La dura lezione di Strasburgo

Terrorismo, l’Europa continua a non imparare la lezione. O, se l’ha imparata, continua a non agire di conseguenza ed è tragicamente ancora il Natale a ricordarle che le strategie di contrasto sin qui applicate sono inadeguate. I media ora si affannano a ricostruire il profilo e la storia dello Cherif di turno, quello che l’11 dicembre ha sparato contro i mercatini di Strasburgo causando la morte di tre persone e almeno una dozzina di feriti. Ma il dato essenziale è uno e sempre uno soltanto: l’attentatore era un assassino pronto a uccidere in qualsiasi momento, lasciato a piede libero malgrado le autorità competenti fossero già a conoscenza della sua condizione di “radicalizzato”. Questa è una costante negli attacchi terroristici che si sono verificati negli ultimi anni in Francia, Belgio e Germania (i mercatini natalizi di Berlino sono stati dimenticati?).

Pertanto, le politiche di sicurezza dei governi europei restano fallimentari sia nel prevenire che la minaccia terroristica si formi, sia nel prevenire che la minaccia, una volta formatasi, si concretizzi. Nel primo caso, se si parla ormai comunemente di “radicalizzazione”, significa che in Europa l’indottrinamento ideologico che poi sfocia nel terrorismo gode di sostanziale libertà nel reclutare nuovi adepti e candidati “martiri” per il jihad. Il dito resta naturalmente puntato sui Fratelli Musulmani, che grazie ai finanziamenti del Qatar continuano ad avanzare la loro agenda estremista in territorio europeo attraverso una vasta rete di moschee, associazioni e predicatori, avvalendosi anche di un sempre più sofisticato ed efficace sistema di adescamento online.

Associare l’attentato di Strasburgo alle posizioni assunte più recentemente da Parigi a sostegno del mondo arabo moderato, non è un’illazione. E non è quindi un’illazione neppure ritenere plausibili le rivelazioni di organi di stampa mediorientali circa la presenza di agitatori della Fratellanza tra i “gillet” gialli al fine di destabilizzare il governo francese sul modello della Primavera Araba.

Se la “struttura” del proselitismo dei Fratelli Musulmani non verrà demolita, la sua “sovrastruttura” terroristica non cesserà di mietere vittime, anche grazie alla libertà di circolazione e di azione concessa a soggetti la cui avvenuta radicalizzazione è stata accertata dalle autorità competenti. Le leggi non consentono di ricorrere a forme di custodia cautelare per questi soggetti? La politica è chiamata allora a intervenire introducendo normative più adeguate a garantire la sicurezza dei cittadini. Eppure, da questo punto di vista non si registrano passi in avanti, come l’approssimarsi del Natale ci dimostra ancora una volta.

E l’Italia? Piegando la testa di fronte agli emiri del Qatar pensa forse di guadagnare la sicurezza per i propri mercatini natalizi. Ma il susseguirsi di arresti, espulsioni e sventati attacchi terroristici non sono altro che il frutto dell’espansione della “struttura” della Fratellanza lungo tutto la penisola, nei cui confronti la classe dirigente, dal Quirinale in giù, continua a chiudere gli occhi. La minaccia in Italia si è già formata, da tempo in verità. Fino a quando le forze di sicurezza riusciranno a impedire che si concretizzi?

Aggiornato il 12 dicembre 2018 alle ore 13:32