Cambi a Washington, conseguenze a Teheran

Alla fine sono arrivati, con ritardo di due giorni sul 21 marzo, anche gli auguri di Donald Trump in occasione del Nowruz, il Capodanno persiano. È tradizione tra molti capi di Stato fare gli auguri per il Nowruz, ma la novità del messaggio di quest’anno del neo presidente statunitense è che si limita ai soli buoni auspici per gli iraniani e soprattutto senza ammiccamenti verso il regime dittatoriale che reprime violentemente la popolazione.

Si dice che tra i membri dell’Amministrazione vi sia stata una discussione se inviare o no il messaggio, che poi alla fine è arrivato e per la prima volta non corteggia la teocrazia di Teheran. Forse è finito il bengodi offerto dal compiacente Barack Hossein Obama alla teocrazia di Teheran? Saranno impedite o perlomeno limitate le scorribande del regime iraniano in Iraq, Siria, Yemen e altri Paesi della Regione? Nei rapporti con l’Iran, Washington darà ancora carta bianca al Dipartimento di Stato in connivenza con le ricchissime lobby pro regime oppure nella politica coll’Iran conteranno anche i pareri dei Dipartimenti della Difesa, del Tesoro e della Giustizia?

L’accondiscendenza dell’Amministrazione di Obama paradossalmente ha danneggiato molto il regime dei mullà che ha dovuto affrontare le spese di quattro crisi in Iraq, Siria, Yemen e Libano e non solo e farsi odiare dalla popolazione di questi Paesi, oltre a gettare l’economia del Paese nel baratro. Durante il mandato di Obama, aver lasciato le mani libere in Medio Oriente al regime iraniano lo ha messo in un cul de sac dove sono stati evidenziati tutti i limiti e l’aggressività di un regime retrogrado che sta guazzando ora in una serie concatenate di crisi interne ed esterne. Tutto questo sfugge quasi del tutto ai mass media europei legati a sistemi di potere, entrati da tempo in una crisi economica e soprattutto morale e che cercano di vedere nella teocrazia al potere a Teheran una realtà inesistente. Un eminente professore italiano, consigliere di molti ministri, candidamente dichiarava che negli affari non c’è spazio per la moralità. Aggiungeva, perché gli imprenditori italiani non dovessero fare affari coll’Iran. Vero professore, perché no?

In seguito al cambio dell’inquilino della Casa Bianca pare sia in atto un mutamento di approccio nei confronti della problematica del Medio Oriente. Il presidente statunitense ha ricevuto a metà febbraio il premier israeliano Benjamin Netanyahu, mostrando la volontà di riesaminare “la causa iraniana”. Il 14 marzo Trump ha avuto un incontro con Mohammed bin Salman, il potentissimo giovane ministero della Difesa dell’Arabia Saudita e secondo erede nella fila di successione al trono. Il 21 marzo c’è stato l’incontro alla Casa Bianca con Haydar al-Abadi, primo ministro dell’Iraq, vicino al regime di Teheran ma mai quanto il predecessore Nuori al-Maliki. Trump rivolgendosi a al-Abadi ha detto di non capire per quale motivo Obama avesse firmato quell’accordo con l’Iran, riferendosi all’accordo nucleare firmato nel luglio 2015. L’Iraq di al-Abadi ritiene l’America più vantaggiosa del perfido regime dei mullà.

Sebbene la nuova Amministrazione proceda per ora con “lo studio e il silenzio” una cosa è certa, l’eccezionale occasione Obama-Kerry non si ripeterà mai più per il duo Khamenei-Rouhani. Benché tutti i lobbysti del regime iraniano avessero la “Green Card” per accedere alla Casa Bianca, pare ora avranno qualche problema in più per incontrare il nuovo inquilino. Il fatto, perfino banale, che la Repubblica islamica sia il problema principale in Medio Oriente sta diventando un pensiero comune e condiviso. Soprattutto sta avanzando l’idea che la teocrazia di Teheran non fa parte della soluzione della crisi regionale. Con la morte di Rafsanjani, punto di riferimento dell’Occidente, paradossalmente Khamenei, il vero detentore del potere, è più solo e perde l’equilibrio e la possibilità di effettuare il gioco delle tre carte. L’osceno balletto “oltranzisti” contro “moderati” ha ricevuto un duro colpo.

Le elezioni presidenziali alle porte, 19 maggio 2017, marcheranno ancor di più il fiato corto a un regime che ha seminato vento e ora deve raccogliere tempesta. In ogni caso non c’è dubbio che il regime despota al potere in Iran dovrà essere abbattuto dagli iraniani. Questo perché la Repubblica islamica, mentre qualcuno la ritiene fonte per uno sfruttamento parassitario, non è mai stata così debole e priva di sbocchi. Proprio per questo toglie il fiato e il diritto alla vita alla popolazione iraniana, che è alla ricerca dell’ occasione per strappare la rete di repressione del regime e abbatterlo.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:01