Saakashvili, da presidente della Georgia ad apolide

giovedì 10 agosto 2017


Da presidente della Georgia, accolto con tutti gli onori alla Casa Bianca da George Bush, a “guastafeste” apolide dopo che a luglio Kiev l’ha privato della cittadinanza ucraina, conferitagli nel 2015.

È la strana storia di Mikhail Saakashvili, l’uomo che nel 2003 detronizzò Eduard Shevardnadze - già ex ministro degli Esteri sovietico - grazie alla rivoluzione delle rose. E che guidò la Georgia di fatto sino al 2013. Da allora però è in fuga, braccato da molteplici processi - nati con il nuovo governo - che Saakashvili liquida come “politicamente motivati”.

A dargli asilo, praticamente in concomitanza con lo scoppio dell’Euromaidan, è stata l’Ucraina di Petro Poroshenko - erano amici al tempo dell’università, che entrambi fecero a Kiev. Saakashvili, d’altra parte, si era gettato anima e corpo nella rivoluzione ucraina, ispirato dall’odio per il comune nemico: la Russia di Putin. Un ardore che gli è valsa la nomina a governatore della regione russofona di Odessa e contestualmente il conferimento della cittadinanza ucraina. Che Saakashvili ha accettato “con orgoglio” nonostante questo significasse la rinuncia al passaporto georgiano. “Il circo è arrivato in città... povera Ucraina”, commentò allora Dmitri Medvedev, presidente russo al tempo del conflitto lampo del 2008, quando Saakashvili sfidò Mosca (e perse). Il rapporto idilliaco con la sua nuova patria ha iniziato però ben presto a incrinarsi. Celebre nel 2015 la “rissa” in tv con il ministro dell’Interno Arsen Avakov, che Saakashvili bollò come “ladro” e sostenitore delle “milizie illegali”.

Avakov reagì gettandogli un bicchiere d’acqua in faccia e gli intimò di lasciare il Paese (“sono Ucraino, non vado da nessuna parte” rispose l’ex presidente georgiano). Da lì a breve anche il rapporto con Poroshenko degenera. Saakashvili, infatti, lo accusa di aver “sabotato” le sue riforme a Odessa e di sostenere personalmente i “clan locali corrotti”.

L’attacco è plateale e Saakashvili, quattro giorni dopo, si dimette da governatore e fonda il partito “Movimento delle Forze Nuove”. Il secondo, visto che in Georgia il suo “Movimento di Unità Nazionale” si è scisso - in polemica con il leader Davit Bakradze - dopo aver preso il 27 per cento alle parlamentari del 2016. Alla testa del nuovo partito Saakashvili non perde occasione per criticare le autorità ucraine e contemporaneamente compie frequenti viaggi all’estero (parla otto lingue). Quando Poroshenko lo priva della cittadinanza, lo scorso 26 luglio, è a New York. Da lì, con il solo passaporto ucraino (per quanto tecnicamente non valido), si reca in Polonia e quindi, nei giorni scorsi, in Lituania, dove partecipa a un’azione di protesta davanti all’ambasciata russa a Vilnius contro l’occupazione dei territori georgiani. Saakashvili in quell’occasione afferma di aver ricevuto l’offerta del passaporto lituano ma di aver rifiutato poiché deciso a riottenere la cittadinanza ucraina, “revocata illegalmente”.

Kiev ha risposto che se verrà pizzicato ad attraversare la frontiera gli verrà ritirato il passaporto. La saga, per il momento, continua. Come i viaggi di un ex presidente ormai senza patria.


di Mattia B. Bagnoli