Dalla Brexit alle elezioni i Tory fanno e disfano tutto

Elezioni nel Regno Unito, stavolta si fanno anticipatamente, un anno dopo la Brexit. Sono state indette in tempi record e con una tabella di marcia serratissima per la campagna elettorale, che è durata appena un mese. Stavolta hanno fatto e disfatto tutto i Tory, i conservatori britannici. Quando David Cameron aveva vinto con un ampio margine di vantaggio (e senza doversi alleare con i Liberaldemocratici) nel 2015, aveva mantenuto la promessa di indire il referendum sull’uscita del Regno Unito dall’Ue. Contrariamente alle previsioni, ha perso la sfida. Dalle urne è emersa la Brexit, l’uscita britannica dall’Unione. Cameron ha dato le dimissioni e a iniziare la complessa trattativa per l’uscita è Theresa May, vincitrice dalle elezioni interne conservatrici pur essendo nella corrente dei Remainers, dalla parte di Cameron e contraria la Brexit. Dopo aver esposto le linee guida per la secessione britannica dall’Unione e aver vinto in Parlamento sull’avvio del negoziato con Bruxelles, la May ha annunciato elezioni anticipate in modo da garantirsi una maggioranza più solida per meglio negoziare con l’Europa.

Mentre questo articolo va in stampa, le urne nel Regno Unito sono ancora aperte. Le previsioni, anche quelle più pessimistiche per i Conservatori, prevedono una vittoria di Theresa May. È molto probabile che oggi ci sveglieremo con la leader conservatrice riconfermata al suo posto di premier britannica. Cosa ci possiamo attendere dal suo secondo governo? Una linea dura su Europa e immigrazione, una lotta più decisa contro il terrorismo, meno austerity, ma un livello di tassazione ancora basso. Sull’Europa prevarrebbero le linee guida dettate dalla May lo scorso gennaio e l’atteggiamento “meglio nessun accordo che un cattivo accordo”. “La mia risposta è chiara. Voglio che questo Regno Unito emerga dal periodo di cambiamenti che sta attraversando, ancora più forte, più unito e lungimirante che mai. Voglio che sia un paese sicuro, prospero, tollerante, un magnete per i talenti internazionali e un rifugio sicuro per pionieri e innovatori che plasmeranno il mondo di domani”. È una visione di società aperta, una “Global Britain”, ben lontana dai cliché nazionalisti e xenofobi che le vengono appiccicati spesso e volentieri dalla stampa europea. All’atto pratico, il piano della Brexit si articola in 12 punti, fra cui il “controllo sulle nostre leggi”, il “mantenimento della libera circolazione con l’Irlanda”, ma, al contempo, “il controllo sul numero degli immigrati che vengono in Gran Bretagna dall’Europa”, pur mantenendo un “libero mercato con l’Europa tramite un accordo di libero scambio”.

Con una dichiarazione-shock, non priva di controversie, Theresa May si dice “pronta a stracciare le leggi sui diritti umani”. Questo non vuol dire che il Regno Unito ritorni alle decapitazioni di massa dei tempi di Enrico VIII, ma semplicemente: “Voglio rendere più facile per le autorità l’espulsione di presunti terroristi verso i loro Paesi di provenienza. E voglio fare di più per limitare la libertà di movimento delle persone sospettate di terrorismo quando abbiamo indicazioni sufficienti per dire che costituiscono una minaccia, ma non abbastanza per portarli in tribunale”, come nel caso dei tre terroristi del London Bridge, che erano già ampiamente segnalati alle autorità, ma non condannabili da un tribunale ordinario. La Brexit avrà un impatto anche sul terrorismo, sia negativo che positivo. Senza Ue, Londra avrà più libertà di emettere leggi speciali per la lotta agli jihadisti. Senza essere nell’Ue, però, l’intelligence e la polizia avranno meno facilità a condividere dati e informazioni con i colleghi d’oltre-Manica.

La campagna elettorale si è però giocata su altri temi, molto più terra-terra, vicini alle esigenze dell’elettore anziano (il principale elettore dei Conservatori) che la May ha fatto di tutto per spaventare. I tagli all’assistenza sociale restano nel (pur ammorbidito) programma sul welfare. Le famiglie con anziani malati e non autosufficienti a carico, dovranno pagare le spese sanitarie. Questo se hanno un patrimonio superiore alle 100mila sterline (immobili inclusi). Lo Stato ipoteca gli immobili: le spese potranno essere dilazionate e poi riscosse sul patrimonio. Questa riforma cambia solo leggermente la condizione attuale. Col regime in vigore, gli anziani non autosufficienti sono a spese delle famiglie con un reddito superiore a 23.250 sterline (immobili esclusi, però). La dilazione del pagamento dovrebbe agevolare le famiglie che, in molti casi, sono costrette a vendere la propria abitazione per poter mantenere il nonno o il genitore anziano in una struttura adeguata. Ma la riforma è stata presentata talmente male che suona come: lo Stato ti fa pagare la malattia dei tuoi cari e ti sequestra la casa. Il Partito Laburista l’ha presentata come “dementia tax”, tassa sulla demenza. Inoltre è previsto un taglio sul riscaldamento gratuito per i pensionati nei mesi invernali. A questo regime ne subentrerà un altro, basato sulle fasce di reddito e molti pensionati dovranno pagare.

Sarebbe errato, però, definire il programma della May come un esempio di “austerity”. Delle riforme liberali di Cameron resta ben poco. A parte la promessa di non alzare l’imposta indiretta (l’equivalente dell’Iva) e di abbassare le tasse dirette nel prossimo futuro, per il resto sembra un programma di un partito socialista all’opposizione del governo Cameron: creazione di un fondo pubblico per la produttività, calmiere sul prezzo dell’energia, aumento della spesa sanitaria di almeno 8 miliardi di sterline, un nuovo programma di edilizia popolare (si prevede la costruzione di mezzo milione di nuove case), perequazione delle pensioni, aumento della spesa nell’istruzione pubblica di almeno 4 miliardi di sterline, aumento della spesa per la cooperazione e sviluppo fino allo 0,7 per cento del reddito nazionale lordo. Oggi va di moda così e in confronto al programma di Corbyn, che ha riportato il Partito Laburista ai “fasti” dell’operaismo anni Settanta, quello della May appare già come un programma moderato.

Aggiornato il 08 giugno 2017 alle ore 23:31