Venezuela: 51 vittime. Condanna di Trump

Non si fermano le proteste e la repressione in Venezuela. Mentre a Caracas si è mantenuto il solito copione dei cortei di opposizione bloccati dalle forze dell'ordine del regime chavista, a Maracaibo (seconda città del paese) un paramedico è stato ucciso durante una manifestazione e la situazione a Tachira (ovest del paese) continua ad essere estremamente tesa, malgrado l'invio di rinforzi militare nella regione. Con quest'ultima vittima salgono a 51 i morti dall'inizio delle proteste.

Gli Stati Uniti, intanto, hanno imposto sanzioni su otto giudici della Corte Suprema venezuelana, responsabili della decisione che ha innescato le violente proteste in corso nel Paese. Ed il presidente Donald Trump, incontrando il presidente della Colombia Juan Manuel Santos, ha apertamente condannato le violenze definendo la situazione in Venezuela "una disgrazia". Quindi, ha assicurato, che gli Stati Uniti "faranno il possibile" per aiutare il paese latinoamericano.

Nella capitale Caracas, l'opposizione aveva organizzato una manifestazione contro la repressione, con cortei che, partendo da quattro punti della metropoli, dovevano convergere verso la sede del ministero degli Interni. Come sempre, però, la Guardia Nazionale ha impedito che i manifestanti raggiungessero la parte occidentale di Caracas, feudo del chavismo, bloccando i cortei con cannoni idranti, lacrimogeni e cariche di alleggerimento. Almeno una cinquantina di persone sono rimaste ferite negli scontri con le forze dell'ordine, secondo le informazioni raccolte dai media locali negli ospedali locali.

A Maracaibo, capitale dello stato di Zulia, la repressione è stata più violenta, con la presenza dei "colectivos", i gruppi irregolari chavisti che hanno attaccato i manifestanti. È così che Paul Moreno (24 anni), studente di medicina e volontario della Croce Verde nell'Università di Zulia, è morto travolto da un pickup senza targa e scortato da uomini armati che circolavano in moto.

A Tachira, nel frattempo, proseguono gli scontri nella capitale, San Cristobal, mentre ad Urena le autorità hanno chiuso il ponte che porta alla città colombiana di Cucuta e sospeso il servizio di autobus, mentre sui social network si moltiplicano le immagini di agenti della Guardia Nazionale usando armi da fuoco contro i manifestanti, malgrado il regime chavista abbia esplicitamente negato che le truppe inviate nello stato siano armate.

Aggiornato il 19 maggio 2017 alle ore 14:27