Australia, la strategia dei terroristi telecomandati

sabato 5 agosto 2017


La peggiore sorpresa dell’estate: imbarcarti su un aereo e scoprire che tuo fratello ti ha piazzato una bomba nella valigia. Senza dirtelo, ovviamente. È quello che ha appena provato il fratello di Khaled Khayat, libanese, 49 anni, il fallito attentatore del volo Etihad Sydney-Dubai. L’attentato è fallito, perché annullato all’ultimo minuto. Non sono ancora note le cause della rinuncia, o per motivi di sicurezza, o per un ripensamento. Quest’ultima ipotesi, che sarebbe la più umana, è invece la più remota. Perché dopo aver mancato l’occasione di trasformare suo fratello in un inconsapevole uomo-bomba, Khaled Khayat, assieme a Mahmoud Khayat, hanno iniziato subito a lavorare per la preparazione di un secondo attentato. Stavolta stavano preparando una piccola arma chimica artigianale, da usare in uno spazio chiuso, probabilmente un aereo, anche questa volta. Ma i servizi segreti britannici, che erano sulle loro tracce, hanno avvertito la polizia australiana, che ha interrotto il piano terroristico. Secondo le autorità di polizia australiane, si è trattato del tentativo di attentato “più sofisticato della storia del nostro Paese”. Il mandante dell’attentato era nel territorio ancora controllato dal Califfato. L’esplosivo per la prima bomba era arrivato, per via aerea, dalla Turchia. Tutta la manodopera era invece già in Australia.

Questi sono i particolari emersi finora dall’indagine condotta dalle autorità australiane, sull’ultimo tentativo di attentato dell’Isis. Anzi, duplice fallito attentato, il primo del 15 luglio e il secondo in corso di preparazione nella seconda metà del mese. Usare un passeggero inconsapevole come un involontario attentatore suicida, è una vecchia e cinica tattica del terrorismo, prima di quello palestinese e adesso di quello jihadista. Il precedente più celebre fu quello del fallito attentato al volo della El Al Londra-Tel Aviv, 1986, quando il terrorista giordano Nizar Hindawi imbarcò la sua bomba infilandola nella valigia dell’inconsapevole fidanzata Anne Marie Murphy. Anche in quel caso l’attentato non riuscì, perché la valigia venne intercettata dalla sicurezza aeroportuale. Quel che c’è di nuovo, nel mancato duplice attentato australiano, è il coordinamento. L’indagine contribuisce a far luce ulteriormente sul modus operandi dei cosiddetti “lupi solitari”. Che in realtà solitari non sono: sono letteralmente telecomandati.

Come i due jihadisti che il 26 luglio dell’anno scorso sgozzarono padre Jacques Hamel, nella chiesa di Saint-Étienne-du-Rouvray (Normandia), anche i due libanesi australiani prendevano direttamente gli ordini via social network. Non solo sono stati reclutati via Internet, ma sono stati coordinati via web, hanno seguito così le istruzioni su come assemblare le bombe, come muoversi, cosa fare. Si tratta di una tecnica ormai consolidata, impiegata dal servizio di intelligence dell’Isis, chiamato Emni. L’Emni è stato fondato e organizzato da ex ufficiali del servizio segreto di Saddam Hussein, poi passati alla causa dell’Isis come tanti altri militari sunniti radicalizzati. Recluta jihadisti da tutto il mondo, in grado di comunicare in tutte le lingue. Usano canali ormai consolidati nei social network e comunicazioni criptate per comunicare con singole persone. Fanno di tutto, dal reclutamento alla preparazione del singolo attentato. L’Emni ha di fatto creato una rete virtuale di spionaggio. Questo metodo ha il vantaggio del decentramento: possono essere eventualmente fermati gli esecutori, ma mai i mandanti. Altro vantaggio del decentramento è l’esperienza dei locali, che hanno bisogno di istruzioni sugli aspetti più tecnici, ma, almeno in teoria, sanno come muoversi sul luogo dell’attentato meglio di un iracheno.

Il terrorismo via web ha però una falla notevole: le comunicazioni. Come tutti i messaggi possono essere intercettati. E così è stato. I servizi britannici hanno intercettato e decrittato le comunicazioni fra mandante ed esecutori mandando all’aria il complotto. È il tredicesimo tentativo di attentato in Australia negli ultimi tre anni.


di Stefano Magni