Brexit: un divorzio difficile e costoso

A dir la verità nessuno si aspettava una capitolazione così sostanziosa del premier britannico, Theresa May, con i vertici dell’Ue. Ma dopo aver letto la bozza di accordo che porterà il Regno Unito fuori dall’Unione europea, ciò che rimane tra le mani degli inglesi (una volta pugni prepotenti di minaccia nei confronti dell’establishment europeo) sono poche clausole, imponenti limitazioni doganali e molti miliardi di euro da versare al bilancio comunitario. Oltre a un malcelato pentimento per la scelta fatta e che per orgoglio mai nessuno dirà. Pochi giorni fa a Bruxelles il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, e il negoziatore capo dell’Ue Michel Barnier hanno dettato così le loro condizioni alla signora May la quale, con garbo istituzionale, ha commentato l’evento semplicemente affermando che “non è stato facile per entrambe le parti, abbiamo lavorato duro”.

Le quindici pagine che contengono l’accordo, affrontano tre importanti questioni: i diritti dei cittadini europei, gli impegni finanziari di Londra con l’Ue e le relazioni fra l’Irlanda del Nord e l’Irlanda.

In sostanza, i cittadini europei che già vivono in Gran Bretagna potranno continuare a farlo, a studiare e a lavorare nel paese dopo la sua uscita dall’Ue e lo stesso varrà per i cittadini britannici in Europa. Avranno il diritto di essere raggiunti da familiari, inclusi i figli nati dopo il 2019, e manterranno il diritto alla sanità, pensioni e altre garanzie sociali. Inoltre, Londra assicurerà agli europei residenti di mantenere uno status speciale che garantisca loro particolari diritti attraverso procedimenti semplici e con costi limitati.

Il Regno Unito, poi, continuerà a contribuire ai bilanci annuali dell’Unione anche per il 2019 e per il 2020. La sola concessione che il Regno Unito sembra aver ottenuto dall’Ue è che non dovrà pagare il costo del trasferimento delle due agenzie comunitarie indipendenti oggi ospitate da Londra: l’Ema (Agenzia de Farmaco) che andrà ad Amsterdam e l’Eba (Autorità bancaria) che andrà a Parigi.

Tuttavia, già si guarda ai passi successivi, ovvero alla riunione dell’Europarlamento di mercoledì per votare la mozione di appoggio e quella del Consiglio europeo di venerdì per definire le prossime scadenze politiche con l’avvio della “fase due” dei negoziati.

Infatti, nei successivi colloqui bisognerà occuparsi dei rapporti commerciali e dei cosiddetti due anni di transizione per la Brexit che cominceranno dopo l’uscita ufficiale dall’Ue, prevista per il 29 marzo del 2019. Una sfida non da poco considerata la situazione finanziaria ed economica europea così in evoluzione.

Certo, un po’ di stupore l’ha destato il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, il quale durante la conferenza stampa a margine dei lavori ha affermato: “534 giorni fa, il popolo britannico ha votato per lasciare l’Unione europea. Sarò sempre triste per questo sviluppo. Ma ora dobbiamo iniziare a guardare al futuro”. La conferma, questa, che la Brexit sarà più una separazione che un vero e proprio divorzio.

Aggiornato il 12 dicembre 2017 alle ore 11:42