I 59 missili Usa che hanno colpito la Siria sono un serio segnale che la “Terza guerra mondiale”, già auspicata da Papa Francesco, sta sempre più prendendo corpo!

A conferma della non chiara politica internazionale di Barack Obama, il dopo elezione di Donald Trump, per contro, mostra chiaramente un evidente bisogno alla politica del “Caos generalizzato” (leggi “Europa Latitante” ed. gennaio 2016) in Mediterraneo e Medio Oriente e la puntuale quanto perfetta disinformazione messa in atto dagli Usa ne danno conferma!

Gli accadimenti delle ultime settimane sono forse delle straordinarie coincidenze? Gli Usa, contrariamente al diktat isolazionista di Trump, decidono per un maggiore e immediato impegno militare in Siria, Iraq e Yemen. In contemporanea, i ribelli anti-Assad (la cui origine e attuale sostegno, lo ricordo, è Al-Qaeda saudita!) ritrovano forza e passano alla controffensiva nelle zone siriane sotto controllo. Le forze lealiste di Assad bombardano un deposito munizioni, nel quale l’opposizione siriana aveva introdotto agenti chimici provenienti dall’Iraq (quelli che esplodendo hanno causato la morte dei tanti siriani con i loro piccoli!). Israele ha ricominciato la corsa all’occupazione dei territori in Palestina e, soprattutto, ha ricominciato a bombardare alcune postazioni Hezbollah in Libano, quasi a voler provocare apertamente l’Iran. La Russia è interessata prima da movimenti di contestazione dell’opposizione a Putin e quindi all’efferato attentato nella metropolitana di San Pietroburgo, il cui commento dell’Occidente (da Trump alla inesistente Mogherini!) si può condensare in: “I russi hanno ottenuto ciò che hanno voluto!”. L’Arabia Saudita e la Turchia, dopo l’attacco missilistico Usa in Siria si congratulano con Trump, dimostrando piena soddisfazione per il ritorno al sostegno degli Stati Uniti al mondo sunnita e al suo indirizzo strategico contro l’Iran.

Per quest’ultimo evento, non è certo da dimenticare che con ogni probabilità la guerra in Siria (volgarmente banalizzandola al conflitto di religione sciiti versus sunniti!) ha tra le sue ragioni d’essere anche il controllo dell’oleodotto iraniano che sfocia nel Mediterraneo. Il che richiama alla mente il controllo dello stretto di Hormuz, da cui passa un quinto del petrolio venduto nel mondo e già oggetto di contenzioso Iran-Emirati/Arabia Saudita e di rimando Usa, così come oggi la Siria di Assad e la sua disponibilità nei confronti dell’Iran per lo sbocco dell’oleodotto iraniano e di un ramo del gasdotto russo-iraniano!

E che dire della Libia, dove la controinformazione Usa (che è stata sposata in pieno dalla inesistente Europa) continua a dire che non esiste un problema di radicalizzazione religiosa delle tribù tribali dell’ovest?

Alla fine del 2011, poco dopo l’uccisione dell’ambasciatore statunitense a Bengasi, conseguenza della volontà della Clinton di trasferire in Siria gli armamenti trovati nei depositi di munizioni delle forze lealiste di Gheddafi, nel vecchio Golfo Persico, oggi Golfo Arabico, vi è stata una vera e propria escalation di parole e atti dimostrativi che ha alzato la tensione tra le forze statunitensi e quelle della Repubblica islamica. Così come allora, anche oggi lo stretto di Hormuz, attraverso la ipotizzata nuova potenza nucleare iraniana, incarna contemporaneamente l’incubo dell’Occidente (che vede a rischio le proprie forniture di idrocarburi) e delle monarchie arabe (che da quelle esportazioni traggono linfa vitale), così come la velleità più marcata della stessa dottrina militare iraniana, in particolare nei confronti dell’Arabia Saudita e del suo protettore americano. Sullo sfondo permane quindi la pericolosità di uno scontro con un attore che non è mai apparso in prima persona, ma ha sempre sponsorizzato l’intervento di altre oscure organizzazioni che hanno fatto della guerra non convenzionale una vera e propria dottrina militare. Sì, a mio giudizio, gli Usa ci stanno portando verso un conflitto mondiale, di cui il Vietnam del nord (e i colloqui che ne sono seguiti tra Xi Jinping e Trump) non è altro che l’ultimo tassello.

Dal momento in cui Putin non manifesterà più il suo dissenso con la sola via diplomatica, credo proprio che il Mediterraneo diventerà nuovamente il centro di un conflitto i cui confini potrebbero estendersi anche alla nostra Europa. C’è da aspettarsi, però, che l’attore principale, soprattutto in Europa, sarà l’invisibile, subdola ma persistente, quanto massiva, minaccia jihadista del terrorismo islamico. Già, non è da dimenticare neanche questo altro piccolo particolare. Il peggior nemico del mondo islamico sunnita è lo stesso sunnismo. Oltre all’odio atavico tra sciiti e sunniti, nato subito dopo la morte di Maometto nel 632 d.C. (decimo anno dell’Egira), da Al-Qaeda in poi, il ramo più radicale dell’Arabia Saudita Wahabita (con il concorso e il supporto della Cia) ha sempre generato e finanziato movimenti rivoluzionari jihadisti che inneggiavano al salafismo più puro. Cioè il ritorno a quel tipo di società musulmana che solo Maometto e il Corano erano riusciti ad attuare.

Così come Al-Qaeda, immancabilmente anche tutte le altre organizzazioni “deviate” (l’Isis, al-Nusra, AQ Maghreb, Al-Shabaab, Boko Haram ecc.) sono state disconosciute dall’Arabia Saudita e sono divenute fonte principale di dissidio interno al mondo sunnita. Ora come allora, agli albori dell’Islam, l’insieme del mondo salafita di oggigiorno nutre odio e rancore per l’Occidente “cristiano”, ebraico e il “diavolo” modernista della cultura capitalista! Per tutti loro vige l’arroganza del concetto di “sopravvivenza”: mors tua vita mea, che rappresenta molto bene “la legge della giungla” che nell’immaginario jihadista dovrà prevalere ad ogni livello in questo mondo senza “fede” e ormai pienamente decaduto.

Aggiornato il 02 maggio 2017 alle ore 14:33