Uk, la strage di Londra irrompe nella campagna elettorale

La strage terroristica di Londra irrompe nel voto britannico a soli tre giorni dalle urne dell'8 giugno. E fra Theresa May e Jeremy Corbyn sono fuoco e fiamme. La premier conservatrice agita il pugno di ferro contro l'estremismo islamico dicendo basta al "politcamente corretto", garantisce ai poliziotti licenza di "uccidere i terroristi", e dipinge l'immagine di un "mondo libero" sotto tiro. Il leader dell'opposizione laburista contrattacca: "Dovrebbe dimettersi - dice - è stata capo del governo per un anno e ministro dell'Interno per sei, in una stagione di tagli che ha ridotto gli organici della polizia di quasi "20.000 unità", non può credere di "proteggere la popolazione a buon mercato".

Ad alimentare la polemica sono gli sviluppi di un'indagine che individua nei killer di London Bridge e Borough Market figure già denunciate da vicini e conoscenti, da mesi se non da anni. Eppure rimasti indisturbati nei meandri d'una estrema periferia londinese che talora sembra fare legge a sé, liberi di organizzarsi per colpire a tradimento un sabato sera e lasciarsi dietro una scia di 7 morti e una cinquantina di feriti. Ma soprattutto pesa il clima da campagna elettorale sull'onda di sondaggi che indicano molto meno scontata di qualche settimana fa la vittoria annunciata dei Conservatori: in vantaggio di 7 punti nella media delle ultime rilevazioni demoscopiche sui Laburisti, ma con un margine che pare assottigliarsi. Secondo un trend che, stando all'istituto YouGov, potrebbe costare al dunque al partito della May la maggioranza assoluta ai Comuni, con una previsione di 303 seggi contro i 268 del Labour e lo spettro di un "Hung Parliament" costretto a inventarsi problematiche coalizioni.

Su questo sfondo era stata proprio l'inquilina attuale di Downing Street a cogliere per prima l'occasione dell'emergenza terrorismo - con il terzo eccidio in tre mesi, dopo quello di Westminster a marzo e l'attentato suicida di Manchester il 22 maggio - per il suo appello alla nazione, ad un tempo istituzionale ed elettorale. Il suo "enough is enough" (il troppo è troppo) indirizzato come un guanto di sfida alle sacche islamico radicali del Regno ha conquistato ieri le prime pagine dei giornali, accompagnato dalla promessa di leggi speciali, di un giro di vite contro la propaganda jihadista su internet, di una "guerra" culturale al "nemico" in nome dei "nostri valori".

Argomenti rilanciati alla ripresa dei comizi, dopo la sospensione (parziale), con un attacco più diretto al rivale Corbyn. Dipinto nei panni di leader debole anche sul terreno della difesa "dell'interesse nazionale" nel negoziato per la Brexit con "i burocrati di Bruxelles". E bollato come vecchio "amico dell'Ira" per i trascorsi pacifisti e le aperture ai repubblicani nordirlandesi dello Sinn Fein ancora negli anni degli attentati.

Aggiornato il 06 giugno 2017 alle ore 15:05