AB(USA) DI OPPIO

L’abuso di oppioidi? Una piaga moderna (per ora, soprattutto americana) che transita per la terapia antidolorifica e culmina, sempre più spesso, nella morte per overdose. Diamo la parola alle statistiche Usa, per capirne di più.

Nel solo 2016 si sono registrati più di 60mila decessi per overdose da oppioidi e più di mezzo milione in soli quindici anni, dal 2000 al 2015 (“Le Figaro” del 3 agosto). Per intenderci: nell’anno di riferimento, il 2016, le vittime americane della strada, sono state esattamente la metà e solo un quinto quelle causate dall’uso di armi da fuoco. In soli quarant’anni, si è passati da 0,4 decessi per 100mila abitanti del 1975, ai 9,3 del 2015 (Washington Post del 3 agosto), ovvero 24 volte tanto. Altro termine di paragone interessante: il numero totale dei caduti nel Vietnam e nell’Iraq è stato, rispettivamente, di 58mila e 4500 unità. Un genocidio da Fentalyn, in primo luogo, un analgesico cento volte più potente della morfina, che gli americani da tempo assumono in dosaggi sempre più elevati, anche grazie agli scarsi controlli da parte dei medici che li prescrivono. Le statistiche Usa dicono che, sempre nel 2016, 20.101 decessi sono stati causati da medicinali acquistati con regolare ricetta medica, mentre 13mila circa sono dovuti a overdose da eroina.

I consumi delle due sostanze sono sensibilmente correlati tra loro: i più giovani saccheggiano le farmacie domestiche di genitori e nonni alla ricerca di oppioidi, per poi passare, in un secondo momento, alla droga di strada, paradossalmente molto più economica della prima ma, non di rado, tagliata male e quindi più letale. Secondo l’organismo di controllo statunitense per la prevenzione delle malattie vi sarebbero attualmente non meno di due milioni di americani che abuserebbero degli oppioidi, per un totale di 1,3 milioni di ricoveri ospedalieri nel 2016, pari a un costo per l’Obamacare di 79 miliardi di dollari, all’incirca. Sempre lo scorso anno, ben tre milioni di minori sono stati affidati dai giudici ad altri parenti, in quanto i loro genitori tossicodipendenti non potevano occuparsene. Nell’Ohio, gli imprenditori che vorrebbero assumere manodopera si sono trovati di fronte a un 40 per cento di candidati che non ha superato i test antidroga!

La narrazione corrente vuole che la vittoria di Trump sia stata determinata, in parte proprio dal malessere che affligge la classe operaia bianca nell’America rurale e industriale, dato che l’Ohio, il Kentucky e la Virginia occidentale registrano tassi di decesso per overdose da oppioidi pari a 41,5 per mille abitanti. Ma, finora, non sembra che l’attuale presidenza abbia fatto molto per venirne a capo, se non nominare una commissione governativa ad hoc. La peste degli oppioidi, però, ha messo radici già trenta anni fa, quando i medici hanno iniziato a prescrivere, con sempre maggiore frequenza, terapie antidolore, combinate con una pubblicità particolarmente aggressiva e spesso non veritiera delle case farmaceutiche.

Onde per cui, come riporta un interessante editoriale del “Financial Times” del 4 agosto, si sta ricreando in America un nuovo pull di procuratori per mettere sotto inchiesta i grandi produttori, che rischiano rimborsi ultramiliardari, come accadde nel caso delle case produttrici di tabacco, condannate alla fine degli anni Novanta a risarcire più di 200 miliardi di dollari ai 46 Stati ricorrenti e alle Agenzie federali, per i danni causati dalla nicotina. A causa dell’esito di quel contenzioso, oggi, come sa benissimo ogni fumatore, tutti i pacchetti sono contraddistinti da una pubblicità negativa che mostra, anche in forme scioccanti, i danni permanenti da fumo. La missione anti oppioidi dei procuratori, però, è meno semplice di quella di ieri, dato che esiste un’interfaccia qualificata dei medici professionisti che firmano le ricette a fare da scudo alla responsabilità delle case farmaceutiche che, tuttavia, avranno il loro bel da fare per giustificare le proprie campagne pubblicitarie aggressive e i metodi spregiudicati utilizzati. Esiste, poi, una “soluzione Middletown” (che prende il nome da una cittadina americana da dove è partita la proposta) di lasciar morire i recidivi da overdose, ritenuti degli “psiconauti” (gente che prova ogni tipo di droga) senza speranza.

Guarda caso, è proprio la Cina, con i suoi laboratori più o meno legali, a produrre tonnellate di Fentalyn e similari che inondano il territorio americano, anche grazie agli acquisti protetti che gli spacciatori e i consumatori più esperti fanno attraverso il “dark web”. In tal senso, particolarmente istruttiva e documentata è l’inchiesta del settimanale inglese “The Economist”, pubblicata nel numero del 20 maggio 2017, dal titolo allusivo “Expanding universe”, in cui si racconta della gara tra produttori clandestini e apparati repressivi, perduta in partenza da questi ultimi. Droghe sintetiche che, in apparenza, avrebbero la stessa struttura molecolare nella realtà, invece, possono enormemente differire per il loro potere additivo e dopante. Per esempio, con un singolo grammo di Carfentanil si possono preparare decine di migliaia di dosi e la sostanza, tra l’altro, è difficilissima da fermare alla dogana a causa del suo peso irrilevante. In conclusione, volendo capire quanto ci guadagnano i trafficanti basta dire che un chilo di eroina si acquista all’ingrosso per 6mila dollari e ne vale 80mila al dettaglio, mentre la stessa quantità di Fentanyl la si paga dai 3500 ai 5mila dollari e ne rende 1,6 milioni alla vendita al minuto! L’Inghilterra soffre di un flagello simile. Resta solo da stabilire se e “quando” toccherà anche a noi!

Aggiornato il 04 agosto 2017 alle ore 22:04