Un altro missile, Kim vuole innervosire Donald Trump

mercoledì 5 luglio 2017


La macchina della propaganda comunista ha iniziato a lavorare a pieno regime in Corea del Nord. Le forze armate vantano il lancio del primo missile balistico intercontinentale (Icbm) in grado di raggiungere anche il territorio degli Stati Uniti.

La notizia non è ancora stata confermata da fonti tecniche indipendenti, per cui ci possiamo basare solo su quel che dicono i media ufficiali del regime nordcoreano. Il missile si chiama Hwasong-14, è stato lanciato dal poligono di Panghyon, sulla costa occidentale, ha raggiunto una quota di 2800 chilometri e si è inabissato nel Mar del Giappone a 930 chilometri di distanza. Ovviamente, secondo la Tv nordcoreana, il dittatore Kim Jong-un avrebbe partecipato personalmente alla supervisione del progetto, sottolineando la genialità del giovane leader. Sempre secondo le fonti nordcoreane, la gittata massima del missile, una volta lanciato su una traiettoria balistica normale (a 500 chilometri di massima quota) dovrebbe arrivare ai 6700 chilometri, dunque sarebbe in grado di raggiungere l’Alaska e parte della costa occidentale del Canada. Sarà vero? Fonti militari russe avanzano dubbi. Pare infatti, secondo Mosca, che la massima quota raggiunta dal nuovo ordigno sia di 535 chilometri e il percorso sia di 510 chilometri. Dunque non si tratterebbe di un Icbm, ma di un missile a medio raggio spacciato per Icbm. Se anche fosse un Icbm, sarebbe dubbia la sua capacità di trasportare una testata nucleare. Secondo gli osservatori militari occidentali, infatti, la Corea del Nord non avrebbe ancora la capacità di miniaturizzare le sue testate atomiche, così da poterle adattare al missile. Che la minaccia sia vera o presunta sarà compito, d’ora in avanti, degli analisti statunitensi. Che devono anche suggerire al presidente Trump come calibrare la risposta.

Nel frattempo la politica si è già messa in moto. La politica delle dichiarazioni nordcoreane, prima di tutto. Nell’annunciare il successo, la Tv di regime ha spiegato un po’ il senso di tutta l’operazione: ora si considerano una potenza nucleare a tutti gli effetti e ha “posto fine alla potenza nucleare Usa e ai suoi ricatti”. Così, d’ora in avanti, sarà in grado di “difendere la penisola coreana”. Nota per i più distratti: secondo la retorica in uso dal regime di Pyongyang gli unici invasori sono gli americani e la Corea del Sud altro non sarebbe che un regime fantoccio tenuto in piedi dagli Usa. Dunque, quel “difendere la penisola coreana”, tradotto dal linguaggio della propaganda comunista, va letto come: conquistare la Corea del Sud. Senza temere una rappresaglia nucleare americana, perché ora “abbiamo il nostro deterrente”.

Ufficialmente, la Corea del Nord sta minacciando una guerra di aggressione. In realtà è ancora molto difficile che la lanci, per una mera questione di rapporti di forza e perché il missile che dovrebbe costituire il deterrente, come abbiamo visto prima, potrebbe anche essere un bluff. Ma tant’è, una volta lanciata la minaccia, le reazioni sono inevitabili. Cina e Russia prendono subito le distanze, facendo risaltare ancora una volta l’isolamento diplomatico in cui è finito il “regno eremita” di Kim.

Mosca e Pechino ribadiscono il concetto che i test di missili balistici sono vietati da più di una risoluzione Onu contro la Corea del Nord. La palla, adesso, passa a Trump. Che si è messo, da gennaio, nella non comoda situazione di aver dichiarato che la Corea del Nord non si potrà mai dotare di un Icbm. “It won’t happen” ha twittato, “non accadrà”, cioè: non glielo permetteremo. Questo lancio di missile, condito con tutta questa enfasi, da parte di Kim suona proprio come una sfida aperta a Trump: “Tu hai detto che non sarebbe accaduto? Beh: è accaduto. E adesso cosa ci fai?”.

Questo guanto di sfida, fra l’altro, viene gettato in faccia agli americani proprio il 4 luglio (giorno dell’Indipendenza) e quando è ancora forte l’indignazione per la morte dello studente dell’Ohio, Otto Warmbier, partito due anni fa per una vacanza alternativa in Corea del Nord, arrestato con una scusa qualunque e tornato a casa in coma, giusto in tempo per morire fra le braccia dei genitori. La Corea del Nord, insomma, sta punzecchiando continuamente gli Stati Uniti, col palese intento di provocare una reazione nervosa, da parte di un presidente imprevedibile. Proprio per questo è anche probabile che il seguito di questa ennesima crisi missilistica sia diverso dal solito.


di Stefano Magni