Iraq, Al-Abadi: “A Mosul tornino anche i cristiani”

“I membri di tutte le comunictà etniche e religiose, compresi i nostri fratelli cristiani, devono tornare alle loro case a Mosul”. È quanto affermato ieri dal primo ministro iracheno, Haidar al-Abadi, ricevendo una delegazione di cristiani nella città già “capitale” dell’Isis, dove è arrivato domenica per proclamare la “vittoria” contro lo Stato islamico. Quando l’Isis si impadronì della Piana di Ninive, intorno a Mosul, nel 2014, 120mila cristiani furono costretti a fuggire. Ma la comunità cristiana della città, che durante il regime di Saddam Hussein contava 60mila persone, era già stata praticamente azzerata ben prima dell’arrivo dello Stato islamico a causa di intimidazioni e violenze subite fin dal 2003. E molti di quelli che se ne sono andati hanno ormai lasciato l’Iraq.

“La risposta naturale all’Isis è che viviamo insieme, fianco a fianco, perché le nostre diversità sono per noi fonte di orgoglio”, ha aggiunto Abadi, il cui governo si trova ora davanti ad un compito gigantesco per ricostruire Mosul e le altre città distrutte nella guerra con l’Isis. Oltre che per cercare di mitigare gli odi interconfessionali ed interetnici che in gran parte sono stati all’origine dei successi del “Califfato” in Iraq, ma che da allora si sono ulteriormente aggravati.

“La ripresa di Mosul è un passo significativo nella lotta contro il terrorismo e l’estremismo violento”: ha dichiarato invece il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, “rendendo omaggio al popolo e al governo dell’Iraq per il suo coraggio, determinazione e perseveranza”. In una nota Guterres ha assicurato che “le Nazioni Unite rimarranno al fianco del governo iracheno nel creare le condizioni necessarie per il ritorno volontario, sicuro e dignitoso delle comunità sfollate, oltre al ripristino dello stato di diritto nelle aree liberate, impedendo il ritorno alla violenza”.

Aggiornato il 11 luglio 2017 alle ore 13:36