Maduro destituisce Guaidó, alta tensione in Venezuela

Schiaffo del governo Maduro a Juan Guaidó, il presidente dell’Assemblea nazionale e leader dell’opposizione autoproclamatosi presidente pro tempore del Venezuela. Il “controllore generale”, Elvis Amoroso, sorta di presidente di un organismo governativo simile alla Corte dei conti italiana, lo ha infatti colpito con un’inibizione dal ricoprire cariche pubbliche per 15 anni: una “scomunica” che comporta di fatto la revoca della carica di presidente dell’Assemblea nazionale. La quale però, per completare il cortocircuito, non riconosce Maduro, considerandolo illegittimo.

Durissima la reazione di Guaidó, che non ha esitato a definire “miserabile” la mossa di Maduro. Alludendo al fatto che Amoroso è stato eletto dall’Assemblea nazionale costituente chavista, anch’essa considerata illegittima dall’opposizione, ha dichiarato che “si deve essere molto miserabili per chiamare in causa non so da dove un personaggio designato da un’istituzione che non esiste”.

Una misura contro il leader dell’opposizione che gli Stati Uniti bollano come “ridicola”, e che il Gruppo internazionale di contatto, riunito a Quito, definisce “arbitraria” perché presa “senza riguardo per il giusto processo”. Amoroso, da parte sua, ha giustificato in una conferenza stampa a Caracas la misura sulla base di “91 viaggi realizzati all’estero” da Guaidó, “senza autorizzazione dell’Assemblea nazionale”, spendendo una somma di denaro che “non può essere giustificata con il suo stipendio di dipendente pubblico”. Per cui, ha insinuato, “siccome il denaro dei viaggi non è presente nella sua dichiarazione giurata, si presume che egli ne abbia falsificato i dati e che abbia ricevuto soldi da organizzazioni internazionali senza segnalarlo”.

Su questa base Amoroso ha inoltre chiesto al pubblico ministero di aprire una specifica inchiesta. Il bando aggrava ulteriormente, se possibile, la crisi venezuelana acuitasi dal 10 gennaio, quando Maduro si è insediato per un secondo mandato, non riconosciuto dall’opposizione, dagli Usa e da una cinquantina di Stati dell’America Latina e d’Europa. Il capo dello Stato venezuelano considera legittime le elezioni del maggio 2018 che lo hanno confermato e resiste alle pressioni con l’appoggio delle Forze Armate ed il sostegno soprattutto di Russia e Cina, oltre che di Cuba, Bolivia, Iran e Turchia. Il 23 febbraio scorso, un progetto di far entrare dalla Colombia e dal Brasile aiuti umanitari per la popolazione venezuelana si è infranto contro la resistenza del governo di Caracas, che tuttavia nelle ultime settimane ha dovuto far fronte ad una nuova emergenza determinata da una serie di blackout che hanno tenuto al buio per molti giorni gran parte del Venezuela. In questo clima agitato si è riunito a Quito, per la seconda volta dopo un primo incontro in febbraio a Montevideo, il Gruppo internazionale di contatto promosso dall’Unione europea (Ue) per trovare una soluzione politica alla crisi. Al termine, l’Alto Rappresentante per la Politica estera della Ue Federica Mogherini, ha letto la dichiarazione finale la quale, oltre a condannare la decisione odierna su Guaidó, chiede “lo svolgimento di elezioni presidenziali libere, trasparenti e credibili nel più breve tempo possibile” e l’immediata liberazione dei prigionieri politici. “Il Gruppo - aggiunge la dichiarazione - sottolinea la necessità di ripristinare il Venezuela di piena democrazia e l’ordine costituzionale in modo pacifico, a cominciare dal rispetto per il mandato costituzionale dell’Assemblea nazionale eletta democraticamente”.

Aggiornato il 29 marzo 2019 alle ore 13:57