Israele-Palestina, risvolti inquietanti

giovedì 27 luglio 2017


La crisi in atto in merito alla Spianata delle Moschee, al di là delle diatribe schizofreniche all’interno del mondo arabo, ci consegna uno spaccato del processo culturale che sta assumendo  sempre più una dimensione inquietante per quel che riguarda la questione israelo-palestinese dal punto di vista delle posizioni occidentali. Posizioni che sono palesemente o contro Israele a prescindere, (riferito quindi a tutta la galassia della sinistra filo palestinese), o di una mesta “soumission” da parte del resto della politica e dell’opinione pubblica che viene informata attraverso una lettura del fenomeno a dir poco complesso, con un focus privilegiato verso i palestinesi e la presa di posizione che questi hanno nel configurarsi esclusivamente come martiri vittime di Israele.

Non ci interessa qui entrare nel merito dei torti e delle ragioni, cosa che si potrebbe fare a parte e sarebbe forse utile a riportare il dibattito su fatti storici che ormai vengono mistificati in modo impressionante e funzionale a giustificare gli atti terroristici come quello avvenuto pochi giorni fa a danno di una famiglia israeliana massacrata in casa propria.

È alquanto singolare che si parli di questi episodi in modo tendenzioso lasciando implicitamente intendere che Israele essendo uno “Stato invasore” se la va a cercare e che in qualche modo il suo popolo merita questi attacchi; naturalmente come sopra evidenziato, mistificando fatti storici facilmente reperibili.

Purtroppo è ormai consuetudine questa modalità di reinterpretazione della storia, che ha lo scopo di annacquare le idee dell’opinione pubblica – poche e confuse – sulla decisione di installare i metal detector dopo che in un precedente attentato sono stati attaccati e uccisi due poliziotti. La cosa stupefacente è che nessuno si è posto il problema che delle semplici telecamere sarebbero poco (peraltro anche queste contestate da parte palestinese perché si vedrebbe “sotto i vestiti” e la cosa non è moralmente accettabile) per garantire la sicurezza di tutti coloro che accedono ad un luogo molto frequentato. Inoltre si mette in secondo piano che i metal detector siano misure in atto ormai ovunque, a cominciare dal Vaticano e tutti i luoghi sacri e non, quasi che si volesse affermare che c’è una “sacralità” inferiore e una superiore, come se la questione della sicurezza non fosse di per se sufficientemente sacra visto che si tratta di vite umane. Ma allora vogliamo aprire un dibattito sulla sacralità? Ne vedremmo certamente delle belle. 

Il processo culturale che avviene attraverso queste modalità, è funzionale a sostenere una visione politica ormai in atto da molto tempo, che va sempre più in direzione di una subalternità all’islamismo, il quale è un movimento che utilizza la dimensione religiosa per scopi politici. Qui si ha l’impressione di trovarsi difronte ad una questione pan-araba, ma anche pan-islamica, e l’atteggiamento dell’occidente non agevola di sicuro un processo di equilibrio perché evidentemente gli interessi (vedi i rapporti con l’Iran degli Ayatollah) sono un groviglio scottante. Purtroppo continuando a presentare Israele come “il problema” anziché come la soluzione, ci si dà la zappa sui piedi, ma questo non lo si vuole ammettere, nonostante anche in Europa la questione degli attentati e della sicurezza sia ormai un problema di tutti, così come la difficoltà nel prendere decisioni importanti come quella del governo israeliano rispetto alla questione sicurezza. Del resto in occidente le fette di salame sugli occhi non le hanno certo fatte saltare gli attentati subiti ovunque, anzi, sembrano essere sempre più spesse


di Loredana Biffo