L’egemonia della Germania in Europa non è integrazione

La Germania è il problema dell’attuale Europa. La “questione tedesca” continua a riproporsi nella storia. I confini e lo spazio vitale della Germania non sono mai stati ritenuti sufficienti dai tedeschi ed essi devono (o meglio, vogliono) costantemente estenderli. La lungimirante politica postbellica degli Stati Uniti ha incluso la Germania nella costruzione della pacifica comunità degli Stati europei, rimanendo sopita la “questione tedesca”, latente fino alla riunificazione delle due Germanie e la fine della Guerra fredda. La Germania, aiutata da tutti, comanda sempre di più in Europa. Le elezioni del 24 settembre prossimo non faranno altro che sancire la veridicità della strada percorsa e futura. C’è già dunque in giro chi china la testa di fronte a quello che considera il risveglio della realtà imperante pantedesca, demografica, sociale, politica ed economica, e chi, come chi scrive, suggerisce di diffidare e contrastare sommamente, perché i segnali della riviviscenza del potere e del comando tedeschi sugli altri Stati membri ci sono tutti e, con essi, altrettanto evidenti possono rapidamente palesarsi tutti gli spettri tedeschi del passato.

Attaccata come una patella all’Occidente e al progetto di nostra integrazione europea, la Germania ha indirizzato i propri motori verso lo sviluppo dell’economia sociale di mercato alla tedesca che l’ha fatta correre sui binari dell’efficienza, divenendo nuovamente egemone. Dal dopoguerra la Germania ha perseguito con ogni sua forza l’obiettivo centrale del successo della propria politica economica, consistente nell’avanzo nella bilancia delle partite correnti con l’estero, certa che solamente forte di una decisiva posizione creditoria sugli altri le sarebbe stata garantita l’indipendenza economica e avrebbe potuto così avere, esercitare e vedersi riconosciuta la più determinante influenza internazionale. È anche in tale ottica che la Germania ha voluto la moneta forte. Quest’ultima è, per la Germania, il biglietto da visita, la credenziale politica principale. I tedeschi hanno sacrificato pressoché ogni cosa sull’altare del perseguimento dell’obiettivo della moneta forte: investimenti, economia, consumi interni, spesa sociale, infrastrutture. Ecco il perché dell’enorme surplus commerciale tedesco, ed ecco la ragione dell’ossessione tedesca per il pareggio del bilancio e dei bilanci pubblici. È proprio questo peraltro che gli altri Paesi europei contestano da molto tempo alla Germania, in quanto origine e causa dei corposi svantaggi subiti e dei profondi squilibri causati, insieme ai rallentamenti della crescita comune, vale a dire dell’intera Unione.

Per i tedeschi noi dovremmo essere come loro, perché si sentono come il modello da emulare, o almeno da apprezzare. Sentono di stare riscattando la propria storia che è sempre sfociata nel disastro della dittatura; sentono di avere posseduto in nuce la capacità e la potenza di governare a capo dell’Europa ma di non averla “centrata” in precedenza, adesso vicina e attuata, tra l’apprezzamento degli altri; quegli stessi che ci hanno rimesso e stanno tuttora rimettendo. La Germania non rinuncerà ad essere “prima” senza pari, tutt’al più con a cuccia una Francia dello spaesato Emmanuel Macron, e non rinuncerà per niente al mondo a correre ancora per stare sopra agli altri. È stata troppo grande la colpa originaria per non procedere efferatamente e determinatamente adesso al comando totale e al nuovo imperialismo tedesco.

Intanto i Paesi europei a nord-ovest rimarranno silenti e per lo più accondiscendenti rispetto al grande progetto pantedesco sull’Europa tedesca. I Paesi europei a sud, tra cui l’Italia, differentemente, non potranno rimanere a guardare perché presto toccheranno con mano i gravi e tanti difetti del sistema tedesco, a cominciare dal fatto che a loro, noi, necessita un più elastico sistema di spesa pubblica da allineare progressivamente, come scritto peraltro nei Trattati in vigore, e un disavanzo quale leva imprescindibile per la crescita; strumenti essenziali per il mantenimento della nostra coesione sociale. L’egemonia tedesca coincide per noi con il nostro divenire una sua colonia. L’immigrazione fuori controllo è soltanto uno dei mezzi messi in atto per non integrare e piuttosto sottomettere. L’integrazione europea ha preso la strada peggiore. Non c’è integrazione ove c’è l’egemonia di uno solo. L’Unione europea dovrà essere ricontrattata tra i molti leader, i quali dovranno avere chiaro di volerla realmente integrata inter pares, tra pari, e sulla base della convenienza di tutti. La Germania egemonica non guida nessuno; ripete solo la parte peggiore di una brutta storia europea già vista.

Aggiornato il 22 settembre 2017 alle ore 12:24