Corea del Nord, riappare il braccio destro di Kim Jong-un

È riapparso il principale responsabile del fallimento del vertice Usa-Corea del Nord di febbraio, in Vietnam. Kim Yong-chol, secondo la ricostruzione della stampa sudcoreana, era richiuso in un campo di rieducazione. Invece, l’ex braccio destro del leader nordcoreano Kim Jong-un, è ricomparso in pubblico. La notizia è arrivata a pochi giorni delle anticipazioni di venerdì del quotidiano di Seul Chosun Ilbo, secondo cui l’ex capo dei servizi militari era finito in un’ampia epurazione e inviato in un campo di lavoro pagando il fallimento del secondo summit con gli Usa del 27-28 febbraio, ad Hanoi.

Kim, invece, è stato segnalato come presente a uno spettacolo amatoriale tenuto domenica dalle mogli di militari, seduto a sei poltrone di distanza alla destra del supremo leader, accompagnato per l’occasione dalla first lady, Ri Sol-ju. Kim Yong-chol, vice presidente del Partito dei lavoratori, ha incontrato due volte Donald Trump alla Casa Bianca nelle fasi preparatorie del secondo summit, avendo il segretario di Stato Mike Pompeo come interlocutore naturale. Sempre per il Chosun Ilbo, il capo negoziatore con gli Usa, Kim Hyok Chol, era stata giustiziato a marzo per spionaggio a favore degli Stato Uniti.

Intanto, la Corea del Nord attacca Tokyo per l’offerta del premier Shinzo Abe di un summit con il leader Kim Jong-un senza alcuna pre-condizione, muovendo l’accusa di comportarsi come se avesse abbandonato la sua “politica ostile” contro Pyongyang quando invece non lo ha assolutamente fatto. Un portavoce del Comitato per la pace Corea Asia-Pacifico, in un dispaccio della Kcna, ha obiettato che “il gruppo Abe parla di colloqui al vertice senza pre-condizioni mentre danneggia la Corea del Nord, che è un apice di spudoratezza”.

Gli strali si sono poi abbattuti sul ministro degli Esteri nipponico Taro Kono, colpevole di aver detto che la comunità internazionale avrebbe revocato le sanzioni se Pyongyang avesse preso le mosse giuste. Le autorità giapponesi “dovrebbero porsi meglio prima di parlare imprudentemente di ‘giudizio’ e di ‘decisione’. È inutile parlare di miglioramento delle relazioni, a meno che il Giappone non rinunci al suo carattere malvagio”, ha detto il portavoce.

La replica giapponese arriva a stretto giro. La posizione del governo giapponese su un possibile vertice tra il premier Shinzo Abe e il leader nordcoreano Kim Jong-un resta immutata, malgrado le ultime dichiarazioni di Pyongyang – che accusa Tokyo di ‘sfacciataggine’. Lo ha ribadito il capo di Gabinetto, Yoshihide Suga, parlando alla stampa, confermando la volontà di Abe, espressa a inizio maggio, di incontrare Kim senza precondizioni. “Non c’è alcun cambiamento da parte dell’esecutivo”, ha precisato Suga.

“Il premier intende eliminare quei sentimenti di diffidenza e sfiducia tra le diplomazie dei due Paesi e discutere dei temi più rilevanti”. I temi sul tavolo dovrebbero essere in primo luogo il processo di denuclearizzazione della penisola coreana e la questione dei cittadini giapponesi rapiti dai servizi segreti di Pyongyang. In precedenza, tramite un dispaccio della Kcna, un portavoce del Comitato per la pace Corea Asia-Pacifico aveva accusato il governo di Tokyo di essere imprudente e di mancanza di giudizio a casa di alcune dichiarazioni fatte del ministro degli Esteri giapponese, Taro Kono, sulla natura delle sanzioni ancora in corso.

Il Giappone ritiene la Corea del Nord responsabile del rapimento di almeno 17 cittadini nipponici tra il 1970 e gli anni Ottanta per motivi di spionaggio, e sospetta che i servizi segreti del regime di Pyongyang siano coinvolti in altri casi legati a casi di sparizioni mai risolte. Cinque furono rilasciati nel 2002, e gli altri 12 risultano ancora dispersi.

 

Aggiornato il 03 giugno 2019 alle ore 15:01