Algeria: cercasi Presidente

venerdì 12 luglio 2019


Martedì 9 luglio sono scaduti i novanta giorni stabiliti dalla Costituzione algerina, articolo 102, per indire le elezioni dopo le dimissioni, forzate, di Abdelaziz Bouteflika, avvenute ad aprile.

Gli organi legislativi algerini, visto il contesto politico e sociale estremamente delicato, stanno valutando quale opzione, conforme alla Costituzione, “revisione costituzionale”, o dichiarazione di “stato di emergenza”, possa essere applicabile, in quanto ambedue le ipotesi possono legittimare il prolungamento, oltre i 90 giorni, del mandato provvisorio al Presidente della Repubblica ad interim Bensalah, che ha giurato il 9 aprile. Comunque, al momento, sembra che l’ipotesi più attendibile sia una “terza via”, extracostituzionale, quella di un prolungamento “de facto” del mandato, verosimilmente motivata dalla necessità di non esercitare troppi e articolati cambiamenti, con il rischio che vengano mal percepiti dalla popolazione algerina, che è al ventesimo venerdì di protesta. Tuttavia il fatto che i novanta giorni stabiliti dalla Costituzione non siano stati sufficienti per poter indicare la data delle elezioni presidenziali, denota un fallimento del mandato. Il Presidente ad interim aveva proposto e programmato la data del 4 luglio per tenere le elezioni presidenziali, ma la mancanza di sostegno di una parte influente della classe politica e soprattutto il rifiuto della popolazione di andare alle urne, ha impantanato il “progetto”.

I manifestanti algerini sostengono che la figura di Abdelkader Bensalah appartenga troppo al passato “sistema”, infatti nell’idea collettiva è un simbolo del “sistema”. Il 6 luglio il nuovo inquilino del palazzo di El Mouradia, sede della presidenza, ha confermato, in un discorso durato meno di dieci minuti, trasmesso sulle tv nazionali e pronunciato con tono di voce basso, che proseguirà il suo impegno nel portare a conclusione positiva il mandato conferitogli fino all’elezione di un nuovo Capo dello Stato. In detto monologo si è notata quasi un’implorazione alla collaborazione, diretta, sia alla classe politica, che alla società civile, al fine di avviare un dialogo costruttivo, che possa preparare le prossime elezioni presidenziali. Sia gli oppositori politici che i cittadini algerini, sollevano forti dubbi su questo prolungamento dell’incarico sine die, che al di là del casus giuridico, presentato dalla “fatwa”, intesa come “parere pro veritate”, del Consiglio Costituzionale, Bensalah non è stato mai ben visto nel suo incarico nonostante avesse gli estremi di Legge a suo favore. Inoltre la sua presenza sulle tv nazionali ha palesato anche una precaria forma fisica, non solo manifestata dal tono della voce non incisivo, ma anche da un aspetto piuttosto dimesso causato verosimilmente anche dallo schiacciante stress di questi ultimi tre mesi e forse non solo. Ricordo che il suo ultimo fallimento politico risale al 3 luglio, quando alla ricerca di un dialogo con le “parti” più influenti dello Stato, Bensalah ha ottenuto una serie di dinieghi, non solo dai politici, ma anche dai massimi esponenti dell’Esercito e delle Istituzioni statali, nonostante le enormi concessioni, fino a pochi mesi fa inimmaginabili, come quello di lasciare solo alla società civile ed agli altri rappresentati le “parti”, la facoltà di scegliere i componenti della commissione che organizzerà il voto. È sempre più evidente che il popolo della “strada”, che ogni venerdì manifesta nelle piazze, è un interlocutore inevitabile e influente, ed è proprio dagli studenti, dai giovani, dai cittadini e da una opposizione guardinga, che proviene ogni negazione al dialogo; la richiesta e la pretesa popolare, ormai è quella del rifiuto di quello che viene chiamato il “Bouteflikism”.

Tuttavia, in questo caos politico e normativo, sembra molto difficile poter definire il percorso per le nuove elezioni presidenziali. Come accade spesso nell’ambito delle nazioni particolarmente “sensibili” al potere militare, proprio in queste ore, l’Esercito si sta posizionando in un ruolo di garanzia alla stabilità sociale del Paese, riassumendo una funzione di “orientamento”. Infatti, il 10 luglio, il Capo di Stato Maggiore delle Forze armate algerine, Ahmed Gaïd Salah, ritenuta “ragionevole” la dichiarazione fatta dal Presidente ad interim alle tv nazionali, ha confermato l’appoggio dell’Istituzione militare al presidente Bensalah, il cui mandato è scaduto martedì, ma che, afferma, avrà il sostegno per restare a capo dello Stato in assenza di elezioni presidenziali, dipanando con “modalità imperative”, la “querelle” costituzionale ed il suo art 102.

 Settimanalmente in Algeria si riunisce il “Forum du dialogue National”, al quale presenziano le opposizioni, compresi i principali partiti islamisti; detto Forum ha presentato una piattaforma di proposte di dialogo, avanzata anche alla società civile, con l’obiettivo di “riunire”, prima di andare a negoziare con le autorità, come riferisce Ali Benflis ex primo ministro, ma come evidenziano i “membri dell’assemblea”, nulla potrà essere deciso senza il consenso della popolazione e degli imam.


di Fabio Marco Fabbri