Spianata delle moschee, la soluzione passa per Amman

Si è intrecciato alle tensioni diplomatiche tra Israele e la Giordania, dopo la sparatoria avvenuta domenica sera nel compound dell’ambasciata israeliana ad Amman, il complesso braccio di ferro israelo-palestinese per la Spianata delle Moschee, che nei giorni scorsi ha provocato estesi incidenti a Gerusalemme e in Cisgiordania. Per tutta la giornata di ieri i due governi con febbrili contatti hanno cercato di trovare una via d’uscita dopo che l’agente israeliano, che reagendo ad un tentativo di accoltellamento ha ucciso due cittadini giordani, è stato bloccato nel Paese.

C’è voluta una telefonata di mezz’ora in serata tra il premier Netanyahu e re Abdallah, che dei luoghi santi di Gerusalemme è il tutore, per sbloccare la situazione. In serata i diplomatici ad Amman sono rientrati in Israele, sani e salvi, con l’agente ferito. La tv Canale 10 ha anticipato i termini di un’intesa con in parallelo la rimozione dei metal detector dalla Spianata delle Moschee di Gerusalemme ed il ritorno in Israele dell’agente di sicurezza ferito.

Più sfumato quanto trapela dall’ufficio del premier: si parla di cooperazione e si è sostenuto che “non c’è stata alcuna richiesta giordana di collegare il ritorno dell’agente con la rimozione dei metal detector dalla Monte del Tempio”. Netanyahu ha anche ricevuto l’emissario di Donald Trump, Jason Greenblatt, e ha convocato - per la seconda volta in 24 ore - il consiglio di difesa del suo governo. A quanto sembra vuole lavorare ad un pacchetto di misure che da un lato tenga in considerazione lo status particolare della Giordania nella Spianata delle Moschee e che al tempo stesso consenta ad Israele di annunciare per quell’area nuove misure di sicurezza in sostituzione dei metal detector, contro cui si è scatenata la reazione palestinese.

I media locali parlano dell’installazione di telecamere capaci di identificare i volti delle persone, ma questa è un’altra misura fortemente contestata dai palestinesi secondo i quali le telecamere “spiano anche sotto gli abiti, come negli aeroporti”, a scapito del pudore dei fedeli islamici che si recano a pregare in quel luogo santo. Manifestazioni di ostilità ad Israele sono avvenute sabato di fronte a due sinagoghe in Turchia e ieri, secondo i media, l’ambasciata israeliana di Ankara e il consolato di Istanbul sono rimasti chiusi. “Siamo vicino ad un degrado molto grave della situazione - ha avvertito l’ex ministro degli esteri Tzipi Livni - Siamo ad un solo passo dalla trasformazione del conflitto fra Israele e i palestinesi in un evento pan-musulmano contro lo Stato di Israele”.

Aggiornato il 25 luglio 2017 alle ore 10:45