A quasi tre giorni dalle elezioni, è ormai certa la vittoria dei Edi Rama per un nuovo mandato di governo. Rama, già sindaco di Tirana e alla guida del Paese dal 2013, negli ultimi anni ha lavorato affinché il processo di integrazione fosse accompagnato da concreti progressi politici, sociali ed economici.
L’Albania di oggi è uno dei Paesi più in difficoltà all’interno della geografia europea, con un salario medio di 340 euro mensili e, come la maggior parte degli Stati europei, deve fare i conti con una forte disoccupazione giovanile. Ciò nonostante, il Paese sta proseguendo nel processo di modernizzazione della struttura amministrativa ma le emergenze come criminalità e corruzione non rendono le cose facili. Né bastano gli aiuti pubblici e della comunità internazionale ad accelerare un progresso culturale che non è uniforme in tutto il Paese. Eppure, le elezioni del 25 giugno, svolte in un clima di serenità tra i diversi partiti, dimostrano la volontà di un popolo ad uniformarsi nei principi democratici così come sanciti in maniera inequivocabile nei Trattati fondativi dell’Unione europea.
Un’ambizione che ha subito trovato risposta nella dichiarazione congiunta tra l’Alto rappresentante dell’Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, e il Commissario Ue per l’allargamento, Johanes Hahn, i quali non solo hanno sottolineato di essere pronti a “sostenere il processo di riforma e proseguire nel processo di integrazione nell’Ue” ma hanno ricordato di voler “continuare la partnership con l’Albania per promuovere la cooperazione regionale e le relazioni di buon vicinato”.
In ogni caso, la vera sfida per il Paese è solo rimandata. Il prossimo autunno potrebbero iniziare le prime manovre di negoziati ufficiali per l’ingresso nell’Unione europea. Una domanda di status come candidato inoltrata nel 2014 e ancora congelata nei palazzi di Bruxelles. Mentre in molti già si chiedono, sarà l’Albania la nuova frontiera d'Europa?
Aggiornato il 27 giugno 2017 alle ore 22:23
