La Cina “libera” il Nobel Liu Xiaobo, è malato

Ha un tumore al fegato in fase terminale il dissidente cinese premio Nobel per la pace Liu Xiaobo, 61 anni, dal 2009 in carcere perché giudicato colpevole di “sovversione” per aver ideato e diffuso ‘Charta 2008’, documento che invocava tra l’altro la fine del Partito unico in Cina. Per la gravità della malattia, secondo quanto riferito dal suo avvocato Mo Shaoping, “è stato liberato” e “trasferito in un ospedale di Shenyang”, località nel nord-est della Cina dove è situata anche la prigione che lo ha visto rinchiuso e quasi completamente isolato dal mondo negli ultimi otto anni.

Una “liberazione” comunque condizionata, visto che quello che viene considerato il più noto prigioniero politico della Cina non può ricevere visite, né può essere riportato a casa sua, a Pechino. Qui vive la moglie Liu Xia, anch’essa sotto stretto controllo da parte delle autorità cinesi tant’è che ancora non si sa se abbia ottenuto il permesso di andare a trovare il marito in ospedale. Il trasferimento di Liu Xiaobo dal carcere all’ospedale sarebbe tra l’altro avvenuto il mese scorso, dopo la diagnosi infausta emessa dai medici il 23 maggio. Intellettuale di spicco, scrittore e docente universitario, Liu era in carcere quando nell’ottobre 2010 gli fu attribuito il Premio Nobel per la Pace.

La Cina non gli permise di andare a ritirarlo e fu dunque in sua assenza, con una sedia simbolicamente vuota a rappresentarlo, che la prestigiosa ricompensa gli fu assegnata a Oslo il 10 dicembre 2010. La decisione del comitato dei Nobel provocò anche una crisi tra la Norvegia e la Cina che ruppero le relazioni diplomatiche, tornate normali solo alla fine del 2016, dopo sei anni di formale interruzione di qualunque rapporto. Secondo Pechino infatti, Liu Xiaobo era solo “un criminale” mentre l’assegnazione del Nobel ha fatto sì che gli venisse attribuito a livello internazionale il riconoscimento della sua battaglia per i diritti umani, per il diritto di opinione e per la democratizzazione della Cina, portata avanti senza cedimenti per decenni segnati da lunghi periodi di detenzione. Famosa la sua adesione al movimento democratico degli studenti di piazza Tiananmen nel 1989, la partecipazione allo sciopero della fame, il vano tentativo di mediare l’evacuazione pacifica dei giovani mentre - preludio alla sanguinosa repressione - i carri armati dell’esercito si avvicinavano nella notte tra il 3 il 4 giugno.

Per quella vicenda trascorse in carcere un anno e mezzo senza mai essere processato e condannato. Tra il ‘96 e il ‘99 poi, fu rinchiuso in un campo di rieducazione proprio per aver chiesto la scarcerazione degli attivisti arrestati nell’89. Ora l’attenzione resta puntata sulle sue condizioni. “Stabili” secondo la definizione del suo avvocato, che però ha aggiunto: in Cina un “rilascio per motivi di salute” riguarda di solito solo malati molto gravi, non curabili dai medici in carcere.

Aggiornato il 27 giugno 2017 alle ore 15:32