Il voto in Ungheria e il futuro dell’Ue

Mentre il premier ungherese, Viktor Orbán, parla di “vittoria storica” dopo il successo ottenuto alle elezioni legislative, in molti già si chiedono quale sia il baricentro politico dell’Europa post-crisi economica e migratoria. Il leader conservatore in un breve discorso tenuto dopo la diffusione dei risultati ufficiali parziali da parte dell’Ufficio elettorale nazionale, ha dichiarato “questa è una vittoria decisiva, in futuro saremo in grado di difendere la nostra madrepatria”. Una promessa che suona tanto come avvertimento. Una dichiarazione che impone una riflessione sul futuro politico dell’Europa che verrà.

Indubbiamente l’arrivo di migliaia di migranti musulmani e il ricollocamento obbligatorio voluto dall’Ue ha condizionato (non solo emotivamente) l’elettorato ungherese tanto da non cedere alle paventate paure antidemocratiche della sinistra oppositrice. Così come sicuramente è stata una campagna elettorale a viso scoperto, con dichiarazioni forti e provocatrici, ovvero quella dello stesso Orbán durante uno dei suoi comizi: “Dobbiamo decidere bene, perché sbagliando non ci sarà più modo di riparare, rischiamo di perdere il nostro Paese, che diventerà un Paese di immigrati”. Ma siamo sicuri che sia stata solamente una strategia elettorale?

I dati delle elezioni parlano chiaro, e lo spoglio dei voti (quasi completo, i dati definitivi sono attesi tra alcuni giorni dopo il computo delle schede degli ungheresi residenti all’estero) consegnano piena legittimità al partito Fidesz che ottiene il 48,8 per cento delle preferenze. Quasi 30 punti percentuali in più del secondo partito, la formazione di estrema destra Jobbik che arriva comunque al 19,67 per cento, mentre i Socialisti ottengono il 12,42 per cento dei voti e il partito ambientalista Lmp arriva al 6,97 per cento. Tra l’altro, un’affluenza alle urne non sottovalutabile (quasi il 70 per cento), con diversi seggi costretti a rimanere aperti dopo l’orario di chiusura per consentire agli elettori in coda di votare.

Tuttavia, è atteso per oggi anche il rapporto dell’Osce sulle elezioni nel Paese dove, da quando Orbán è al potere, è oggetto di critiche e denunce per un disfacimento delle istituzioni democratiche e una strumentalizzazione delle politiche migratorie sempre più persistente.

Una cosa è certa, le elezioni europee del 2019 si avvicinano, e le politiche della destra sociale e moderata fanno sempre meno paura. Che sia la risposta ai tanti sbagli dell’establishment di governo europeo poco importa. I cittadini europei stanno chiedendo più sicurezza, una nuova politica economica e forse anche un sano scatto d’orgoglio nazionalista.  Non sarebbe pure questa una “vittoria storica”?

Aggiornato il 09 aprile 2018 alle ore 13:37