La ritirata dalla modernità

Gli ultimi attentati, quello di Londra e il meno citato di Anversa, nella loro similitudine ad altri recentemente avvenuti - e la loro definizione da parte delle varie polizie e dei media come di “lupi solitari” o squilibrati - hanno in realtà una connotazione specifica nell’area dell’ideologia islamista radicale che vede nella modernità e nelle democrazie occidentali il nemico da combattere.

L’indebolimento di quelli che una volta erano gli Stati-nazione decomposti nelle loro caratteristiche strutturali segnalano ai fondamentalismi una “fine della storia” e una fine del programma moderno in una ritirata dalla modernità nei movimenti fondamentalisti. L’incomprensibile simpatia che la sinistra sembra provare nei confronti dell’Islam quale soggetto comunitario - visione distorta e legata indubbiamente al concetto della ummah - vista come buona e preferibile rispetto al capitalismo e dei movimenti fondamentalisti che si autodefiniscono come diametralmente opposti al programma moderno.

La semplificazione di questi estremismi è fuorviante se si vuole tentare di comprendere il fenomeno al fine di arginarlo, ancorché evidente è la sottovalutazione della gravità della situazione. La maggior parte dei movimenti fondamentalisti estremi racchiudono in sé elementi di un “moderno giacobinismo” proprio nella loro combinazione con ideologie fortemente anti-occidentali e anti-illuministiche. Questo li fa assomigliare sempre più ai movimenti comunisti del primo periodo; di questi prendono le sembianze proprio nella visione totalitaria che pretende di trasformare l’uomo e la società attraverso una sorta di “purificazione”, attraverso la ricostruzione dell’identità collettiva e individuale e conseguentemente dell’azione politica, per arrivare a costruire – anche attraverso l’uso del terrore – la società che essi immaginano.

Tanto i movimenti comunisti che quelli fondamentalisti sono interessati a diventare transnazionali attraverso l’attivazione di complesse reti continuamente ridefinite per facilitarne l’espansione delle idee da essi proclamate. Ecco perché se si guarda a questi fondamentalisti come a dei semplici lupi solitari o squilibrati mentali si commette un errore gravemente fuorviante nell’osservazione di un fenomeno che non può essere analizzato con lenti monofocali, che tralascerebbero gran parte di ciò che sta dentro tali ideologie. Ed è altrettanto fuorviante, oltre che pericoloso, permettere che si costruiscano moschee, scuole islamiche, aree dedicate all’applicazione della sharia nelle pubbliche istituzioni; perché tutti questi luoghi costituiscono parte integrante della “moderna agenda politica” del fondamentalismo, che la nostra miopia democratica non coglie nella sua peculiarità. Ovvero la volontà di plasmare e modificare la modernità attraverso l’identificazione totale tra religione e politica.

È in questo contesto sociale che nasce la radicalizzazione delle seconde generazioni, quelle dei musulmani cosiddetti “integrati” che nelle pieghe delle disuguaglianze sociali certamente trovano un humus favorevole. Ma non è l’unico elemento a cui attribuire la responsabilità, così come è fuorviante la giaculatoria dell’Occidente cattivo che “se l’è cercata”. Del resto, se così fosse, non si spiegherebbe perché altri gruppi etnici e religiosi non siano fondamentalisti e terroristi. I problemi che questi affrontano attraverso la ricostruzione dell’identità collettiva secondo la loro visione in rapporto al nuovo contesto globale costituiscono una sfida di proporzioni senza precedenti, avendo essi riportato il problema della odiata modernità in contesti storici nuovi e con nuove pervasive modalità.

L’errore di una definizione di basso profilo e politicamente corretta non contempla il fatto che essi puntano a raggiungere con la loro ideologia antimoderna tutto il mondo e a diffondersi tramite differenziati mezzi di comunicazione, che sono politicizzati e formulano le loro contestazioni in termini di alto livello politico e ideologico. Il confronto che essi hanno con l’Occidente non assume una connotazione di divenire parte di una nuova civiltà, ma di appropriarsi della modernità e della scena internazionale, celebrando le loro tradizioni e la loro civiltà alla quale la modernità - che considerano malvagia - dovrebbe piegarsi.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:28