolio condotte dalla Turchia al largo delle coste di Cipro.

In un’intervista al canale televisivo turco Tgrt Haber del 22 luglio, il ministro degli Esteri turco Mevlut Çavuşoğlu ha dichiarato che la Turchia si sta ritirando dall’accordo sui migranti poiché l’Ue non ha rispettato il suo impegno a garantire ai titolari dei passaporti turchi il libero accesso senza visto a 26 paesi europei. “Abbiamo sospeso l’accordo di riammissione”, egli ha detto. “Non aspetteremo alla porta dell’Ue”.

Il giorno prima, il ministro dell’Interno turco Süleyman Soylu aveva accusato i paesi europei di lasciare la Turchia da sola a dover affrontare la questione migratoria. Nei commenti pubblicati dall’agenzia di stampa statale Anadolu Ajansi, Soylu ammoniva: “Siamo di fronte alla più grande ondata migratoria della storia. Se aprissimo le porte, nessun governo europeo sarebbe in grado di sopravvivere per più di sei mesi. Consigliamo loro di non mettere alla prova la nostra pazienza”.

L’accordo sulla migrazione, entrato in vigore l’1 giugno 2016, è stato negoziato in tutta fretta dai dirigenti europei nel disperato tentativo di esercitare il controllo di una crisi in cui nel 2015 oltre un milione di migranti si sono riversati in Europa.

Ai sensi dell’accordo, l’Ue si è impegnata a erogare alla Turchia 6 miliardi di euro, a garantire a 82 milioni di cittadini turchi di potersi recare in Europa senza dover richiedere il visto e a riavviare i colloqui di adesione affinché la Turchia possa unirsi all’Ue. In cambio, Ankara ha accettato di arrestare i flussi di migranti verso l’Europa e di riprendersi tutti i migranti e i profughi che raggiungono illegalmente la Grecia dalla Turchia. Attualmente, la Turchia ospita circa 3,5 milioni di migranti e profughi – soprattutto siriani, iracheni e afgani. Molte di queste persone migrerebbero presumibilmente in Europa, se avessero l’opportunità di farlo.

In risposta ai commenti di Çavuşoğlu, il portavoce dell’Ue Natasha Bertaud ha ribadito che il costante rispetto dell’accordo sui migranti Ue-Turchia da parte di Ankara resta uno dei presupposti per la liberalizzazione dei visti e per l’adesione all’Unione europea.

In applicazione dell’accordo, i funzionari europei avevano promesso di accelerare il processo per abolire l’obbligo del visto per i cittadini turchi per recarsi nell’area Schengen (con confini aperti) entro il 30 giugno 2016 e di riavviare i colloqui di adesione della Turchia all’Ue entro la fine di luglio del 2016. Per ottenere l’abolizione dei visti, Ankara avrebbe dovuto rispettare appieno 72 criteri entro il 30 aprile 2016. Tali criteri includono: l’adeguamento delle caratteristiche di sicurezza dei passaporti turchi agli standard dell’Unione europea; la condivisione di informazioni in merito ai documenti falsi e contraffatti utilizzati per viaggiare in Ue e la concessione di permessi di lavoro ai migranti non siriani in Turchia.

I funzionari europei affermano che sebbene la Turchia abbia soddisfatto la maggior parte delle condizioni non ha rispettato quella più importante: ammorbidire le severe leggi antiterrorismo, che vengono utilizzate per mettere a tacere i gli oppositori del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan.

Dopo il fallito colpo di Stato turco del 15 luglio 2016, più di 95mila cittadini turchi sono stati arrestati e almeno 160 mila dipendenti pubblici, insegnanti, giornalisti, agenti di polizia e soldati sono stati licenziati o sospesi da varie istituzioni statali. In risposta all’epurazione, il 13 marzo 2019, il Parlamento europeo ha chiesto la sospensione dei negoziati di adesione con la Turchia. “Sebbene il processo di adesione all’Ue sia stato in un primo periodo un elemento di forte motivazione per l’attuazione di riforme in Turchia, negli ultimi anni si è registrato un netto regresso nei settori dello Stato di diritto e dei diritti umani”, secondo il testo adottato.

Nel settembre del 1963, fu promessa per la prima volta alla Turchia l’adesione all’Ue, quando Ankara firmò un “accordo di associazione” volto a stabilire un’unione doganale per aprire la strada all’eventuale adesione all’Ue. La Turchia ha formalmente presentato domanda di adesione all’Unione europea nell’aprile del 1987 e i negoziati sull’adesione iniziarono nell’ottobre del 2005. I colloqui di adesione all’Ue furono congelati nel dicembre del 2006 dopo che il governo turco si rifiutò di aprire i porti e gli aeroporti turchi per gli scambi commerciali da Cipro. Da allora, i colloqui sono proseguiti a intermittenza, ma il processo ha subìto una battuta d’arresto a causa dell’opposizione politica da parte di Francia e Germania, tra gli altri.

Se la Turchia dovesse unirsi all’Ue, supererebbe la Germania per diventare il più grande membro dell’Unione europea in termini di popolazione. Di conseguenza, il più grande Stato membro dell’Ue sarebbe musulmano. Alcuni funzionari europei hanno avvertito che l’adesione all’Ue indurrebbe l’Europa a “implodere” e ad essere “islamizzata”.

L’ex presidente francese Nicolas Sarkozy ha dichiarato che non c’è posto per la Turchia nell’Ue. In un’intervista del febbraio 2016 al canale di informazione francese iTélé, Sarkozy espresse dei sentimenti che sono presumibilmente condivisi da molti europei: “Per la Turchia non c’è posto in Europa. Ho sempre difeso questa posizione, si basa sul buonsenso. Questo non significa che ho qualcosa contro i turchi. Ne abbiamo bisogno, sono i nostri alleati nella Nato. Ma se poi cominciamo a spiegarlo – che la Turchia è in Europa – gli studenti delle scuole europee dovranno essere informati del fatto che il confine europeo risiede in Siria. Dov’è il buonsenso? Non è soltanto questo. Qual è l’idea alla base dell’Europa? L’Europa è un’unione di Paesi europei. La domanda è molto semplice, anche in senso geografico, la Turchia è un Paese europeo? La Turchia ha una sola sponda del Bosforo in Europa. La Turchia può essere considerata un paese europeo dal punto di vista culturale, storico ed economico? Se lo dicessimo, vorremmo la morte dell’Unione europea”.

Il 9 maggio 2019, Erdoğan ha affermato che la Turchia si è impegnata a unirsi all’Ue. In una dichiarazione, il ministero degli Esteri turco ha osservato: “La Turchia conferma il suo impegno a perseguire l’obiettivo di far parte dell’Ue e continuerà a impegnarsi al riguardo. (...) La nostra aspettativa da parte dell’Ue è quella di trattare la Turchia su un piano di parità con gli altri paesi candidati e di rimuovere le barriere politiche sulla via dei negoziati che si ritiene essere una procedura tecnica... Sebbene i nostri negoziati di adesione siano politicamente bloccati, la Turchia prosegue nei suoi sforzi per allinearsi agli standard dell’Ue. Nella riunione odierna, abbiamo illustrato gli sviluppi attuali in Turchia e concordato le misure da adottare nel prossimo futuro. Il completamento del processo del Dialogo sulla liberalizzazione dei visti che consentirà ai nostri cittadini di recarsi nell’area Schengen senza visto, è la nostra priorità assoluta”.

Anche se la Turchia si conformasse a tutte le richieste dell’Ue, sembra improbabile che ai cittadini turchi venga concesso di viaggiare a breve senza visto. Il 15 luglio, i ministri degli Esteri dell’Unione europea hanno formalmente collegato i progressi delle relazioni tra Turchia e Ue a Cipro. Una misura adottata dal Consiglio europeo il 15 luglio stabilisce: “Il Consiglio deplora che, nonostante i ripetuti inviti dell’Unione europea a cessare le sue attività illegali nel Mediterraneo orientale, la Turchia prosegua le trivellazioni a ovest di Cipro e abbia avviato una seconda trivellazione a nord-est dell’isola nelle acque territoriali cipriote. Il Consiglio ribadisce il grave impatto negativo immediato che tali azioni illegali hanno nell’ambito delle relazioni Ue-Turchia. Chiede ancora una volta alla Turchia di astenersi da tali azioni, di agire in uno spirito di buon vicinato e di rispettare la sovranità e i diritti sovrani di Cipro conformemente al diritto internazionale… Alla luce delle attività di trivellazione illegali della Turchia, protratte nel tempo e anche nuove, il Consiglio decide di sospendere i negoziati sull’accordo globale sul trasporto aereo e conviene di non tenere, per il momento, il consiglio di associazione né ulteriori riunioni dei dialoghi ad alto livello tra l’Ue e la Turchia. Il Consiglio approva la proposta della Commissione di ridurre l’assistenza preadesione alla Turchia per il 2020”.

I funzionari europei possono essere giustificati nell’assumere una posizione rigida contro la Turchia, ma Ankara è nella posizione giusta per creare caos all’Unione europea, se decidesse di farlo. In effetti, l’Europa sembra essere intrappolata in una situazione senza via d’uscita. Se l’Ue approva l’abolizione dei visti, dieci milioni di turchi otterranno un accesso immediato e senza ostacoli all’area europea di libera circolazione. Coloro che sono contrari alla liberalizzazione dei visti temono che milioni di cittadini turchi possano finire per emigrare in Europa. La rivista austriaca Wochenblick ha riportato la notizia che 11 milioni di turchi vivono in povertà e “molti di loro sognano di trasferirsi nell’Europa centrale”.

Altri ritengono che Erdoğan consideri l’abolizione dell’obbligo di visto come un’opportunità per “esportare” il “problema curdo” in Germania. Markus Söder, leader dell’Unione cristiano-sociale, il partito gemello bavarese dell’Unione cristiano-democratica della cancelliera tedesca Angela Merkel, ha messo in guardia sul fatto che milioni di curdi sono pronti ad approfittare dell’abolizione dei visti per recarsi in Germania e sfuggire alle persecuzioni per mano di Erdoğan: “Stiamo importando un conflitto turco interno. Alla fine, pochi migranti arriveranno in barca, ma molti altri arriveranno in aereo”.

D’altro canto, se l’Unione europea rifiutasse di concedere l’abolizione dei visti e la Turchia reagisse riaprendo le porte, in fieri, centinaia di migliaia di migranti provenienti dall’Africa, dall’Asia e dal Medio Oriente potrebbero ricominciare a riversarsi in Europa.

(*) Gatestone Institute

Traduzione a cura di Angelita La Spada

 


di Soeren Kern (*)