Ḥaftar e la “leadership naturale”

venerdì 12 aprile 2019


In un mio recente articolo su questa testata ho sostenuto che l’ascesa al potere di Khalīfa Belqāsim Ḥaftar nella regione Cirenaica è stato verosimilmente l’unica manifestazione spontanea di emersione di “leadership naturale”. Tale affermazione è il frutto di semplici “analisi”, dalle quali si evince quanto sia difficile imporre, da parti terze, “Capi” che hanno poca empatia e debole ascendente su una società con delle consuetudini e delle “necessità sociologiche” ben marcate, e una subordinazione eccessiva a influenze non autoctone. Mi riferisco all’imposizione, da parte delle Nazioni Unite, della figura dell’architetto Fayez al-Sarraj, sicuramente un “brav’uomo”, ma privo di un “profilo” adeguato ad essere un sostituto/erede di Mu’ammar Gheddafi (leader naturale e Rais per quarantadue anni), anche a causa di legami “articolati” con “gruppi” sia esterni che interni all’ex Libia.

L’ardita operazione militare del generale, ex Cia (?), Khalīfa Ḥaftar, tesa a riportare la Libia sotto un’unica “bandiera”, era prevedibile ed annunciata, anche alla luce di un voluto stallo negli accordi per un assestamento politico tra la Cirenaica e la Tripolitania; ricordo che la terza regione, il Fezzan, è già parzialmente controllata da Haftar, ma lo spostamento di truppe cirenaiche verso la Tripolitania, sta causando un subentro, su alcune aree, delle milizie jihadiste dell’Isis. Ghassan Salamé referente dell’International Crisis Group con sede a Bruxelles e capo dell’Unsmil (United Nations Support Mission in Libya), aveva garantito, in un comunicato ufficiale da Tripoli, che una conferenza, con lo scopo di tracciare l’ennesima “rotta” conciliatoria, si sarebbe tenuta dal 14 al 16 aprile, salvo che si fossero verificate “circostanze importanti”, che “fatalmente”, ma non troppo, si sono verificate.

Qualche giorno fa Ḥaftar aveva pronunciato l’ambigua frase: “vado a Tripoli per liberarla dai terroristi” che, poteva “suonare” impropria visto che nella “capitale” è presente un sistema politico imposto dall’”esterno” e ovviamente riconosciuto, ma se “letta” con attenzione si comprende che per “terroristi” si può intendere, sia la presenza dei Fratelli Musulmani, notoriamente distribuiti anche in alcuni importanti gangli governativi, ma anche influenti diplomatici e pseudo diplomatici, che come fiduciari di nazioni occidentali, operano non particolarmente a favore di una ricostituzione della Libia politica, disegnando strategie fallimentari come è evidente dallo stato dei fatti. In questi momenti molte speranze, sul ruolo di “pacificatore” diplomatico, sono fondate proprio sulla figura di Salamé; questo dotto umanista libanese ha percorso la sua carriera accademica e diplomatica tra Francia e Libano, con importanti incarichi nell’ambito delle Nazioni Unite, rivestendo sempre ruoli verticistici, come nel 2003 quando è stato consigliere politico della missione di assistenza alle Nazioni Unite per l’Iraq (Unami), e dove ha operato eccellentemente facendo incontrare le varie fazioni irachene.

Il ruolo dell’Unsmil, organizzazione internazionale creata allo scopo di “regolare” le operazioni di assistenza e supporto generale in Libia, in queste ore sta assumendo una posizione giudicabile “sottotono”, non garantendo una presenza utile sul territorio in quanto, il suo staff è in fase di evacuazione da Tripoli. Il colloquio tra il capo dell’Unsmil, Ghassan Salamé e il capo del Consiglio presidenziale Fayez Al-Sarraj, avvenuto a Tripoli non ha condotto a nessuna decisione utile; Salamé ha anche incontrato il Capo e i membri della Corte Suprema che lo hanno invitato a perseguire i suoi sforzi per trovare una via d’uscita politica dal conflitto in corso. Va ricordato che Salamé, a gennaio 2019 in una riunione alle Nazioni Unite, circa la Libia, aveva descritto, in modo estremamente chiaro, il ruolo che Ḥaftar ha avuto nella fasi di “ricompattazione territoriale” della Libia, dichiarando che le Forze di Haftar sono entrate pacificamente in Sabha e che il suo arrivo è stato generalmente percepito come uno sviluppo positivo e stabilizzante. Inoltre anche il controllo di Murzuq nel sud-ovest, ha creato solo una debole opposizione attivata dalla comunità Tebu e dai gruppi armati affiliati. Ha affermato ancora che l’Lna (Esercito Libico Nazionale) ha portato una discreta sicurezza e stabilità al Sud che ha permesso il riavvio del sistema bancario a Sabha. Per quanto concerne i movimenti di truppe nel distretto della Sirte, Salamé ha riferito che “ci sono state alcune mobilitazioni delle forze Lna a Jufra e in direzione Sirte, ciò ha causato attriti e un aumento delle tensioni con le forze della città di Misurata che rimangono posizionate a Sirte dopo le loro operazioni anti-Isis”.

Tuttavia, il portavoce dell’esercito di Haftar, Ahmad al-Mismari, ha accusato l’inviato speciale delle Nazioni Unite, Salamé, di sostenere solo una parte dei libici. Il capo dell’Unsmil è dichiarato non gradito dall’Esercito Nazionale Libico, in quanto è accusato di essere sia un giudice che un partito e di difendere gli islamisti. Aguila Saleh, portavoce della Camera dei rappresentanti (Parlamento Tobruch), ritiene che Salamé parteggia per il Consiglio presidenziale guidato da Fayez al-Sarraj; ritiene, inoltre, che l’inviato speciale delle Nazioni Unite abbia superato le sue prerogative. Afferma Saleh che il governo provvisorio tripolino è designato come “governo parallelo” all’Onu, quindi, per oltre la metà dei libici, è il governo di un accordo internazionale con sede a Tripoli. Ibrahim Dabbachi, ex rappresentante della Libia all’Onu, ha forti dubbi sulla “libertà” di azione di Ghassan Salamé essendo “uomo” di “istituzioni sopranazionali”, in quanto “la missione delle Nazioni Unite agisce secondo la volontà delle forze internazionali che difendono interessi contraddittori”.
Per concludere, Ghassan Salamé è stato presentato come personaggio di massimo profilo per poter risolvere diplomaticamente la “questione libica”, ma come rappresentante delle Nazioni Unite, oggi, è ritenuto di parte, quindi non ha i “requisiti” per risolvere definitivamente il post Gheddafi; la soluzione dovrà ricadere su una spontanea scelta del popolo libico, con tutte le conseguenze che ormai si palesano.

Inoltre, a complicare la “questione Libia” ci sono i territori conquistati dall’esercito di Khalīfa Ḥaftar, che difficilmente potranno essere riconsegnati a Fayez al-Sarraj; considerando che il canale televisivo della Libia Al-Ahrar ha riferito che a Gharyan, a 80 chilometri da Tripoli, si trova la stanza operativa delle forze di Haftar dove sono presenti diversi esperti francesi che collaborando per “monitorare” Tripoli; le “azioni” sull’aeroporto Mitiga sono solo una prassi strategica.





  


di Fabio Marco Fabbri