Status dei cittadini: l’Unione boccia Londra

Bocciatura sui diritti dei cittadini e l’obbligo di riconoscere gli impegni finanziari, ovvero pagare il “conto” all’Ue. Altrimenti salta la fiducia con Londra anche per il futuro. È la posizione, non delle più concilianti, con cui il capo negoziatore Ue Michel Barnier si accinge ad affrontare il nuovo round di negoziati sulla Brexit il prossimo lunedì. Perché, insieme alla garanzia di un confine aperto con l’Irlanda, le linee rosse per Bruxelles sono chiare: “Sono tre temi inseparabili”, ha avvertito Barnier, quindi “progressi solo su uno o due non saranno sufficienti per permettere di passare alle discussioni sulla relazione futura con la Gran Bretagna”.

Dopo il rinvio al mittente senza appello arrivato dall’Europarlamento, la proposta della premier britannica Theresa May sui diritti che avranno i cittadini Ue è stata chiaramente cassata anche dal capo negoziatore al termine della riunione con il Collegio dei commissari. Questa, infatti, ha attaccato Barnier, “non permette la reciprocità ma sottopone i cittadini Ue a restrizioni”, per esempio sui ricongiungimenti familiari, al punto che “non permetterebbe loro di continuare a vivere come oggi” in Gran Bretagna dopo la Brexit. Senza contare che deve essere la Corte di giustizia europea a fare da “garante ultima” di questi diritti, mentre Londra “vuole iscriverli nel diritto britannico, che potrebbe evolvere nel tempo e quindi non garantirli nella durata”.

L’altra vera linea rossa resta il pagamento del ‘conto’, “indispensabile”, soprattutto dopo le ultime esternazioni del ministro degli Esteri britannico, Boris Johnson, che ha parlato di “estorsione” e di “mandare a fischiare” gli europei. “Non sento nessun fischio, solo il ticchettio dell’orologio” con il tempo che passa senza arrivare a un accordo, ha ribattuto Barnier. Se Londra non riconoscerà di dover pagare, potrebbe infatti saltare il tavolo: “È una questione di fiducia”, ha avvertito Barnier, altrimenti “come si può costruire una relazione nel lungo termine se questa non c’è?”. Basta, quindi, alle parole grosse provenienti da Londra. “Non accetto che si parli di ricatto e non é una punizione né una vendetta”, ha avvertito l’ex commissario Ue, “è solo questione di saldare i conti, e come ogni separazione costa cara”. Anche perché, ha puntualizzato Barnier, “non chiediamo alla Gran Bretagna un solo pound in più di quel che si è impegnata” a mettere nel bilancio Ue e negli altri programmi europei.

Altre questioni chiave che dovranno essere affrontate, la partecipazione della Gran Bretagna a Euratom, il regolatore nucleare paneuropeo, e il destino dei prodotti sul mercato al momento della Brexit. Londra non deve farsi illusioni: per Bruxelles “ci saranno conseguenze”. Per questo per il capo negoziatore Ue, che giovedì vedrà anche il leader del Labour Jeremy Corbyn, e i premier di Galles e Scozia, “la prima miglior” opzione è che “la Gran Bretagna resti uno stato membro dell’Ue”, mentre “la seconda” è che diventi membro dello spazio economico comune, come la Norvegia. Ma a “condizioni rigorose”.

Aggiornato il 13 luglio 2017 alle ore 14:28