Libia, si rischia la “guerra totale”

In Libia è in atto una vera e propria guerra civile. Seppure a bassa intensità. Le forze militari del governo di Tripoli hanno annunciato di avere catturato altri 34 miliziani fedeli al generale Khalifa Haftar. Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha chiesto la “fine immediata” delle operazioni militari in Libia. Migliaia di persone sono state costrette a lasciare le proprie case a sud di Tripoli. Secondo quanto si legge in una nota del suo portavoce, Stephane Dujarric, Guterres ha chiesto di “prevenire una guerra totale. Non c’è una soluzione militare al conflitto. Tutte le parti si impegnino a un dialogo immediato per raggiungere una soluzione politica”.

Il presidente francese Emmanuel Macron, nel corso di una serie di colloqui telefonici avuti “in questi ultimi giorni” con Guterres, il premier libico Fayez al-Sarraj e il generale Haftar, ha espresso “profonda preoccupazione” per i recenti eventi in Libia e ha ricordato che “non c’è soluzione militare al conflitto libico”: è quanto si legge in una nota diffusa a tarda notte dall’Eliseo. Per Macron, è “imperativo agire immediatamente per porre fine ai combattimenti e placare le tensioni”.

“Faccio appello a tutte le parti affinché uniscano gli sforzi per evitare ulteriori violenze insensate e spargimenti di sangue”, ha detto l’Alto commissario Onu per i diritti umani, Michelle Bachelet.

Secondo la Bachelet, l’attacco di ieri contro l’aeroporto di Mitiga, a Tripoli, ha ricordato come sia un “imperativo che tutte le parti rispettino il diritto umanitario internazionale e adottino tutte le misure possibili per proteggere i civili e le infrastrutture civili, scuole, carceri e ospedali compresi”. Bachelet ha chiesto in particolare protezione per i civili “vulnerabili, compresi rifugiati e migranti, molti dei quali sono già trattenuti in condizioni orribili”.

Intanto, nella tarda serata di ieri, il premier Giuseppe Conte ha avuto un colloquio telefonico con il presidente del Consiglio presidenziale libico Fayez Serraj, in relazione agli “sviluppi e ripercussioni dell’aggressione portata dalle forze di Khalifa Haftar alla capitale Tripoli e una serie di città libiche”. Il premier libico ha espresso “il proprio ringraziamento a Conte e al governo italiano affermando la determinazione a resistere a questa aggressione” da parte delle milizie del generale Khalifa Haftar “con tutta la forza”.

Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha chiamato ieri sera il premier libico Fayez al-Sarraj per un colloquio telefonico che ha riguardato gli “sviluppi e ripercussioni dell’aggressione portata dalle forze di Khalifa Haftar alla capitale Tripoli e una serie di città libiche”. Lo riferisce la pagina Facebook dell’Ufficio stampa del capo del Consiglio presidenziale del Governo di accordo nazionale libico, Sarraj.

“Il perseguimento di tutti coloro che commettono crimini di guerra, portandoli davanti alla magistratura locale e internazionale”, è stato annunciato dal premier libico Fayez al-Sarraj al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, nella telefonata avuta ieri. Lo riferisce l’Ufficio stampa di Sarraj. Il premier libico ha espresso “il proprio ringraziamento a Conte e al governo italiano affermando la determinazione a resistere a questa aggressione” da parte delle milizie del generale Khalifa Haftar “con tutta la forza”.

Frattanto, Amnesty International ha chiesto alle parti in confitto in Libia di consentire ai civili di lasciare le aree al centro degli scontri. Magdalena Mughrabi, vicedirettrice per il Medio Oriente e l’Africa del Nord di Amnesty International, ha detto che “tutti i civili che vogliono lasciare le aree coinvolte nei combattimenti dovrebbero farlo liberamente senza finire sotto attacco”.

L’organizzazione internazionale per le migrazioni ha reso noto che finora circa 2.800 persone sono sfollate a causa dei combattimenti e che in alcune zone i residenti non riescono a fuggire a causa dell’intensità degli scontri. Le richieste di una tregua per evacuare i feriti e i civili da alcune zone sono state ignorate, secondo quanto riportato in un comunicato emesso ieri da Amnesty International. “Si tratta – ha detto la Mughrabi – di persone già in condizioni di estrema vulnerabilità e che hanno subito orribili violenze da parte delle autorità che le tengono in detenzione e dei trafficanti. Vi sono timori concreti per la loro incolumità e per la loro situazione umanitaria in caso di aumento degli scontri. Abbiamo già ricevuto notizie di detenuti bloccati, senza acqua né cibo, in condizioni inumane”.

Secondo il ministero della Salute di Tripoli dal quattro aprile, giorno dell’inizio dell’offensiva del generale Khalifa Haftar verso la capitale, sono state uccise almeno 25 persone e altre 80 sono rimaste ferite. Secondo l’Onu tra le vittime vi sono almeno quattro civili, tra cui due operatori sanitari. “L’escalation di violenza alle porte di Tripoli – ha detto la Mughrabi – è profondamente preoccupante: temiamo che il numero delle vittime civili aumenti rapidamente e che i combattimenti vadano a interessare zone più densamente popolate della capitale libica. Tutte le parti in conflitto sono obbligate dal diritto internazionale umanitario a proteggere i civili. Esse devono sempre distinguere tra civili e combattenti ed è loro assolutamente vietato colpire civili, operatori sanitari e strutture mediche. Munizioni esplosive ad ampio effetto, come i colpi di artiglieria e di mortaio, non devono mai essere impiegate nei pressi dei centri abitati”.

Aggiornato il 09 aprile 2019 alle ore 13:50