Sì all’Europa, ma non a questa Europa

Creatività, strategia, ambizione, versatilità, visione. Tutto quello che oggi manca all’Italia e che Theresa May ha invocato per condurre il Regno Unito lungo il percorso di Brexit, l’uscita del giugno 2016 dall’Unione europea. Il primo ministro inglese, prima del referendum pro Remain, ha predicato bene, preso tempo e reso più soft e indolore il processo di uscita del proprio Paese dall’Ue. Sia detto senza giri di parole: dovremmo farlo anche noi. Deve farlo l’Italia. Senza neanche aspettare Italexit.

Il nostro Paese deve orientarsi e dirigersi, esattamente, nella medesima direzione del Regno Unito con l’Europa. E ciò perché l’Europa funziona e funzionerà, mentre ciò che non funziona e non funzionerà per niente è l’attuale Europa tedesca. Sì, cioè all’Europa, no alle sue istituzioni e politiche, da ricontrattare, rimodulando il tutto, anche l’euro. “Per immigrazione e terrorismo, non sono stati rispettati i confini, non solo geografici”, ha affermato May. Come e peggio per noi e da noi. Ha invocato solidarietà, storia, sfide e futuro condivisi. Noi pure. Non ha perso alcun valore Brexit. Al contrario, ha regalato agli inglesi la splendida opportunità di prendere il meglio dall’Europa e dell’Europa, liberi di disporre di se stessi autonomamente. Esattamente cioè ciò che è scritto nei Trattati europei, disattesi a far data dai Regolamenti del 1997 e successivi, distorsivi e sbagliati nella direzione e contenuti intrapresi. Ancora una volta, gli inglesi , o meglio i britannici, non si sono smentiti, avendo avuto la forza e il coraggio, storicamente noti, di dire “No”, soli, e di ispirare il mondo.

Il Regno Unito ha lasciato l’Europa sbagliata ma non ha lasciato né lascerà mai l’Europa. Piuttosto, deve sorvegliare e controllare la forte corrente e popolo islamici che lo pervade, misurandone le “dosi” per mantenersi autenticamente occidentali. Dunque, ciò che ci aspetta è una fitta contrattazione del Regno Unito e l’Ue, a cominciare, ad esempio, da quella, già esistente e da implementare, tra le forze britanniche e quelle italiane, in difesa delle acque del Mediterraneo. Non ci sarà, per il Regno Unito, un mercato unico europeo né l’unione doganale. Ma ci saranno migliori e più efficaci, convenienti contrattazioni in grado di favorire i contraenti, fuori dalla camicia di forza tedesca, che è divenuta la nostra Europa. Come la Norvegia, il Regno Unito starà fuori dallo Spazio economico europeo, e fuori dal recente modello Ceta, l’Accordo economico e commerciale globale tra Ue e Canada. E, libero da restrizioni affatto convenienti, stipulerà accordi pregnanti e benefici per sé e contraenti.

“Possiamo fare meglio, servono soluzioni creative”, ha detto, autenticamente, Theresa May. Anche noi. Pure noi, perché l’Italia è la terra della creatività. Ecco perché alle masse di italiani giovani fuggiti dal nostro Paese per lavorare e poter vivere, ai 600mila italiani che vivono nel Regno Unito, May ha detto: “Restate, non cambierà nulla”. Li vuole per sé, il loro-nostro lavoro e capacità. La nostra fervente, meravigliosa creatività italiana. Ci si resetti presto in Italia. Si voti e si individui e si faccia spazio ai competenti. Gli altri, tutti gli altri, facciano un passo indietro. Prima di venire spazzati, brutalmente via, dal popolo italiano inviperito. Il Rinascimento italiano “passa” attraverso una potente trasformazione e conversione del pubblico in settore produttivo, in industrie produttive al posto di inutili ministeri e dannose cooperative buoniste. È da seguire la creatività britannica. Ancora meglio è produrre noi la nostra stessa creatività. Donald Trump, dagli Stati Uniti, tifa per i creativi europei, ed è pronto ad appoggiarci. Quella degli inglesi è e sarà tanta e tale da trovare una giusta ed equa soluzione anche riguardo il debito da divorzio (20 miliardi di euro) da questa Europa tedesca, che è davvero meglio perdere.

Aggiornato il 29 settembre 2017 alle ore 11:39