Londra: un tragico incendio fa slittare un compromesso storico

L’Inghilterra è sotto shock. Non per un attacco terroristico, questa volta, ma per l’incendio della Torre Grenfell (una delle case popolari, di 20 piani, dell’Est di Londra), con almeno 12 morti e 70 feriti. Tanti ancora i dispersi, tra cui gli italiani Gloria Trevisan e Marco Gottardi. Il tutto avviene in un momento molto complicato nella vita politica britannica.

Il governo di Theresa May, dopo la sua vittoria di Pirro alle elezioni, stenta a formarsi. La sua maggioranza relativa non basta, occorre la coalizione con il Dup, il partito unionista (protestante, fedele a Londra) dell’Irlanda del Nord. Una coalizione con un piccolo partito che crea grandi problemi. L’incendio della casa popolare ha fatto sì che, ieri, in segno di lutto, venisse rinviato l’accordo. I colloqui al vertice sono stati sospesi. Slittando l’accordo, sarà rimandato anche il discorso della Regina, già in ritardo di suo rispetto al tradizionale ruolino di marcia (ufficialmente perché manca la pergamena speciale su cui deve essere scritto). E senza la formazione e l’incarico del nuovo governo, subirà un ritardo anche l’inizio del negoziato sulla Brexit. Ecco come un incidente, che non è dipeso da nessuno, in questo caso, crea un effetto a catena politico. Uno slittamento in avanti della storia. Ma la storia è ineluttabile? Ci sarà veramente un governo conservatore appoggiato dagli unionisti nord-irlandesi?

Adesso il momento è “inappropriato”, secondo fonti del Dup. Ma comunque le due parti stavano portando a termine la firma dell’accordo. Lo scenario che si prospetta è quello di una maggioranza molto risicata, che dipende da soli due voti. Ai Tory ne mancano 8 per formare una maggioranza, mentre gli unionisti hanno una pattuglia di 10 deputati. Il voto di fiducia per questo governo dipenderà soprattutto da loro. Il Dup lo sa e sta dettando le sue condizioni. Le prime riguardano l’Europa. I nord-irlandesi protestanti avevano votato per la Brexit, ma sono consapevoli che la maggioranza dei loro concittadini dell’Irlanda del Nord è contraria, al 56%. Quindi devono ottenere delle precise garanzie per non far saltare per aria un equilibrio che è molto precario: una situazione di pace instabile che è stata preceduta da una lunghissima guerra civile a bassa intensità terminata meno di venti anni fa. Adesso i presupposti degli accordi del Good Friday, che posero fine al conflitto, sono venuti meno con la Brexit: entrambe le parti erano infatti membri dell’Ue, adesso non lo sono più. L’Irlanda è ancora uno Stato membro, ma l’Irlanda del Nord, regione del Regno Unito, non lo è più. La garanzia chiesta dal Dup è che rimanga un confine aperto, con libera circolazione, fra Irlanda del Nord e il resto dell’isola.

Questa condizione è sensata, ma rischia di creare un forte disequilibrio. Infatti uno dei motivi principali della Brexit era proprio l’uscita dall’area di libera circolazione delle persone. In futuro, se resterà un confine aperto fra Ue e Regno Unito in territorio irlandese, gli immigrati che vengono respinti al Passo di Calais potranno prendere la nave o l’aereo per Dublino e da lì emigrare facilmente nel Regno Unito a Belfast? La soluzione di questo dilemma non è affatto scontata. Se invece dovesse essere ripristinato un confine “duro”, con controlli su documenti e merci, fra Regno Unito e Irlanda, la maggioranza cattolica che abita nell’Irlanda del Nord rimarrebbe tagliata fuori dal resto dell’isola. Per chi ha lavoro e famiglia dall’altra parte della frontiera, sarebbe un problema. E ci si ritroverebbe con le condizioni perfette per una ripresa delle ostilità.

Un’incognita per gli accordi fra Dup e Tory risiede anche nei programmi opposti sui diritti civili. I Tory, con la guida di David Cameron, hanno intrapreso una lunga marcia per distanziarsi dal conservatorismo sociale, a partire dall’accettazione dei matrimoni omosessuali. Il Dup è, invece, un partito conservatore rimasto ai tempi pre-Cameron: contro l’aborto, contro le nozze gay e dichiaratamente contro le politiche ambientaliste sul cambiamento climatico. E fra i suoi esponenti, non pochi sono dei creazionisti contrari al darwinismo e favorevoli all’introduzione del creazionismo biblico nei programmi scolastici. Fra i conservatori “geneticamente modificati” dal decennio Cameron e quelli duri e puri dell’Irlanda del Nord il dialogo è diventato difficile. Fra i primi, la leader dei Tory scozzesi, Ruth Davidson, dichiaratamente lesbica e in procinto di sposarsi, si dice pronta a una scissione, in caso di accordo strategico con il Dup. Non sarebbe affatto il momento giusto, considerando che la May deve moltissimo alla vittoria in alcuni collegi chiave proprio in Scozia.

Le due famiglie conservatrici potrebbero convergere più facilmente su un programma di destra sociale in economia. Tasse basse e spese alte, detto in soldoni. Che poi possa funzionare, è tutto un altro paio di maniche.

Aggiornato il 15 giugno 2017 alle ore 11:26